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L’intervista

Abu Dhabi investe nel tech anche grazie alle intelligenze calabresi

Enrico Natalizio: «In Italia lottavo contro il precariato. Qui sono uno dei leader del centro di robotica e progetto futuri sistemi di comunicazione»

Pubblicato il: 13/05/2021 – 7:24
di Anna Colistra
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Abu Dhabi investe nel tech anche grazie alle intelligenze calabresi

ABU DHABI Gli Emirati Arabi investono nel tech e nell’innovazione e lo fanno anche grazie a intelligenze calabresi come Enrico Natalizio, uno dei manager del centro di robotica del Technology Innovation Institute. Natalizio 44 anni, ingegnere informatico originario di Cosenza, è arrivato ad Abu Dhabi nella primavera del 2020, dopo una lunga esperienza da professore ordinario in Francia, un periodo di lavoro negli Usa e un dottorato, con annessi diversi anni da ricercatore precario, all’ Unical. Lavora con i robot, ne studia e ne “inventa” modalità di comunicazione e interazione, e si occupa di droni, della loro applicazione nella ricerca e in particolare nel settore del rischio ambientale. Progetti entrambi nati durante gli anni di studio all’Università della Calabria e che nonostante il concept promettente e le tecniche d’avanguardia all’Unical hanno trovato un sostegno economico intermittente e precario: «finanziamenti sempre più difficili da ottenere che ad un certo punto non sono bastati più». La “fuga dei cervelli” – un fenomeno che ogni anno l’Istat traccia con dati sempre più allarmanti in Calabria – oltre a portarsi via i giovani taccheggia le loro idee e con queste la possibilità di un Dna nuovo per la regione, dove ricerca e sperimentazione scientifica potrebbero fare la loro parte per schiodarla dall’ultimo posto in classifica su praticamente tutti i parametri politico-economici della società contemporanea.

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Abu Dhabi

Dal deserto alla capitale mediorientale del tech

Ad avere fame di avanguardia e di menti smart, invece, è un posto in Medio Oriente conosciuto per il suo scenario dicotomico fatto di grattacieli e dune di sabbia. Abu Dhabi nasce nel pieno deserto Arabico nel Golfo Persico, e qui l’infertilità di una natura arida si è trasformata negli ultimi anni nella fecondità del tech e del visionarismo digitale. Un luogo per sua conformazione inospitale è diventato in poco tempo il Paese più ambito per chi è in cerca di fortuna, col tasso migratorio più alto al mondo il 21,71%. La popolazione degli Emirati Arabi Uniti, infatti, è di circa 9.700.000, di cui solo l’11,32% cittadini del posto e quasi il 90% stranieri. Nella modernissima città di Abu Dhabi la presenza internazionale di tanti professionisti è dovuta alla fondazione del Technology Innovation Institute che dispone di sette centri specializzati in: ricerca quantistica, robotica autonoma, crittografia, materiali avanzati, sicurezza digitale, energia diretta e sistemi sicuri. L’ingegnere cosentino opera in questo istituto ed è il leader del team di robotica «lo stipendio di un ricercatore qui è circa 4 volte più alto di quello che percepiscono i colleghi in Europa, ma la cosa più importante per chi fa il mio lavoro è non avere il problema, spesso insormontabile in Italia, del reperimento dei fondi per i propri progetti». Ad Abu Dhabi se hai una buona idea hai molte chance di realizzarla secondo la testimonianza di Natalizio: «Se convinci il top management – afferma – che è il corrispondente del ministro della Cultura e gestisce i sette centri di ricerca, i soldi che chiedi arriveranno». «Ad esempio io sto per avviare un nuovo progetto in collaborazione con altre università italiane e europee – racconta l’ingegnere – e mi sono stati approvati investimenti importanti nell’immediato, pura utopia per l’Italia, ma anche per l’Europa dove qualsiasi proposta deve passare dal vaglio dei progetti europei». Una politica, quella descritta la ricercatore calabrese, che incentiva la ricerca scientifica e che preferisce il rischio spregiudicato di sperimentare per prima a quello di rimanere inesorabilmente indietro. «C’è fiducia tra istituzioni e ricercatori e questo rende tutto più semplice».

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I robot, la comunicazione e il futuro

Il futuro ha bisogno di ricercatori e di progetti innovativi come quello di Natalizio: «Mi occupo della comunicazione tra gli “stormi” di robot, analizzo e determino modalità e contenuti delle interazioni tra le macchine. Sviluppando questo sistema di trasmissione di informazioni posso porre le basi per nuove invenzioni tecnologiche o migliorare quelle già esistenti». Riguardo alla portata di cambiamento che hanno le ricerche del suo centro di robotica il manager ha spiegato: «Con gli studi che stiamo facendo possiamo immaginare di spostare buona parte dei trasporti e della logistica delle consegne con droni elettrici. Si toglierebbero dalle strade molti mezzi inquinanti arrivando ad un’ottima svolta ecologica. Allo stesso tempo – aggiunge – i droni potrebbero modificare radicalmente le competizioni sportive con il loro costante e preciso monitoraggio delle gare». I dispositivi utilizzati per gli esperimenti del team di Natalizio, oltre a robot sottomarini e terrestri, sono soprattutto «droni volanti, «perché hanno una migliore mobilità». «I droni li ho utilizzati anche in precedenza, quando mi sono occupato di rischio ambientale – racconta – sono piccoli, agevoli e addirittura poco costosi, perfetti per un’operazione di monitoraggio di un’infrastruttura (pensiamo al Ponte Morandi ad esempio) o di una possibile frana». Descrive un sistema di osservazione e di prevenzione dei rischi ambientali che in una regione come la Calabria, dove il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta un problema notevole, servirebbe come il pane. Eppure il ricercatore cosentino non è riuscito a realizzarlo sul suo territorio per il solito problema della carenza di risorse. «Quando vivevo a Cosenza ero motivato a cambiare le cose, ero portavoce nazionale dei ricercatori contro la Riforma Gelmini e partecipavo attivamente alle lotte contro il precariato». L’impegno politico è andato di pari passo alla carriera da ricercatore scientifico per Natalizio, che racconta come stia continuando a dare il suo contributo per la Calabria anche dall’estero. «Collaboro al progetto nato dal basso di Anna Falcone “Primavera per la Calabria”, partecipo alle riunioni, anche se ovviamente a distanza, e do il mio apporto per nuove proposte sempre nell’ambito della ricerca». La Calabria, dunque, fa ancora parte dei suoi progetti pur non avendo in mente di tornare: «contribuire dall’esterno spero di farlo sempre, tornare invece non è plausibile al momento, mi piacerebbe dare una mano a chi ha voglia di fare in Calabria, ma il territorio non è ancora pronto, non posso immaginare di poter realizzare nella mia regione le stesse cose che faccio ad Abu Dhabi. Ma a dire il vero questo è un discorso che vale per l’Italia intera».

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