COSENZA Depositata la Sentenza con la quale il Tribunale di Cosenza, a metà ottobre, ha assolto G. E., di anni 58, dalla grave accusa di aver minacciato, nel lontano gennaio 2015, in quel di Pietrafitta, in aperta campagna, il cognato M. A., brandendo un’ascia e profferendo, al suo indirizzo, frasi minatorie e minacciose, alla presenza dei figli e di un altro parente.
Il giudice Branda, dopo una articolata e complessa istruttoria, dopo aver escusso la parte offesa, i figli della stessa e il teste a discarico D. L – addotto dall’avvocato Pierluigi Pugliese, difensore dell’imputato – che ha reso, prima della Camera di Consiglio, un lungo e approfondito esame, ha assolto G. E. «perché il fatto non sussiste».
Soddisfazione è stata espressa dall’avv. Pierluigi Pugliese per l’esito favorevole del processo, con conseguente assoluzione ampia del proprio assistito, ma, prima e più, «perché la sentenza esprime, in totale accoglimento della linea difensiva, sostenuta, documentata e testimonialmente provata, dal òegale, un principio di diritto posto a garanzia e presidio della posizione di ogni soggetto coinvolto di in processo penale, e cioè che “non è consentita la valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, riferibili ad un unico episodio avvenuto in un unico contesto temporale, in quanto il giudizio di inattendibilità su alcune circostanze inficia, in tale ipotesi, la credibilità delle altre parti del racconto, essendo sempre e necessariamente ravvisabile un’interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato”».
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