ROMA Ad eseguire il primo impianto di occhio bionico in Italia è stato il medico calabrese, originario di Cosenza, Stanislao Rizzo direttore dell’Unità complessa di Oculistica al Policlinico Gemelli di Roma. Un intervento che non ha precedenti nella storia della medicina e che rappresenta una concreta speranza per chi vive la sua vita ‘al buio’ senza la prospettiva, almeno fino ad ora, di poter migliorare la sua condizione. Rizzo negli studi Rai di Buongiorno Regione ha spiegato come la tecnologia avanzata stia rivoluzionando la chirurgia rendendo possibili quei trattamenti che fino a qualche decennio fa si auspicavano solo nella teoria e che oggi invece cominciano ad avere i primi risultati. «L’intervento è stato effettuato su un paziente affetto da una grave malattia ereditaria alla retina – ha detto Rizzo – denominata “retinite pigmentosa” e che in stati terminali porta alla completa cecità». Il medico ha poi spiegato che non tutte le persone colpite da questa malattia possono affrontare questo tipo di trattamento ma che per ora bisogna seguire un iter facendo delle selezioni e che, ovviamente, l’auspicio è che «un giorno questa tecnica sia applicabile a tutti». Quello che il professore con la sua equipe ha realizzato è stato un vero e proprio impianto nell’occhio di un paziente di un sofisticato dispositivo (grande 3mm x5mm, prodotto da un’azienda tedesca) che «con un concentrato di circa 500 elettrodi – ha chiarito Rizzo – crea una sorta di lente (o occhiale) che cattura la luce al posto dell’organo del paziente». Questo delicato intervento porterà, dunque, grandi benefici al malato che passerà dalla totale impossibilità di vedere a poter visualizzare luci e colori. «Ridare la vista è il sogno di ogni oculista – ha detto il professore – vedere la sagome dei luoghi e dei propri cari per chi doveva orientarsi ogni giorno nel buio assoluto significa acquisire molta autonomia e migliorare la propria vita». Rizzo ha poi raccontato che aveva investito in questa tecnica già nel 2011 in Toscana e con impianti che avevano solo 60 elettrodi, da allora la tecnologia ha fatto passi da gigante dando una forte spinta anche alla chirurgia. In ultimo Rizzo ha chiuso l’intervista facendo un appello alla Regione Calabria: «Per migliorare la sanità calabrese la strada da percorrere è la formazione dei giovani, i neomedici devono viaggiare e specializzarsi all’estero per poi tornare nella propria terra e contribuire a creare eccellenze nel settore».
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