CATANZARO Agli albori erano Sergio Abramo, Mimmo Tallini, Michele Traversa e Piero Aiello, poi nelle varie stagioni politiche qualcuno si è defilato e sono spuntati i rispettivi “delfini”, come Filippo Mancuso per Abramo, Wanda Ferro per Traversa e Baldo Esposito per Aiello, ma oggi questo schema è completamente saltato, nel senso che, dopo oltre 30 anni, il centrodestra di Catanzaro cambia pelle, volto e assetti. Tra il tramonto di alcuni big, la scalata di altri big, vendette piccole e grandi consumate dopo anni di coabitazione probabilmente mai idilliaca ma molto interessata, necessità di rinnovamento e paura di perdere il 12 giugno, lo schieramento che – a parte una parentesi di centrosinistra a nella seconda metà degli anni 2000 con il centrosinistra di Rosario Olivo – per almeno quattro lustri ha fatto il bello e il cattivo tempo a Catanzaro “pesando” anche sullo scacchiere regionale sta evaporando, se già non è evaporato. E questo il dato che consegna l’epilogo delle trattative per la scelta del candidato sindaco dopo l’Abramo quater, con il centrodestra che quasi in blocco – da Forza Italia alla Lega, dall’Udc con Fratelli d’Italia che però sembra anch’essa orientata in quella direzione – che ha abbracciato la candidatura a sindaco del docente universitario e giurista Valerio Donato, in campo con una proposta civica che però adesso ha anche una evidente connotazione politica, parecchio trasversale (con Donato ci sono anche un buon pezzo – quello ormai “fuorilegge” – del Pd e del centrosinistra catanzarese e pure i renziani di Italia Viva).
Un approdo che fino a qualche settimana fa aveva del clamoroso ma che oggi appare come la naturale conclusione di un percorso che i partiti del centrodestra hanno avviato da mesi, infittendolo nelle ultime settimane, dopo che, nella sua conferenza stampa di lancio della candidatura, Donato aveva lanciato un messaggio abbastanza chiaro, parlando di sua discesa in campo sollecitata anche da ambienti del centrodestra catanzarese e invitando al suo tavolo – citando il suo slogan elettorale – “tutti senza compromessi”, a parte Abramo e Tallini. Parallelamente il centrodestra, dimostrando un’inaspettata impreparazione rivelatrice di una decennale incapacità a costruire una nuova classe dirigente, ha incominciato a impantanarsi nelle sue tante contraddizioni, bruciando nomi di papabili e credibili candidati sindaco di bandiera in interpartitiche che hanno reso plastici gli scontri interni ai vari partiti, in particolare a Forza Italia, attraversata dal durissimo braccio di ferro tra il coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori e il coordinatore provinciale Mimmo Tallini, che alla fine ha lasciato i berlusconiani. In più, a sfarinare la compattezza della coalizione il progressivo distacco delle sigle civiche riconducibili a “punte” dello schieramento come Esposito e Sergio Costanzo e delle sigle riconducibili ai vari “capi elettori” – in genere consiglieri comunali – detentori del capitale più prezioso sulla piazza di Catanzaro – i pacchetti di voti che servono a fare massa e a vincere le elezioni – ma terrorizzati dal rischio di perderlo a causa dell’impasse della coalizione, ritenuta anticamera di una rovinosa sconfitta alle urne tra poco più di due mesi.
La proposta di Donato si è così lentamente ma inesorabilmente insinuata nelle incertezze e in questo contesto di sfilacciamento del centrodestra, grazie alla decisiva spinta dell’Udc di Giovanni Merante, il primo a fare il nome di Donato ai tavoli della coalizione, infatti tutti puntualmente saltati. A ruota si sono via via allineati gli altri, con manovre di avvicinamento che hanno battuto anche la pista di Roma, alla ricerca dell’avallo dei leader di partito: si dice a esempio che Filippo Mancuso, presidente del Consiglio regionale e plenipotenziario della Lega, abbia esposto a Matteo Salvini l’impraticabilità del campo del centrodestra a Catanzaro prospettando l’opzione Donato, non ricevendo disco rosso da Salvini. Lo stesso sarebbe avvenuto in casa Udc, Forza Italia e con il Cdu di Mario Tassone. Decisiva (anche) l’abiura – astiosa – di Donato al Pd (che a sua volta l’ha definito “traditore”). Quanto a Fratelli d’Italia, la coordinatrice regionale Wanda Ferro oggi non ha seguito a ruota Lega e Forza Italia, facendo però capire che la candidatura di Donato ha un evidente appeal soprattutto sul piano della qualità del profilo e che comunque l’obiettivo prioritario resta l’unità del centrodestra: in soldoni, i meloniani – riferiscono fonti accreditate – attenderebbero solo l’ok formale (e comunque sostanziale) del partito nazionale per posizionarsi definitivamente laddove già si sono posizionati gli alleati. Si tratterà poi di vedere se e chi, dei partiti “ufficiali” del centrodestra, schiererà il proprio simbolo alle Comunali al fianco di Donato.
È evidente, comunque, che a questo punto la partita di Catanzaro assume un risvolto e un significato politico che supera i confini del capoluogo. Secondo la maggior parte degli analisti non ci dovrebbero ripercussioni su scala regionale: non manca chi ha evidenziato il silenzio e anche l’attendismo mantenuto finora dal governatore Roberto Occhiuto sulle trattative catanzaresi, ma il via libera alla candidatura di Donato da parte del suo partito, Forza Italia, con tanto di “firma in calce” di Mangialavori che con Occhiuto ha un asse fortissimo, sotto questo aspetto è abbastanza indicativo ed eloquente. Ma l’operazione Donato ha anche un effetto che si può definire storico, perché alla corte del docente universitario il centrodestra si presenterà senza i due big che hanno finora dettato legge a Catanzaro: Sergio Abramo e Mimmo Tallini. È stato lo stesso Donato a porre il veto su Abramo e Tallini, che infatti si sono accapigliati con il candidato sindaco in un’aspra e velenosa polemica. E ora in tanti si chiedono cosa faranno da “grandi”. Dai “bene informati” Tallini viene dato in marcia di avvicinamento sul piano partitico a Noi con l’Italia e sul piano elettorale al presidente dell’Ordine degli avvocati Antonello Talerico, candidato sindaco civico che Tallini ha provato a piazzare con il centrodestra (trovando il niet insormontabile di Mangialavori) e che a questo punto potrebbe fare da ago della bilancia al primo turno. Più misterioso sembra Abramo, oggi a Coraggio Italia, neonata forza politica però già abbastanza fibrillante (e Abramo, vicino al sindaco di Venezia Brugnaro, sembra attestato sulla linea più fragile del partito). Per Abramo e Tallini dunque si aprirà – se si aprirà – una nuova pagina, fuori ormai dal centrodestra, del “nuovo” centrodestra che a Catanzaro scommette su Donato, che a sua volta scommette su sé stesso e sul centrodestra. Una scommessa non priva di incognite e contraddizioni, perché un dato appare indiscutibile: con Donato non ci saranno più Abramo e Tallini ma sicuramente ci saranno tanti esponenti del centrodestra, di prima, seconda e terza fascia, che comunque per anni e anni hanno seguito Tallini ed Abramo (e in alcuni casi hanno amministrato con Abramo) e che ora coabiteranno con spezzoni di Pd e di centrosinistra in quella che è a tutti gli effetti la più classica “grosse koalition”, dai contorni in effetti piuttosto indistinti. C’è anche chi già si azzarda a quantificare un possibile numero delle liste a sostegno del docente Umg (si parla di una decina di liste tenendosi persino bassi…) ventilando già il rischio di un sovraffollamento ingovernabile. Un rischio che a questo punto solo Donato potrà scongiurare. (redazione@corrierecal.it)
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