LAMEZIA TERME Riscoprire, attraverso il ricordo, il senso di appartenenza e lo spirito di servizio. Valori imprescindibili per gli appartenenti alla Polizia di Stato e alle forze dell’ordine, a maggior ragione in tempi in cui volti e divise assumono un’importanza cruciale per la comunità.
La memoria, dunque, come punto di partenza per proiettare ed espandere quel senso del sacrificio che era del Sovrintendente della Polizia di Stato, Pietro Caligiuri, morto esattamente 25 anni fa, il 10 maggio del 1996. Caligiuri, nel suo giorno di riposo, fu avvertito dai colleghi per una sparatoria in corso nei pressi della sua abitazione, nella frazione Accaria di Serrastretta, nel Lametino. Caligiuri si reca sul posto, affronta l’uomo, armato, e cerca di convincerlo a desistere ma inutilmente. L’uomo, alla vista delle Volanti in arrivo, spara colpendo mortalmente proprio Pietro Caligiuri. Una terribile tragedia che ha scosso la famiglia di Caligiuri, la moglie e i due figli piccoli, ma anche i suoi colleghi della Polizia di Stato.
E oggi, davanti al monumento situato nel Commissariato di Polizia di Lamezia, il Questore della provincia di Catanzaro, Mario Finocchiaro, ha celebrato la memoria di Caligiuri, depositando un cuscino di fiori, insieme ai figli e alla moglie della vittima, il dirigente del Commissariato dii Lamezia, Raffaele Pelliccia, e il cappellano della Polizia di Stato, Don Biagio Maimone. «A distanza di 25 anni – ha detto Finocchiaro – noi ricordiamo questo suo atto eroico e di attaccamento al servizio e alla divisa. Per noi non è solo un dovere istituzionale ma un dovere molto sentito a livello morale e che ciascun poliziotto sente nei confronti di questi colleghi che hanno immolato la loro vita per difendere gli altri e rendere un servizio alla comunità alla quale appartengono».
Particolarmente commosso anche il ricordo di Laura, figlia del Sovrintendente della Polizia di Stato, Pietro Caligiuri: «È stato un momento terribile – racconta la figlia – non basta una vita per cercare di colmare una perdita così grande a maggior ragione in tenera età com’ero io. Mio padre era sempre sorridente, attento, premuroso, era il mio papà. In questi momenti è sempre difficile gestire l’emozione perché si riapre una ferita che in realtà non si è mai chiusa. Sono particolarmente vicina a mio padre, sono anche io in Polizia. Spero di indossare la divisa con lo stesso onore con cui l’ha fatto mio padre».
A Lamezia, e più in generale in Calabria, fare il poliziotto e appartenere alle forze dell’ordine è più complicato che altrove e i fatti di cronaca lo dimostrano quotidianamente. «In territori come questo – ha ricordato ancora il Questore Finocchiaro – svolgere il proprio servizio è ancora più difficile. Noi viviamo in un ambiente in cui ci sono episodi legati alla criminalità, spesso organizzata, e che ci pongono davanti a situazioni particolarmente pericolose. Il poliziotto è sempre in servizio, ovunque, ma qui è forse più difficile». Ad un anno dal suo insediamento, il Questore Mario Finocchiaro traccia anche un primo bilancio: «Per quanto mi riguarda ho trovato una struttura valida, con agenti impegnati ciascuno a svolgere bene il proprio lavoro e il loro servizio. L’esperienza che ho avuto qui a Catanzaro è sicuramente molto positiva sia nei confronti dell’efficienza degli uffici, sia per la dedizione dei poliziotti che in questi uffici ci lavorano». (redazione@corrierecal.it)
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