LAMEZIA TERME Classi deserte e istituti che, nella migliore delle ipotesi, sono pieni per metà. Il rientro a scuola dopo le festività natalizie fa rima con paura, quella delle famiglie e degli studenti – anche i più piccoli – spaventati dalla quarta ondata di contagi da Covid-19 che stringe come in una morsa l’intera penisola, Calabria compresa.
Anche a Lamezia Terme, così come a Catanzaro, a vincere, in queste settimane, è stata la divisione: da una parte i favorevoli al rientro in classe, dall’altra quelli che si oppongono e che ritengono di fatto che la scuola non sia più un luogo sicuro. In mezzo ci sta l’indecisione, l’improvvisazione e l’interpretazione in molti casi soggettiva e che non aiuta a fare chiarezza, tutt’altro.
E così, mentre stamattina il rientro a scuola non è avvenuto in presenza in diversi comuni calabresi dove i sindaci, per contenere la curva dei contagi, hanno preferito ripristinare la didattica a distanza, in tanti altri – come Lamezia e Catanzaro – gli studenti erano chiamati al rientro in classe. Appello, però, caduto in larga parte nel vuoto. Tradotto: classi semivuote e un’impasse che getta il sistema scolastico calabrese in un tunnel senza uscita.
Una sorta di “sciopero” indetto sulla scorta dei numeri dei contagi – secondo gli studenti sottostimati rispetto alla realtà – e la richiesta di un incontro (poi ottenuto) con il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro. Le richieste avanzate al primo cittadino, presente insieme ad alcuni assessori ed esponenti della minoranza, sono di fatto simili a quelle dell’inizio della pandemia: disporre la didattica a distanza ed evitare, così, i rischi legati al contagio. Da parte sua il sindaco, come ha già fatto in passato, ha sottolineato come il suo operato e le sue scelte avvengano in linea con quanto disposto dal Governo Draghi e da quello regionale guidato da Roberto Occhiuto. Insomma, l’ennesimo cortocircuito che di certo non aiuta a rassicurare studenti e familiari.
C’è poi la voce di chi la scuola la frequenta tutti i giorni e che stride rispetto alla realtà. «Ci chiedono di tornare a scuola – ci raccontano alcuni docenti – ma non si rendono conto delle reali condizioni dei nostri istituti. Ci avevano promesso mascherine Ffp2, ma dove sono? Facciamo quello che si può come gli ingressi scaglionati così come i bagni divisi per classi e sezioni ma come si contrastano i contagi che, molto spesso, avvengono fuori dalle scuole?».
Insomma, siamo alle solite, a due anni dall’inizio della pandemia. La scuola da tantissime famiglie non è più considerato un luogo sicuro, malgrado gli sforzi (enormi) di presidi e dirigenti che, da quasi due anni ormai, combattono una “guerra” a mani nude, senza troppi mezzi a disposizione e con un carico di promesse e progetti che solo in minima parte si sono realizzati.
«C’è una situazione un po’ particolare stamattina – ci dice Tiziana De Fazio, collaboratrice del dirigente del Liceo Classico F. Fiorentino di Lamezia – c’è un piccolo gruppo di alunni che è a casa, una decina, perché affetto da Covid. Io sono favorevole all’apertura almeno ché non si faccia una lockdown generale, per tutti, per almeno due settimane ma penso non sia possibile. Io lo ribadisco: la scuola è sicura, noi manteniamo il distanziamento, abbiamo tutti le mascherine Ffp2 e cerchiamo di tenere i ragazzi distanziati, rispettando le regole e le precauzioni del caso». (redazione@corrierecal.it)
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