BRESCIA Il Tribunale di Brescia, con un’ordinanza dello scorso 8 aprile ha condannato ai lavori socialmente utili Ciro Memo, docente che aveva diffamato il professor Saverio Regasto, ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università di Brescia dov’era concorreva alla carica di Rettore, che vanta una lunga esperienza anche negli Atenei calabresi.
La pronuncia arriva cinque anni dopo l’accaduto. Ad ottobre 2017 Regasto aveva rassegnato anche le dimissioni da direttore del dipartimento di Giurisprudenza. Il giudice lombardo condanna alla “messa alla prova” per 10 mesi – in assenza di precedenti penali – l’altro docente che attraverso i social aveva rivolto pesanti affermazioni allo stesso Regasto prendendo di mira i suoi natali in Zimbawe, gli Atenei e alcune città calabresi in maniera generalizzata. Comportamento che, appunto, aveva pesato sulla tornata elettorale nell’Università bresciana. Memo ha inoltre inviato alla “vittima” una lettera di scuse attraverso la quale riconosce la matrice negativa e conseguenti danni provocati dal proprio comportamento e dai commenti pubblicati sulla testata “BSNews”.
«Ci sono voluti 5 lunghi anni, numerosi solleciti e persino una formale richiesta di avocazione al Procuratore Generale per ottenere, si fa per dire, giustizia!» Scrive dopo la pronuncia Saverio Regasto.
«Alla fine – continua – l’autore di quei beceri insulti online che tanto hanno pesato negativamente sul prosieguo della campagna per l’elezione del Rettore dell’Università degli Studi di Brescia, ha dovuto ammettere le sue responsabilità, chiedere e ottenere grazie alla magnanimità del giudice, di essere “messo alla prova”» a fronte di una pena detentiva che sarebbe probabilmente scattata in presenza di precedenti penali.
Secondo il docente, la «giustizia-lumaca», coi suoi tempi, è arrivata per rendere giustizia a fronte dell’intervento diffamatorio di Ciro Memo. Fatto dal quale Regasto afferma di essere uscito «fortemente scosso e segnato indelebilmente l’esistenza».
«Mi sono sempre chiesto – aggiunge – in questi anni, le ragioni che hanno indotto Ciro Memo a insultarmi ripetutamente, a diffamare luoghi (la Calabria, lo Zimbabwe), istituzioni (gli Atenei calabresi), persone (l’attuale Ministra Gelmini), unitamente a quelle che hanno suggerito a Claudio Giorgi, docente di Ingegneria oggi in pensione, di buttare fango, sospetti e illazioni sulla correttezza dei miei comportamenti durante le fasi finali e concitate della campagna elettorale del 2016. Nessuno potrà convincermi che tali episodi non abbiano influito, a mio danno, sull’esito finale. Considerate, poi, tutte le vicende successive, culminate con le mie dimissioni da Direttore di Dipartimento e con la più recente instaurazione nei miei confronti di un procedimento disciplinare del tutto privo di fondamento (poi archiviato grazie alla saggezza e all’autonomia dimostrati dal Collegio di Disciplina), ne ho dedotto che la mia candidatura a Rettore e gli esiti dei primi due turni (nei quali ero ampiamente in vantaggio) devono aver sorpreso e infastidito molte persone, alle quali evidentemente non garbava che chi scrive potesse ricoprire quella carica».
Regasto riporta anche alcuni degli epiteti rivolti dall’altro docente: «Premessa che ieri allo scrutinio Regasto non era nemmeno presente (molto offensivo) comunque più di quei voti il nostro simpatico calabrese nato in Zimbabwe non prende anzi possono solo diminuire […]; Tira rettore faglia pro rettore delega territorio e Memo pro rettore delega internazionalizzazione Regasto biglietto di sola andata verso la sua amata Calabria; Poi l’ultima che mi hanno detto ieri. Forse si è laureato nella stessa facoltà della GELMINI a Reggio Calabria !!!!!!! Ma stiamo scherzando?!?!?!?!?!»,
«Quando penso ai continui riferimenti alla Calabria – scrive Regasto – e alle sue città, non posso non ricordare che quella è la terra della Scuola Pitagorica, di Tommaso Campanella, di Bernardino Telesio, di Corrado Alvaro, di Renato Dulbecco e di due giuristi illustri come Costantino Mortati e Stefano Rodotà. Mi rifiuto di accettare certi stereotipi in particolare quando sono il frutto del pregiudizio e dell’ignoranza».
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