Ieri doveva essere il primo di tre giorni di cessate il fuoco annunciati dalla Russia per permettere i corridoi umanitari da Azovstal. Ma nell’acciaieria-bunker gli scontri tra le forze assedianti e gli ultimi difensori ucraini di Mariupol non si sono mai fermati. “L’assalto continua. I difensori mantengono il controllo della fabbrica sotto pesanti bombardamenti. Il nemico usa aerei, artiglieria e fanteria”, ha riferito in serata il reggimento Azov, denunciando le promesse tradite dal Cremlino. Che, però, assicura che l’ordine sulla tregua resta in vigore e i corridoi “funzionano”. L’Onu annuncia che un suo convoglio dovrebbe arrivare oggi (venerdì) alla fabbrica per evacuare i civili. “La Russia è ancora pronta a garantire un’uscita sicura dei civili”, ma “le autorità di Kiev devono ordinare” ai militari “di arrendersi”, ha detto il presidente Vladimir Putin in una telefonata con Naftali Bennett, organizzata per gettare acqua sul fuoco delle polemiche scatenate dalle parole del ministro degli Esteri Serghei Lavrov sulle presunte origini ebraiche di Hitler, per cui, secondo l’ufficio del premier israeliano, il leader di Mosca si è scusato. “A partire da ora – ha detto il consigliere del sindaco Petro Andriushchenko – se c’è un inferno nel mondo è ad Azovstal. Gli ultimi 11 chilometri quadrati di libertà a Mariupol sono stati trasformati in un inferno”. Il controllo sullo stabilimento appare ormai cruciale per i destini della guerra, considerato il valore strategico e simbolico. L’acciaieria, ha spiegato un consigliere del ministro della Difesa di Kiev, Yuriy Sak, è diventata la “priorità numero uno” per la leadership politica e militare dell’Ucraina, che conferma la resistenza. Verso l’impianto è comunque diretto un convoglio dell’Onu, atteso nelle prossime ore nella speranza di riuscire a organizzare nuovi corridoi, mentre 344 civili evacuati in precedenza da Mariupol sono arrivati a Zaporozhzhia.
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