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Nei racconti di Emanuele Mancuso il «carisma inaudito» di Zì Luigi

Il collaboratore parla dei rapporti con lo zio che «con una parola entra nel tuo cervello». Le liti sedate dal boss e quel sospetto di tradimento

Pubblicato il: 30/03/2021 – 20:05
di Alessia Truzzolillo
Nei racconti di Emanuele Mancuso il «carisma inaudito» di Zì Luigi

CATANZARO Domani sarà il giorno di Emanuele Mancuso, trentenne collaboratore di giustizia, figlio di Pantaleone Mancuso detto “l’ingegnere”. Il giovane Mancuso, primo e unico della numerosa stirpe criminale di Limbadi a parlare con i magistrati dell’antimafia di Catanzaro, sarà sentito domani nel corso del processo “Rinascita-Scott”. I verbali messi agli atti del processo sono, in molte parti, imbiancati dagli omissis. Ma i rapporti di forza all’interno della cosca emergono chiari. 

«Chi ha venduto mio padre?»

La scelta di collaborare non è stata facile per Emanuele Mancuso che ha dovuto affrontare anche un turbinio di minacce e lusinghe da parte della famiglia. Da un lato la minaccia di non fargli più vedere la figlia neonata e dall’altro le promesse di aprirgli un locale tutto suo. Per questi fatti esiste oggi un procedimento a parte che vede imputati, tra gli altri il fratello, il padre, l’ex compagna, la sorella e la zia di Emanuele.
La decisione di parlare con i magistrati nasce anche da vecchi rancori.
«All’inizio, come vi ho già detto, la scelta di collaborare era dovuta al fatto che ritenevo Luigi Mancuso responsabile di aver venduto me e mio padre alle forze dell’ordine», racconta il collaboratore a novembre 2018. Luigi Mancuso, detto “Il supremo” e “Zì Luigi”, zio di Emanule, non rappresenta solo il vertice della cosca di Limbadi ma, ricostruiscono le indagini di Rinascita, sta al vertice delle consorterie del Vibonese, con solidi addentellati anche al di fuori della provincia. Emanuele Mancuso sospetta che “il supremo” lo abbia mandato da Leone Soriano «pur sapendo che lui era intercettato». Per quanto riguarda il padre, invece, Luigi Mancuso aveva concordato con “l’ingegnere” un appuntamento a Joppolo al quale poi non si è presentato. A presentarsi furono invece le forze dell’ordine che arrestarono Pantaleone Mancuso. «In quella circostanza – racconta il collaboratore –, mio padre che era irreperibile, venne tratto in arresto. Mentre Luigi Mancuso, che evidentemente sapeva ciò che sarebbe avvenuto e per questo non si era presentato all’appuntamento, era a sua volta irreperibile, ma a lui non è accaduto nulla». Emanule Mancuso specifica che poco tempo dopo venne arrestato anche Luigi Mancuso mentre si trovava in compagnia di Pasquale Gallone. «Dopo l’arresto di mio padre venne divulgata la falsa notizia che l’arresto era avvenuto per colpa mia, perché mi ero sottratto all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare che mi vedeva coinvolta in reati in materia di stupefacenti con dei soggetti delle Preserre vibonesi, e che in quel periodo le forze dell’ordine stavano cercando me anche nel territorio di Joppolo», racconta Mancuso il quale specifica che «in realtà si trattava di una voce falsa perché non mi sonò mai rifugiato nella zona di Joppolo, e quindi non era me che stavano cercando le forze dell’ordine in quel terreno». La convinzione del trentenne è quella che la falsa notizia sia stata messa in giro da Luigi Mancuso e dal suo avvocato dell’epoca «per far ricadere su dì me la responsabilità dell’arresto di mio padre». Questa tesi il collaboratore l’aveva ripetuta nel corso dell’interrogatorio del 27 giugno 2018: «So che quando mio padre è stato tratto in arresto durante la sua recente irreperibilità, doveva recarsi ad un incontro con mio zio Luigi ed altri, so che in quella occasione, quando lo hanno portato a casa per prendere i vestiti prima di tradurlo in carcere lui ha esclamato : “vorrei sapere chi è stato questo traditore”. lo sospettai di tutti, perfino dì mio zio, perché rimasi stupito del fatto che in quel momento, nella stessa zona in cui mio padre veniva tratto In arresto c’erano sia lui, sia mio zio Luigi ed altri: anche mio zio Luigi era irreperibile in quel momento, però luì non venne arrestato». Secondo quanto racconta Emanule Mancuso suo padre fu molto dispiaciuto per quell’arresto, mentre si trovava e essere uccel di bosco, anche perché aveva concordato col proprio avvocato che a settembre si sarebbe presentato spontaneamente.

I rapporti di “Zì Luigi”

I racconti di Emanule Mancuso si affacciano tra un omissis e l’altro. Parecchie dichiarazioni vertono sulla figura dello zio Luigi. Emanuele colloca lo zio Luigi vicino a Pasquale Gallone e anche a Saverio Razionale, boss di San Gregorio d’Ippona. I contrasti invece il collaboratore li colloca tra Luigi Mancuso e Razione verso Leone Soriano, accusato di avere «messo in atto una serie di danneggiamenti tra cui quello della ditta Romano».
«Quanto ai rapporti intrattenuti da Luigi Mancuso con il resto della famiglia, posso riferire – dice Emanule Mancuso – che tutti rispondevano a Luigi tranne Francesco Mancuso detto “Tabacco”. Lui aveva messo in pericolo la famiglia intera atteso che “Tabacco” aveva fatto una serie infinita di danneggiamenti nei confronti dei membri della famiglia Mancuso, per cui alla fine gli stessi familiari- del ramo dei 7- , sia pure a malincuore diedero ragione agli 11 e giustificarono il fatto che Cosmo Mancuso mettesse in atto il tentato omicidio ai suoi danni e l’omicidio dì Raffaele Fiammingo, fedele a “Tabacco”».
«”Tabacco” è il ramo “povero della famiglia”, “quello meno istituzionale”, “con meno collegamenti”, con meno imprese sotto controllo ed infatti voleva prendersi quelle imprese che facevano capo agli altri familiari», racconta il collaboratore che riferisce di avere parlato di queste cose con suo zio Luigi a casa di Sonni Cannizzaro, abitazione nella quale «ci sono state più di una “mangiata”, alla quale hanno partecipato anche esponenti delle istituzioni». 

Il «carisma inaudito» di Luigi Mancuso

Ma, al di là dei rancori, chi è Luigi Mancuso agli occhi del nipote Emanuele? «Luigi Mancuso “con una parola trasforma tutto in un castello”, con una parola riesce ad entrare nel tuo cervello, non usa metodi brutali, non ti offende ha un sorriso che ti mette a tuo agio ed ha un carisma inaudito, perché sa relazionarsi con gli altri e sa far relazionare gli altri tra di loro».
Il carisma di Luigi Mancuso gli permise, racconta Emanuele Mancuso, di intervenire e chiudere la questione all’interno del carcere di Reggio Calabria dove Domenico Piccolo, di Nicotera Marina, era stato trovato dai detenuti, nell’ora d’aria, con delle lamette. Si pensò che stesse per attentare alla vita di uno dei parenti dei Bellocco con cui aveva avuto una discussione in carcere. «Un’altra vicenda in cui Luigi Mancuso ha mostrato il suo carisma è l’episodio in cui Spasari, il padre di Saverio Spasari coinvolto nell’operazione Robin Hood, fece delle dichiarazioni da “killer” asserendo che mio padre era stato cacciato dal territorio proprio da Luigi Mancuso e mandalo in Argentina. Questa vicenda si è saputa – perché dopo l’operazione sono stati divulgati i contenuti delle intercettazioni utilizzate nel provvedimento – e mio padre si è arrabbiato molto perché lui era andato in Argentina per sottrarsi ad una misura cautelare e non perché mandato via da Luigi Mancuso, con il quale andava d’accordo. Questa vicenda si è risolta in modo pacifico grazie all’intervento di Luigi Mancuso, perché Pasquale Gallone mi disse di stare tranquillo in quanto la questione emersa dalle intercettazioni era già stata risolta da mio zio Luigi che aveva parlalo con Spasari, per fare in modo che si scusasse con mio padre e con la mia famiglia». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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