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Amore e lotta ai tempi della protesta. Il nuovo romanzo di Marcello Vitale

“Nessuno mi può giudicare” è il nuovo libro del magistrato calabrese. Ispirato a un anno che plasmerà il futuro del Paese

Pubblicato il: 05/08/2021 – 15:28
di Teresa Benincasa
Amore e lotta ai tempi della protesta. Il nuovo romanzo di Marcello Vitale

LAMEZIA TERME Ha scritto requisitorie e sentenze per tutto l’arco lavorativo tra Procure e Tribunali fino al massimo grado di giudizio, in Cassazione. Ha indagato sulla criminalità anche di stampo mafioso aprendo la stagione seria dei sequestri dei beni che lo hanno costretto a vivere anche sotto scorta. Marcello Vitale, in ogni palazzo in cui ha svolto il suo ufficio, da Torino, Lamezia Terme, Catanzaro, Roma, mentre estirpava la mala pianta, non ha mai smesso di coltivare il seme della scrittura e tra poesia e prosa ha messo le radici. Dal cielo della scrittura, temprata di atmosfere e toni lucidi, resa leggera da uno sguardo ironico capace di mettere in luce complessità e contraddizioni delle vicende umane, oggi ci consegna un romanzo “Nessuno mi può giudicare”, che ci fa comprendere qualcosa in più e di più essenziale e attuale dei tumultuosi anni delle contestazioni giovanili che hanno etichettato il ’68 come anno di rottura e conquiste sia delle donne che dei lavoratori. 

Il narratore ci conduce in tono vibrato e talvolta poetico negli anni che sfociarono nella stagione del terrorismo. Usando la prima persona, in modo diretto e schietto ci parla degli ideali della generazione che ha fatto il ’68 e dipana le vicende sociali avviluppate nel veloce processo di cambiamento impresso dalla produzione capitalistica e industriale, indagando il tema dello sradicamento delle popolazioni meridionali e dell’identità collettiva perduta nel processo unitario che soffocò le preziose differenze esistenti. 
Il motore narrativo è la storia d’amore tra un giovane e caparbio procuratore del sud e una altrettanto giovane donna nata a Torino, da genitori siciliani, dal piglio combattivo e ribelle, studente di lettere, la cui frequentazione amorosa denota subito il carattere anticonformista del protagonista. Entrambi i personaggi protagonisti del romanzo, aldilà delle differenze sociali e culturali, sono uniti moralmente contro ogni visione stereotipata e antimoderna della vita delle persone. Carla si spinge all’azione, fino al fronte vero e proprio della guerriglia e in un certo senso incarna l’ideale di donna rivoluzionaria di cui il procuratore apprezza l’animo autenticamente femminile, irrazionale ma ragionevole, votato ai diritti umani. Carla è infatti una donna indomita, pronta ai picchetti e a lanciarsi su tutti i fronti, rischiando la galera, per difendere i diritti degli studenti come dei lavoratori e dei contadini. 
Entrambi si rapportano alla pari, attraverso dialoghi e argomentazioni che sprizzano cultura e conoscenza ma anche una sete di giustizia che non è quella dei codici applicati da un apparato tutto da riformare. E’ una sete di vita e di verità, quella che muove entrambi i personaggi. Carla è tuttavia insaziabile e sembra destinata a disperdere il senso del sé con quello collettivo di una generazione che sembra anche in fuga dalla realtà del vissuto personale. Il procuratore, invece, non smarrisce il bandolo e pur navigando tra le acque inquiete e torbide di un’umanità talvolta agitata e talvolta smarrita, quando non ammuffita da schemi e convenzioni provincialistiche e tradizionali, assumerà sempre una maggiore consapevolezza del sé dentro la storia conseguendo una visione autentica. Il passato e il presente sono vissuti nel divenire e quello che al cuore del lettore rimarrà impresso è l’audacia quanto la tenerezza di un personaggio che si scrollerà da dosso il peso ottundente degli stereotipi e delle fissazioni mentali della tradizione, facendo respirare le atmosfere, pubbliche e private, di un tempo solo apparentemente lontano. 
1968: anno madre di tutte le conquiste che donne e uomini faremmo bene a riscoprire e ripercorrere nella lettura avvincente di questo romanzo ambientato nella Torino borghese e operaia delle fabbriche e del terrorismo che unì il movimento studentesco alle lotte sindacali. In finale, la coppia si separerà, ma solo fisicamente. Entrambi consegnano al lettore un modo per salvarsi dal mal di vivere che attanaglia entrambi. Si salva chi lotta, chi vive senza etichette, chi ama con passione, chi denuncia l’ipocrisia e misura i fatti con la luce interiore dei valori che mettono al centro la dignità e il valore della vita. Così “Nessuno mi può giudicare” diventa un inno alla vita sempre in bilico, pregna di contraddizioni ma ricca di sorprese e conquiste sempre nuove.

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