ARCORE Chissà se verrà ricordato come “l’incontro di Villa Certosa”: per la prima volta Matteo Salvini, accompagnato dalla fidanzata Francesca Verdini, entra nella residenza sarda di Silvio Berlusconi. Un incontro annunciato, per la nascita di una nuova Confederazione del centrodestra (non un partito con le diverse sigle come spingeva inizialmente Berlusconi), in forza da settembre, da Roma a Bruxelles.
Un colloquio per convincere il Cavaliere che l’unità del centrodestra serve al Paese e serve a puntellare con forza il governo Draghi. Una Confederazione quindi che vada da Palazzo Madama a Montecitorio perché il leader del Carroccio aspira a non essere più «sei forze di centrodestra che sembrano una squadra di calcetto» ma una «colonna per Draghi», fino al Parlamento europeo dove immagina «un gruppo unico di 200 europarlamentari che contrasti socialisti e sinistra».
Operazione di rafforzamento rispetto agli avversari, ma anche di sostegno dei singoli partiti. La nuova partita a scacchi per il Quirinale, infatti, si avvicina e Berlusconi ne vuole essere regista e forse non solo. Soprattutto, ci sono le elezioni alle porte tra Amministrative, Regionali calabresi e suppletive di Siena e Roma-Primavalle. E le politiche sono “solo” nel 2023.
Al di là di intenzioni e proclami da Villa Certosa, però, la strada non è tutta in discesa. Primo scoglio da superare, il fatto che la Confederazione, almeno per ora, nasce orfana di Giorgia Meloni, che ha subito rimarcato come Fratelli d’Italia si trovi sin da febbraio all’opposizione del Governo Draghi. Al contrario dei suoi due alleati. Inimmaginabile quindi, una comune attività di sostegno, pur essendo “disponibili a una riunione settimanale dei capigruppo del centrodestra per rafforzare le idee della coalizione nelle politiche del governo”. A Bruxelles, poi, Lega, Fi e FdI sono addirittura in tre schieramenti diversi. Senza dimenticare che il partito di via della Scrofa cresce e strappa consensi, fuori e dentro l’aula, rosicchiando numeri anche dai due alleati.
Ma sul tavolo tra Lega e FI ci sono anche altri temi che nei prossimi giorni rischiano di essere indigesti. A partire dalla politica estera e l’accoglienza dei profughi dall’Afghanistan.
«L’unica strada è quella della diplomazia e del soccorso umanitario», la posizione di Berlusconi. Più rigido Salvini, che vorrebbe «corridoi umanitari per collaboratori, bimbi, donne e ragazzi» puntando il dito sul «rischio infiltrazioni terroristiche e malavitose» che «tra gli uomini è alto». E in queste ore si è aperta anche la questione vaccini. Chiara la posizione del leader del Carroccio, assolutamente «contrario all’obbligo», da Forza Italia si delinea invece un fronte pro-obbligo. La prima a promuoverlo è la presidente dei senatori azzurri Anna Maria Bernini, che parla di «ultimo tabù da superare», seguita dalla responsabile per i rapporti con gli alleati, Licia Ronzulli. «Se poi da questo vertice uscisse la notizia delle dimissioni del Sottosegretario Durigon – dichiara con un colpo di coda il deputato Elio Vito – sarebbe una buona cosa anche per l’unità e le prospettive del centrodestra». (Ansa)
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