«Il Sud non è un socio di minoranza»
La più grande incongruenza del nostro Paese è che una parte di esso (pari al 41% dell’intero territorio) viva in condizioni sociali, economiche e civili così dissimili da farla sembrare quasi una naz…

La più grande incongruenza del nostro Paese è che una parte di esso (pari al 41% dell’intero territorio) viva in condizioni sociali, economiche e civili così dissimili da farla sembrare quasi una nazione a parte. Da questa premessa parte l’Istituto di ricerca Eurispes. «La questione da porsi è questa: può una nazione dirsi tale se un suo terzo è in condizioni radicalmente diverse da quelle degli altri due terzi? No, non lo può per ragioni morali, civili, di equità minima, ma principalmente per ragioni economiche: in una stessa nazione e in una economia interdipendente, l’arretratezza di una parte comporta una riduzione della ricchezza nazionale e riduce l’orizzonte dello sviluppo». Senza minimamente riflettere sul fatto che se quel territorio arretrato recuperasse la via della crescita e si avvicinasse alle prestazioni delle altre due parti, l’Italia tornerebbe tra le nazioni leader dell’economia mondiale. Sull’esempio di quanto avvenuto in Germania con la riunificazione. «In Germania Est si è investito in 30 anni quasi 5 volte più di quello che si è speso in circa 60 anni nel Sud d’Italia, cioè tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di euro». Per il Sud Italia le cifre sono queste: in 58 anni, cioè dall’avvio della Cassa del Mezzogiorno nel 1950 al 2008 sono stati investiti 342,5 miliardi di euro. Nelle regioni orientali tedesche 70 miliardi di euro in media all’anno, nel Mezzogiorno 6 miliardi l’anno. Altra questione assillante da affrontare: la diseguaglianza delle prestazioni sanitarie in base alle regione in cui si vive e si risiede. E’ indubbio che il sistema regionale non ha consentito di superare le differenze economiche e sociali con le regioni del centro-nord, deresponsabilizzando lo Stato centrale verso i suoi territori più arretrati e creando 20 diversi sistemi regionali. La gestione della pandemia lo ha dimostrato evidenziando come il punto di maggiore crisi dell’articolazione istituzionale del nostro paese è dato dal rapporto “Stato centrale-Regioni”. Negli ultimi decenni, al divario economico – sempre secondo Eurispes – si è accompagnato in Italia un divario nei servizi tra centro-nord e sud che quasi specularmente riflette quello economico. Negli anni ‘90 l’orgoglio meridionale teorizzava mistificando le virtù naturali del Sud e i benefici del “crescere per strada” rispetto agli svantaggi del vivere nelle città del Nord, ma negli ultimi anni si è visto che il divario economico si è trasformato in divario sociale, civile, demografico, di spazi verdi, di apprendimento, di svago, di conoscenze e di cultura. Nei test scolastici i ragazzi del Sud mostrano minori abilità rispetto ai coetanei del centro-nord così come le università del Mezzogiorno stentano a decollare per mancanza di risorse. Dove l’economia è meno sviluppata ci si cura peggio, l’offerta scolastica è più carente, si rischia di ammalarsi per inquinamento ambientale. Nel Report di Eurispes si legge che «oggi le statistiche sanitarie dicono che chi vive nel Sud muore in media due anni prima di chi risiede al Nord. Indubbiamente, sono innanzitutto le diverse condizioni economiche tra le due parti dell’Italia che incidono sulla maggiore o minore possibilità di allungare gli anni di vita». La media in tutte le regioni del Mezzogiorno è di 79,8 anni per gli uomini e di 84,1 per le donne, mentre nella provincia autonoma di Trento è di 81,6 per i maschi e di ben 86,3 per le femmine.Eppure, qualcosa sembra rendere possibile ciò che fino a qualche tempo fa sembrava impensabile, cospicue risorse pubbliche arriveranno dall’Europa e Draghi ha davanti a sé la possibilità di ripetere un nuovo miracolo economico. Non si potrà certo replicare il modello della Cassa per il Mezzogiorno, ma la nazione ha bisogno di una strategia che inglobi il suo Sud. Insomma realizzare la coesione territoriale dell’Italia rappresenta la vera chiave di svolta, il superamento del divario la strategia più lungimirante.