LAMEZIA TERME «All’inizio pensavamo che gli pneumatici fossero bucati, poi abbiamo capito che in realtà erano state tagliate». A parlare è don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, ospite di “20.20”, il talk condotto da Danilo Monteleone e Ugo Floro e in onda ogni mercoledì su L’altro Corriere Tv. Nei nostri studi don Panizza è tornato a parlare degli atti intimidatori subiti nei giorni scorsi dai lavoratori del centro “Pensieri e Parole” di via dei Bizantini, a Lamezia Terme. Gomme squarciate in pieno giorno, sinonimo di atti intimidatori in piena regola e che vanno avanti a fasi alterne da poco più di vent’anni, da quando cioè la Progetto Sud ha acquisito il bene confiscato alla famiglia Torcasio, una delle espressioni più potenti delle cosche di ‘ndrangheta di Lamezia.
Proprio ieri pomeriggio, intanto, la Progetto Sud ha subito un altro atto intimidatorio: ancora una volta, e ancora in pieno giorno, sono stati squarciati altri pneumatici della auto in sosta davanti alla sede di via dei Bizantini. Un atto che lascia ancora più attoniti perché compiuto nella consapevolezza che in atto ci sono delle attività investigative. «Sono intimidazioni sfacciate – ha detto – perché eseguite contro le auto di chi lavora nel centro, la casa confiscata ai Torcasio, dove lavorano 18 persone per assistere chi ha bisogno. Non si fa così, questo è picchiare sull’anello debole anziché sulla catena. È mafiosità, non è cronaca nera».
«Questa struttura – spiega ancora don Giacomo Panizza nel corso della trasmissione – dall’essere morta civilmente, è diventata un fior fiore di attività lavorativa, di incontri culturali. Il vescovo precedente è venuto lì il giovedì Santo per lavare i piedi ai nostri assistiti in carrozzina. Tanta gente arriva a visitare il centro, da ogni parte d’Europa». La subcultura lametina, di fatto, pare non aver ancora accettato l’assegnazione del bene. Ed è importante spiegare alla comunità e ai giovani ciò che rappresenta la “Progetto Sud” di don Giacomo. «È comunità perché dimostra che insieme si può fare tutto, suddividendo i compiti. E poi la Progetto Sud è anche lavoro, volontariato, solidarietà e famiglia perché ospita tanti ragazzi extracomunitari che poi vengono accolti da altre famiglie, diventando loro tutori. Con il Covid tutto è più difficile ma ci sono ancora tante famiglie che li accolgono e li seguono». Ci sono poi alcuni fatti concreti: «Il primo, forse più simpatico, è che una famiglia di Lamezia, i Godino, anche loro vittime delle intimidazioni, ha deciso di sostituirci le gomme gratuitamente».
Della vicenda, intanto, se ne sta occupando la magistratura. «Sono stato dal procuratore di Lamezia, Salvatore Curcio, e ci siamo visti anche con Nicola Gratteri. Mi ha telefonato anche il commissario prefettizio di Lamezia, Giuseppe Priolo, che mi ha già preannunciato che verrà a trovarci per vedere da vicino il lavoro che svolgiamo».
In questi giorni si è parlato, poi, di solidarietà ma «nella programmazione delle attività da svolgere a Lamezia Terme – spiega don Giacomo – bisogna non solo tenere alla manifestazioni, ma si tratta di mettere in campo una economia diversa e fare in modo che attività sociali e culturali che vengano fatte liberamente perché sono democratiche, sono attività dove si sprigiona la cittadinanza in un luogo dove vogliono tenere tutto fermo».
Quello attuale dunque rende evidente come le attività si frenino non solo con le intimidazioni, ma anche attraverso i soliti rallentamenti burocratici. «La Calabria e Lamezia è cambiata tantissimo in questi decenni da quando opero qui. In questi anni ho e abbiamo subito tantissimi atti intimidatori, dagli spari alle bombe e anche le minacce di morte in cortile. Poi la città ha preso consapevolezza che non si trattava soltanto di balordi, ma di ‘ndrangheta. E in questo è stato fondamentale il vescovo di allora, Rimedio».
Lamezia appare troppo spesso condannata ad un destino che appare irreversibile. Tre scioglimenti del Consiglio comunale, attualmente commissariata per presunti brogli elettorali. Una città continuamente di fronte ad uno specchio che riflette la parte sbagliata. «La parte che non fa queste cose – spiega don Giacomo – non prende neanche in mano il proprio destino. C’è una sorta di “non approfondimento” su quelle che potrebbero essere le chiavi di volta per la città perché veramente ha delle potenzialità enormi. Eppure le prime persone che remano contro la città sono proprio di Lamezia».
«Credo che dei raggruppamenti che scommettono sulla concretezza, sulla soggettualità e sul praticare operazioni di cambiamento. A me capita di farlo con la Progetto Sud, un’associazione fatta di gente in piedi e gente in carrozzina, uomini e donne, tutti diversi. È possibile diventare protagonisti per noi e per gli altri, e non come fanno i mafiosi». (Gi.Cu.)
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