«Il Gigante (Flachi Davide) è messo bene e ha delle belle amicizie… è uno che si fa valere… già ai tempi lo avevano arrestato perché era con suo padre (Pepè), gli hanno dato l’associazione perché prendevano le tangenti in tutta Milano. Lui è piccolino (di statura) però picchia di brutto e poi essendo il figlio di… la gente aveva paura». È il contenuto di un’intercettazione ambientale agli atti dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano e della Guardia di Finanza valorizzata dagli inquirenti per descrivere lo status di Davide Flachi, 43 anni, figlio dello scomparso “boss della Comasina” Pepè (nella foto), sottoposto a fermo insieme ad altre 12 persone con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, all’intestazione fittizia di beni, all’estorsione e alle truffe assicurative. «Prima lo rispettavano per il padre, ora per lui stesso», dice ancora intercettato un presunto uomo di fiducia di Flachi che nella banda si sarebbe occupato della gestione del trasporto della droga. E ancora: «È già tanto che entri ancora in Comasina ad abitare, hai capito? (…) ti piglio la testa e te la faccio volare pezzo di me… (…) metti le mani in tasca e pensi di farmi il lavoro a me. Io il lavoro lo faccio io a te e a tutta la tua settima generazione (…) vattene a lavorare e chiudi tutti i discorsi, tutti!»: con questi toni minacciosi inoltre Davide Flachi si sarebbe rivolto a Davide Volpe, 33 anni, e anche lui tra i 13 fermati nell’inchiesta milanese con al centro traffici di droga, detenzione di armi ed estorsioni con azioni intimidatorie. Nel decreto di fermo a Flachi vengono contestati diversi reati, tra cui il traffico di droga, e con l’aggravante del metodo mafioso (non ha in questa indagine la contestazione di associazione mafiosa, per cui è stato già condannato in passato). Di lui, come emerge da un’intercettazione del 2020, Antonino Chirico, un altro dei fermati, dice: «Quando uno è potente così la gente non esce di casa, ha paura … ma non di lui del gruppo … del nostro gruppo». Flachi, sulle orme del padre, come scrivono i pm, «è ben consapevole che è lui che comanda a Comasina». Il “confronto” con Volpe, come risulta da un’intercettazione captata nella carrozzeria di Cormano (sequestrata dalla Gdf), era terminato con un pestaggio da parte del presunto boss. «Ti brucio insieme a tutta la palazzina che hai qua dentro», è un’altra delle frasi intimidatorie pronunciate da Flachi che puntava ad acquistare un terreno, come si legge negli atti della Procura. (redazione@corrierecal.it)
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