Primo embrione sintetico di topo con un cuore che batte
Nel gruppo di ricerca di Cambridge anche l’italiano Amadei. «Salverà vite umane»

PADOVA Ottenuto il primo embrione sintetico di topo che ha raggiunto lo sviluppo record di 8,5 giorni, con cervello e cuore battente: è un laboratorio vivente per capire il fallimento di alcune gravidanze e studiare malattie senza test animali.
Sono in corso esperimenti analoghi per ottenere embrioni umani, per studiare fenomeni eticamente impossibili da osservare negli embrioni naturali e per ottenere organi per i trapianti. La ricerca è pubblicata su Nature dal gruppo dell’Università di Cambridge diretto da Magdalena Zernicka-Goetz, con Gianluca Amadei e Charlotte Handford, di Cambridge e del Caltech; Amadei è anche all’università di Padova.
Lo stesso gruppo di ricerca nel 2017 aveva ottenuto il primo embrione sintetico a partire da cellule staminali embrionali. Anche allora era un embrione di topo, ma non era in grado di percorrere tutte le fasi dello sviluppo. In questo nuovo esperimento è stata utilizzata una combinazione di cellule staminali embrionali, cellule della struttura necessaria al nutrimento dell’embrione (trofoblasto) e cellule extra-embrionali (ETiX), tutte di topo. La grande differenza, rispetto al 2017, è nel fatto che i ricercatori sono riusciti a far dialogare le cellule fra loro, in modo che si assemblassero in modo spontaneo, senza la necessità di stimoli esterni.
La tecnica
L’embrione si è sviluppato per otto giorni e mezzo, dando origine a una struttura complessa e differenziata che comprende alcune regioni del cervello, il tubo neurale che dà origine al sistema nervoso, una struttura simile a un cuore in grado di battere e un’altra simile all’intestino. In questo vero e proprio laboratorio vivente in miniatura, i ricercatori hanno anche dimostrato di poter riprodurre le caratteristiche osservate nei cosiddetti topi di laboratorio knockout, ossia privati di un gene allo scopo di studiare caratteristiche fisiologiche o le cause di malattie.
«Potranno salvare in futuro tante vite»
Nel frattempo, riferisce il California Institute of Technology (Caltech), lo stesso gruppo di ricerca sta lavorando a un modello di embrione umano analogo a quello di topo appena ottenuto e l’obiettivo è riuscire a comprendere passaggi cruciali dello sviluppo embrionale altrimenti impossibili da osservare in embrioni umani reali. Se in futuro la tecnica sperimentata nei topi avrà successo anche con cellule staminali umane, dicono i ricercatori, si potranno costruire in laboratorio organi per i trapianti destinati ai pazienti in lista d’attesa. «Nel mondo ci sono tante persone che attendono anni per avere un trapianto», osserva Zernicka-Goetz. «Quello rende il nostro lavoro così entusiasmante è che le conoscenze che ne derivano potranno essere utilizzate per coltivare in futuro organi umani sintetici per salvare vite».
Coltivare organi, conclude, «aiuterebbe anche a capire meglio come sono fatti e a curarli in modo in modo più efficace».