REGGIO CALABRIA Nell’Aula Bunker di Viale Calabria sono arrivate le pronunce nel processo, celebrato con rito abbreviato, scaturito dall’inchiesta “Eyphemos”, avente ad oggetto le attività dei clan aspromontani e i loro rapporti con alcune personalità della scena politica reggina. Condannato a 5 anni e 4 mesi il senatore di Forza Italia, Marco Siclari, secondo quanto stabilito dal gup Maria Rosa Barbieri.
La direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria giudata da Giovanni Bombardieri aveva ipotizzato nei suoi confronti il reato di “scambio elettorale politico-mafioso” alla luce delle condotte che erano state oggetto della requisitoria pronunciata lo scorso 23 aprile dal pm Giulia Pantano, che per lui aveva chiesto 4 anni.
Le richieste complessive avanzate dall’accusa erano riferite a 23 posizioni (oltre a una richiesta di assoluzione) tra vertici e presunti affiliati ai clan, e soggetti politici tra i quali spiccava proprio il senatore forzista.
Per i presunti boss Domenico Laurendi detto “Rocchellina” e Cosimo Alvaro sono state pronunciate condanne rispettivamente a 17 anni e 9 mesi ciascuno.
Siclari era presente oggi in aula dopo aver annunciato (via social) il suo rientro a Reggio Calabria «dopo 575 giorni di dolore e rispettoso silenzio».
«Sono sicuro che emergerà la verità – aveva scritto – per restituire dignità al nostro territorio e serenità alla mia famiglia. Ho chiesto il rito abbreviato perché da tutte le carte emerge in maniera chiara la mia totale estraneità che ho sempre dichiarato dal primo momento». Gran parte delle pronunce del gup hanno visto condanne più alte rispetto a quanto richiesto dall’accusa, ma sono arrivate anche altre due assoluzioni (per Carmelo Napoli e Attilio Firenzuoli) oltre a quella chiesta dalla procura per Cosimo Laurendi.
L’operazione risale al 25 febbraio 2020 quando la Squadra Mobile di Reggio Calabria e gli agenti del commissariato di Palmi, all’esito di una lunga attività investigativa, avevano eseguito 65 misure cautelari sottoscritte dal gip di Reggio su richiesta della procura distrettuale. Titolari del fascicolo erano il procuratore aggiunto Gaetano Paci e il sostituto Giulia Pantano il cui lavoro aveva permesso di «documentare l’esistenza sul territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte di una struttura associativa di ‘ndrangheta operante alle dipendenze del più affermato e risalente “locale” di Sinopoli». L’inchiesta – come testimoniano anche alcune tra le principali posizioni processate questo 28 settembre – vede dunque al centro la regia della potente cosca “Alvaro” alla quale risulterebbero federate le tre articolazioni aspromontane: i “Cannizzaro”, “i diavuli” sotto la guida di Cosimo Idà e la frangia guidata da Domenico Laurendi. L’attività d’indagine prende le mosse dalla “guerra fredda” scoppiata tra le stesse nel periodo a cavallo tra la fine del 2017 e la prima metà del 2018 oltre che le loro mire espansionistiche tese ad aumentare l’organico attraverso una serie di “battezzi” per raggiungere una dimensione tale da scindersi dalla “famiglia” di Sinopoli e creare una cellula autonoma che potesse ottenere il riconoscimento di Polsi.
La procura non si sofferma a ricostruire i “tipici” reati-fine commessi dai presunti ‘ndranghetisti, ma indaga anche i rapporti con alcuni esponenti politici locali in linea di continuità col rinnovato modus operandi della ‘ndrangheta vista come “sistema di potere” in grado di legittimare il suo operato attraverso gli uomini delle istituzioni. Tra questi l’allora sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte poi consigliere regionale con Fratelli d’Italia Domenico Creazzo, che lo scorso luglio si è visto applicare la misura cautelare dell’obbligo di dimora dopo la revoca di quella maggiormente afflittiva degli arresti domiciliari. Ancor prima delle regionali dello scorso 2020 era emersa l’operatività del clan in vicende politiche, appunto in relazione all’elezione al Senato della Repubblica di Marco Siclari nel 2018. L’esponente Fi avrebbe raggiunto un accorso con gli Alvaro «funzionale allo scambio di utilità corrisposte dai candidati con il sostegno offerto dalla famiglia mafiosa». Attività documentate dalla pg, come nel caso dell’incontro avvenuto a febbraio 2018 tra Siclari e Domenico Laurendi nella sede della segreteria del politico.
Fin dal blitz di febbraio 2020 per il politico, destinatario di una misura cautelare agli arresti domiciliari, la procura aveva chiesto l’autorizzazione a procedere mai arrivata a fronte della mancata pronuncia da parte della Giunta per le autorizzazioni.
Marco Siclari 5 anni e 4 mesi (la procura aveva chiesto 4 anni)
Cosimo Alvaro 17 anni 9 mesi 10 giorni (chiesti 16 anni)
Domenico Laurendi 17 anni e 9 mesi (chiesti 20 anni)
Giuseppe Speranza 19 anni 8 mesi (chiesti 18 anni)
Natale Lupoi 19 anni 4 mesi (chiesti 18 anni)
Antonio Crea 12 anni 8 mesi (chiesti 14 anni)
Antonino Gagliostro 14 anni e 4 mesi (chiesti 14 anni)
Attilio Firenzuoli assolto (chiesti 10 anni)
Pasquale Cutrì 10 anni (chiesti 12 anni)
Giuseppe Rizzotto 14 anni 3 mesi (chiesti 16 anni)
Vincenzo Carbone 12 anni 8 mesi (chiesti 12 anni e 6 mesi)
Giovanni Crea 12 anni 8 mesi (chiesti 12 anni)
Rocco Graziano Delfino 16 anni 8 mesi (chiesti 16 anni)
Nicola Delfino 14 anni e 8 mesi (chiesti 10 anni)
Domenico Carbone 11 anni (chiesti 13 anni)
Carmelo Napoli assolto (chiesti 5 anni)
Francesco Vitalone 2 anni 8 mesi (chiesti 3 anni e 8 mesi)
Giuseppe Scicchitano 5 anni 4 mesi (chiesti 6 anni)
Domenico Restuccia 4 anni 5 mesi 10 giorni (chiesti 5 anni e 2 mesi)
Francesco Romeo 6 anni 8 mesi (chiesti 8 anni)
Girolamo Macrì 6 anni e 8 mesi (chiesti 5 anni e due mesi)
Sarino Antonio Carbone 9 anni e 9 mesi (chiesti 6 anni)
Giorgio Spaliverio 4 anni 5 mesi (chiesti 4 anni e 4 mesi)
Per Cosimo Laurendi la procura aveva chiesto l’assoluzione.
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