CATANZARO «All’esito di approfonditi accertamenti sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale». Con questa motivazione il presidente della Repubblica ha decretato lo scioglimento del Consiglio comunale di Guardavalle, in provincia di Catanzaro: tra le “spie” dell’infiltrazione ‘ndranghetista viene segnalata anche la vicenda, raccontata da “Striscia la notizia”, della statua del santo patrono, Sant’Agazio, donata al Comune di Guardavalle da una famiglia omonima della cosca Gallace, ritenuta l’organizzazione criminale dominate sul territorio (la statua è stata successivamente rimossa). Il decreto di scioglimento del Comune di Guardavalle, che per 18 mesi sarà commissariato, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Alla base della decisione la relazione del ministro dell’interno Lamorgese, che a sua volta riporta le risultanze della relazione della Prefettura di Catanzaro dopo l’accesso antimafia al Comune di Guardavalle.
«Le numerose indagini giudiziarie e le conseguenti operazioni di polizia susseguitesi dagli anni ’70 – si legge nella relazione del Viminale – hanno acclarato l’attiva presenza nel versante ionico tra le Province di Catanzaro e Reggio Calabria della cosca di ‘ndrangheta denominata “Gallace”, le cui attività criminali hanno da tempo travalicato gli ambiti locali, interessando altre regioni italiane. Nella relazione prefettizia viene evidenziata la notizia – emersa a seguito di un servizio giornalistico e divulgata dai media nazionali – del ritrovamento in uno spazio antistante la sede municipale di Guardavalle di una statua raffigurante il santo patrono donata dalla locale cosca mafiosa che ha collegamenti anche in altre regioni, nonché all’estero. In tale circostanza, il sindaco ha manifestato timori anche per la propria incolumità e ingiustificate difficoltà rispetto alla prospettiva di una immediata rimozione dell’opera dal suolo pubblico. Tale vicenda viene sottolineata dal prefetto di Catanzaro come particolarmente significativa dello stato di soggezione di quell’amministrazione comunale e sintomatica del controllo del territorio esercitato a Guardavalle dal locale crimine organizzato».
La relazione del ministro dell’Interno sul Comune di Guardavalle spiega poi che «l’attività ispettiva ha fatto emergere il condizionamento della componente politica e di quella burocratica dell’amministrazione comunale, relativamente alla gestione delle gare di appalto di lavori o di acquisti di beni e servizi nelle quali vengono segnalati numerosi affidamenti diretti a società di fatto gestite da un soggetto controindicato, contiguo alle locali cosche criminali, alcuni risalenti anche al primo mandato dell’attuale sindaco. Vengono segnalati artificiosi frazionamenti delle pubbliche commesse affidate fuori delle ordinarie procedure ad evidenza pubblica, spesso facendo ricorso, immotivatamente e in assenza dei prescritti presupposti alla “somma urgenza” anche per lavori già regolarmente contemplati nei programmi comunali. La commissione ha evidenziato – è scritto ancora nel documento – l’assoluta assenza di controlli preventivi da parte dell’amministrazione comunale nei confronti delle società di fatto gestite dal predetto imprenditore, le quali peraltro risultavano iscritte nell’elenco delle ditte di fiducia cui affidare direttamente lavori di importo inferiori ai 40.000 euro, pur non possedendo nemmeno i requisiti di regolarità tributaria richiesti dagli stessi regolamenti comunali… Tre delle società di fatto gestite dal predetto soggetto controindicato sono state colpite da provvedimenti interdittivi ai sensi della normativa antimafia emessi dalla prefettura di Catanzaro».
La relazione del ministro dell’Interno poi osserva che «rilevanti carenze nelle attività istruttorie sono state segnalate dalla commissione di accesso nella gestione delle risorse forestali di proprietà del Comune di Guardavalle, settore economico nel quale recenti indagini giudiziarie hanno dimostrato il forte interesse della criminalità organizzata… È stata evidenziata la totale assenza di controllo dell’uso delle concessioni, peraltro attribuite al di fuori delle procedure di evidenza pubblica e senza le preventive verifiche, inoltre, l’inerzia dell’amministrazione comunale ha favorito il consolidamento di “zone franche” senza controllo, in cui trovano facile ed indisturbata manovra “taglialegna abusivi”, su cui la criminalità organizzata esercita una provata influenza. È al riguardo emblematico che nel corso dell’audizione disposta dalla commissione d’indagine il primo cittadino abbia giustificato l’assenza di controllo e di gare a evidenza pubblica nel settore forestale con l’opportunità di non modificare gli attuali “equilibri” raggiunti tra le imprese boschive affidatarie e scongiurare in tal modo recrudescenze di scontri o di vere e proprie manifestazioni violente dei titolari di queste ultime come già accaduto in passato».
Non mancano poi le infiltrazioni nel settore del turismo: nella relazione del Viminale si rimarca che «il prefetto di Catanzaro ha evidenziato, altresì, l’interesse economico della ‘ndrangheta sulle concessioni demaniali, sia come mezzo di sfruttamento della risorsa turistica che come forma di controllo del territorio. Evidenzia che il comune ha rinunciato all’espletamento diretto dei propri compiti, per rimetterli al privato concessionario. Riguardo poi alla gestione dei tributi locali, la relazione prefettizia ha posto in evidenza l’ampia fascia di evasione che interessa il 70-80% dei contribuenti Imu e Sii (servizio idrico integrato), rilevando la totale assenza da parte dell’amministrazione di iniziative volte a recuperare i mancati introiti. L’inerzia dell’amministrazione comunale è stata segnalata anche per quanto attiene l’abusivismo edilizio, le cui azioni di contrasto si sono limitate esclusivamente al piano formale con l’adozione di provvedimenti di sospensione dei lavori o di demolizione dei manufatti abusivi senza che agli stessi sia seguita una concreta azione esecutiva».
In conclusione – scrive il ministro dell’Interno – «La mala gestio della cosa pubblica, lo stato di assoluta precarietà amministrativa e il debole controllo della legalità dell’azione amministrativa, come dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto di Catanzaro, rilevano una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Guardavalle volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità». (c. a.)
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