CATANZARO Tra le numerose estorsioni contestate nell’ambito dell’indagine “Jonica” – condotta dalle Fiamme gialle di Crotone e coordinata dalla Dda di Catanzaro – ve n’è una imputata al capo cosca Alfonso Mannolo, 83 anni, il quale avrebbe costretto la vittima, attraverso minacce di morte rivolte allo stesso e ai suoi familiari, a consegnargli un immobile a Botricello. Alfonso Mannolo avrebbe usufruito, dell’immobile, dove si recava «per incontrare alcune amanti», senza pagare neanche le utenze elettriche ed idriche o qualsivoglia tassazione o spesa. L’estorsione sarebbe andata avanti dal 2015 al 2019.
La vittima è stata sentita dagli inquirenti e ha raccontato «di aver più volte cercato di persuadere bonariamente a regolarizzare la situazione, quantomeno accollandosi le spese delle utenze ma il Mannolo aveva sempre tergiversato, fino a quando, nell’estate del 2018, l’uomo, oramai esasperato, quando il Mannolo si era nuovamente presentato pretendendo la consegna delle chiavi, gli aveva risposto che non intendeva più sottostare alle sue pretese». Una risposta che il capo cosca non volle assolutamente accettare, facendo «leva sulla sua notoria fama mafiosa (“tu lo sai con chi stai parlando”), peraltro perfettamente nota al Pisano, lo aveva gravemente minacciato, dicendo che avrebbe ucciso lui e tutta la sua famiglia: “bastardo e cornuto… come cazzo ti permetti a parlarmi così? tu lo sai con chi stai parlando? Io ti faccio ammazzare a te e tutta la famiglia tua” e, dopo aver detto questo, si allontanava senza farsi più sentire per diversi giorni».
Questo aveva gettato la vittima in uno stato «di prostrazione, temendo fortemente per la sua incolumità, fino a quando, dopo alcune settimane, il Mannolo si era di nuovo presentato dal Pisano e, come se nulla fosse successo, aveva richiesto ed ottenuto le chiavi dell’appartamento». Da quel momento l’uomo «non aveva avuto più il coraggio di opporre rimostranze di sorta al Mannolo che, fino al suo arresto, aveva continuato ad utilizzare a suo piacimento l’appartamento senza alcun corrispettivo».
Agli investigatori che lo hanno ascoltato, e che durante le indagini di Malapianta avevano scoperto che Alfonso Mannolo usava quel luogo come «alcova per le sue amanti», la vittima ha raccontato di avere acquistato l’appartamento nel 2000, un rudere da ristrutturare, e di avere l’intenzione di fittarlo. È accaduto però che nel 2015 viene contattato da un suo conoscente: «Mi invita a raggiungerlo spiegandomi che una ragazza era intenzionata ad affittare l’immobile. Riferì che l’appartamento era libero e pertanto fissammo un appuntamento di fronte all’immobile. Arrivai lì e trovai effettivamente una ragazza di origini dell’est Europa in compagnia di un’altra persona che riconobbi immediatamente essere Alfonso Mannolo. Stupito dalla presenza di quest’ultimo rimasi perplesso. Iniziò a parlare il signor Alfonso, il quale mi chiese se lo avevo riconosciuto. Naturalmente risposi di si. Senza indugio mi disse che l’appartamento serviva alla ragazza in sua compagnia che definiva sua amica. Mi spiegò anche che la ragazza doveva lavorare presso un bar di Botricello. Per tale ragione mi chiese se potevo fittarle l’appartamento. Concordammo verbalmente un prezzo di 150,00 euro mensili che da quanto compresi avrebbe dovuto pagare la ragazza in quanto occupante dell’immobile. Stabilimmo di incontrarci per definire il contratto di fitto». Ma la vittima non vide mai un euro. «A distanza di quindici giorni la ragazza ritornò da me e mi riconsegnò le chiavi giustificandosi che non poteva mantenere l’appartamento in quanto non aveva trovato lavoro. Trascorsa una settimana circa da tale evento, si presentò al mio cospetto Alfonso Mannolo, il quale mi chiede nuovamente la disponibilità dell’appartamento. Mi disse che gli serviva in quanto doveva incontrare una donna e voleva rimanere in intimità. Cercai di dissuaderlo. Gli dissi che l’appartamento lo stavo per fittare e che avendo speso dei soldi intendevo metterlo a reddito. Si risentì palesemente. Già in quel primo incontro mi fece capire che non accettava rifiuto. In quella occasione non mi minacciò in modo esplicito ma fu perentorio sul fatto che gli avrei dovuto dare l’appartamento. La frase che usò fu “ma tu lo sai chi sono io?”. Sperando di risolvere il problema, più che altro nella convinzione che la richiesta fosse estemporanea, acconsentii a dargli le chiavi dell’appartamento. Da quel momento iniziò un vero e proprio calvario. Mi riportò le chiavi e mi disse che in futuro gli sarebbe servito nuovamente e glielo avrei dovuto dare. Ribadisco che utilizzò il verbo “dovere”. In sostanza mi fece intendere che non avevo scelta e avrei dovuto consegnare le chiavi ogni qualvolta gli sarebbero servite. Compresi subito di essermi messo in una situazione da incubo»
Esasperato, nel 2018 l’uomo decide di ribellarsi e affronta Alfonso Mannolo: «ma voi come cazzo lo vedete il mondo? Posso stare in questa situazione? Quanto può durare questa situazione? Io non posso pagare anche le bollette per voi», gli dice. Mannolo cambia espressione. «Rimase in macchina – racconta la vittima – e mi rispose con delle frasi che ancora ricordo con esattezza: “Bastardo e cornuto …come cazzo ti permetti a parlarmi cosi? Tu lo sai con chi stai parlando? Io ti faccio ammazzare a te e tutta la famiglia tua”. Mi sono sentito gelare il sangue. Quella frase mi ha paralizzato sul momento. Io sebbene spaventato a caldo ho cercato di ribattere. Mannolo mi parlava sopra. Dopo alcune frasi che non ricordo con esattezza ma il cui tenore era simile alle precedenti, Mannolo mise in moto e andò via. Quel giorno compresi che non avevo alcuna via di uscita, anche perché a caldo, nel momento della discussione io riposi, ma dopo le sue parole mi tornarono in mente». Solo con l’arresto di Alfonso Mannolo, nell’operazione “Malapianta”, grazie alle denunce di imprenditori come Giovanni Notarianni, l’uomo dice di essersi sentito liberato. «Per me è stata la fine di un incubo». Oggi questa estorsione mafiosa viene contestata al capo cosca che pretendeva di avere un’alcova senza pagare. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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