LAMEZIA TERME La premessa è stata quella che «le camere penali calabresi e le camere penali italiane sono contro la criminalità organizzata, senza se e senza ma». Altra premessa: la ricerca di un dialogo con la magistratura anche se, da quanto è stato detto «i magistrati si sottraggono» a questo dialogo.
Fatto tale prologo, l’incontro che si è tenuto a Lamezia Terme questa mattina dal titolo “A tutela della libertà dei cittadini” , organizzato dal coordinamento delle camere penali calabresi, non ha avuto toni esattamente concilianti. Si è parlato, davanti a un pubblico di 70 persone circa, di «magistratura soffocata dal metodo staliniano che abbiamo in Calabria», del processo Rinascita come «summa delle storture della malagiustizia», si è parlato di «potere esercitato sulla società, sull’economia, sulla politica da questo asse di ferro costituito da procure distrettuali, forze di polizia, informazione», si è addirittura fatto cenno a «cene tra pm e giudici che deve decidere la causa». Nessun nome proprio di persona è stato fatto, niente di specifico, solo coordinate disseminate qua e là e soprattutto specifici e caustici riferimenti al maxi processo Rinascita-Scott. Ma procediamo con ordine.
Tra i primi interventi c’è stato quello dell’avvocato, decano dell’ordine, Armando Veneto il quale ha esordito: «Sono da considerare tra gli spregevoli (il riferimento è a una recente condanna a 6 anni per corruzione in atti giudiziari aggravata dal metodo mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) ma sono certo che questa è una qualifica provvisoria». «Assistiamo – dice Veneto – a una difesa d’ufficio da parte di un gruppo numeroso in Anm che è l’area che ha preso le difese di tutti senza voler comprendere se i penalisti calabresi sono quelli che si sono agitati più di ogni altro per rimuovere l’acqua stagnante. Non si vuol capire che c’è qualcosa che non va in Calabria e si alza lo spettro della difesa corporativa». L’avvocato la giudica una sfida contro la quale è necessario armarsi e difendersi «perché non possiamo stare quieti». Secondo Veneto l’avvocatura ha chiesto un confronto con i magistrati, «un confronto che non c’è stato, fino a oggi, e che non ci sarà ancora ulteriormente perché sono talmente chiare le nostre idee e le pretese che avanziamo, che non è necessario spiegare ulteriormente il contenuto. E qui sorge un problema, non abbiamo con chi conversare. Perché si sottraggono i magistrati». Poi l’attacco al processo Rinascita-Scott «un processo che avrebbe dovuto togliere la ribalta anche a Giovanni Falcone». «Un processo formato da 16mila pagine, 388 volumi, che dura ormai da 230 udienze, del quale non si conosce il numero degli imputati perché questo processo è costituito dalla riunione di 136 procedimenti, con la presenza di tre avvocati che assumono le competenze di circa 250 avvocati che però non frequentano quel processo perché non è frequentabile. Non si può pretendere che un avvocato chiuda uno studio per due anni e mezzo. E chi non l’ha pensato prima ha attentato ai diritti della difesa». Lungo scroscio di applausi.
Giuseppe Aloi, presidente della camera penale di Vibo ha detto che qui in Calabria «a prendere posizione per il processato, per i diritti dei cittadini si rischia di essere accomunati alla mafia, alla ‘ndrangheta. La paura in tutti noi è che alzare la voce o non girarci dall’altra parte significa essere conniventi». Secondo Aloi la Calabria «da troppe parti della magistratura è stata vista come un territorio di battaglia, quasi, come ha scritto qualcuno, come una riserva di caccia dove è facile fare carriera a discapito del cittadino». «Tutti – ha ribadito Aloi – abbiamo assistito gente che non pensava mai di finire in un processo di mafia con 500 imputati, con contestazioni gravi». Il riferimento è al processo Rinascita-Scott, istruito dalla Dda di Catanzaro contro le cosche del Vibonese e le loro ramificazioni, che si sta svolgendo davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia nell’aula bunker di Lamezia Terme. Un processo che viene definito «la summa delle storture della malagiustizia». Infine Aloi ha affermato che sui magistrati «la porta noi l’abbiamo lasciata sempre aperta» e ha invocato pari dignità con i magistrati e «privilegiare il rapporto con i giudici».
Il discorso di stringere un rapporto, un dialogo, con i magistrati giudicanti torna spesso nel corso delle due ore e mezza del convegno. «Noi dobbiamo pretendere un giudice terzo – dice Aloi – noi pensiamo che qui nel nostro Distretto, nel Distretto di Catanzaro, i giudici siano tranquilli? Ce lo possiamo dire in maniera sincera? Pensiamo che il giudice possa essere tranquillo a giudicare con serenità un processo di mafia? No. Bisogna ripartire da questo: rivendicare maggiore autonomia del giudice perché è in quella maggiore autonomia che si desta la nostra libertà».
Anche Gian Domenico Caiazza, presidente della giunta dell’Unione camere penali, ha ribadito l’importanza di cercare un dialogo con «la magistratura in generale» e «con i magistrati delle giudicanti», affermando che «la situazione di debolezza del difensore è la situazione di debolezza del giudice. Noi siamo legati allo stesso destino». «Occorre dire con chiarezza – ha proseguito Caiazza – che l’avvocatura reagisce, protesta, combatte perché vuole un giudice forte. Noi vogliamo un giudice indipendente dalle Procure. (Di nuovo applausi). «Quello che non funziona nel sistema è questo».
I toni a tratti, senza fare mai nomi, sono stati duri e davvero poco concilianti. Si è affermato che «finché viene esercitato potere sulla società, sull’economia, sulla politica da questo asse di ferro costituito da procure distrettuali, forze di polizia, informazione che propaganda le tesi di questi blocchi di potere – ha detto Giuseppe Milicia, presidente della camera penale di Palmi –, potrà spuntare sempre, è successo a noi fino a pochi anni fa, un gestore spregiudicato dell’emergenza calabrese. Perché noi lo abbiamo avuto a Reggio Calabria e ha prodotto macerie che non sono ancora rimosse dal terreno. Lo avete voi a Catanzaro in questo momento. Un gestore spregiudicato dell’emergenza». Chi sia questo gestore spregiudicato dell’emergenza non è dato sapere. «In questa situazione c’è poco da stare tranquilli – ha aggiunto Milicia – rispetto al fatto che sia sopita in un territorio piuttosto che in un altro». A queste parole si è associato l’avvocato Valerio Murgano, coordinatore delle camere penali calabresi, il quale ha sottolineato come non sia stato un caso che sia avvenuta a Catanzaro l’inaugurazione dell’anno giudiziario delle camere penali e la giornata di oggi sia stata organizzata a Lamezia Terme.
Murgano ha anche affermato che «purtroppo credo che sia un discorso di approccio culturale. Cioè con questa gente io credo che sia difficile, impossibile dialogare. Quindi noi dobbiamo portare alla luce quella magistratura libera, indipendente che oggi è soffocata da questo metodo staliniano che abbiamo in Calabria. Il punto – ha aggiunto Murgano – non è solo numerico. Certamente loro sono organizzati, sono un esercito. E non sono solo i 37/38 della Dda di Catanzaro, è tutta la pg (polizia giudiziaria, ndr) che hanno alle spalle. È tutto l’apparato, pubblico e segreto, e la stampa che non a caso, al di là dell’agguato di Rai3, oggi ha disertato l’aula (non è proprio così, visto che il Corriere della Calabria era presente, ndr)».
«Siamo leggeri – ammonisce Antonello Talerico – perché non attiviamo i meccanismi formali non di difesa del singolo ma del sistema perché anche noi, siamo all’interno della Carta costituzionale. Qualcuno forse spesso se lo dimentica perché il diritto di difesa viene esercitato attraverso l’avvocatura non certo attraverso un pubblico ministero che la sera prima va a cena col giudice che deve decidere la causa. E quando andiamo in udienza dovremmo essere parti entrambi e parti non lo siamo, perché noi siamo una parte discriminata del processo. E se il difensore viene discriminato nel processo spesso non è colpa sua ma è colpa di un sistema che non reagisce più». Talerico invita a denunciare «per sollecitare l’intervento del Ministero. A Catanzaro è arrivato il momento di attivare meccanismi di controllo. Le ispezioni ministeriali spesso finiscono a tarallucci e vino». Il presidente del Consiglio dell’ordine distrettuale di Catanzaro afferma che «riusciamo a raccogliere anche in una settimana, tanti di quei provvedimenti anche contraddittori tra di loro, e a volte posso definirli anche disumani che vanno sia dall’applicazione della misura cautelare ma anche dal diniego di partecipare al funerale di un proprio caro perché sussistono pericoli inimmaginabili». E, a proposito di cene conviviali, altri denigrano il fatto che «non si è liberi nemmeno di andare a cena con qualcuno», riferendosi alla famosa cena a casa dell’avvocato Giancarlo Pittelli alla quale hanno partecipato i giudici Giuseppe Perri e Pietro Scuteri. Vicenda che è finita davanti alla prima commissione del Csm che dovrà decidere sull’ipotizzata incompatibilità ambientale per i due giudici.
Nel corso del convegno è stato più volte fatto un plauso al fatto che «Magistratura democratica a Reggio Calabria abbia aperto un tavolo».
«Reggio apre al dialogo, Catanzaro neanche risponde», è stato il commento.
Magistratura democratica ha diramato un comunicato nel quale «esprime la sua disapprovazione in merito alla decisione del coordinamento delle camere penali della Regione Calabria di astenersi oggi e domani dalle udienze. Secondo Md, infatti, lo sciopero degli avvocati «significa non comprendere che ci si trova in corrispondenza di uno snodo, in coincidenza del quale la chiusura deve cedere il passo all’ascolto, il contrasto al confronto, franco e leale”». Allo stesso tempo Md «propone alle camere penali del Distretto che oggi magistrati ed avvocati discutano delle ragioni dell’agitazione e, insieme, elaborino soluzioni, confrontandosi apertamente in una tavola rotonda, da tenersi al Tribunale di Reggio Calabria. Comprendendo che i tempi ristretti potrebbero risultare ostativi alla concretizzazione dell’iniziativa in questa fase, all’odierna proposta si unisce l’auspicio affinché, in un prossimo futuro, d’intesa vengano promosse altre occasioni per avviare un discorso sereno sullo stato della giurisdizione nel distretto, al di fuori di sterili slogan, artificiose faziosità ed inutili irrigidimenti». «Siamo ostinatamente aperti al confronto, – conclude la sezione reggina di Md – perché lo riteniamo strumento di crescita per tutta la giurisdizione distrettuale». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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