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Adolfo D’ambrosio, la guida del “Gruppo” dedito (anche) alle estorsioni

«Degli amici non ci si dimentica», sussurra il vertice del sodalizio rendese ad un imprenditore a cui viene imposto il pizzo

Pubblicato il: 09/09/2022 – 6:35
di Fabio Benincasa
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Adolfo D’ambrosio, la guida del “Gruppo” dedito (anche) alle estorsioni

COSENZA Nella ricostruzione della gerarchia dei sette gruppi egemoni nell’hinterland cosentino, gli investigatori impegnati nell’inchiesta “Reset”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, hanno pochi dubbi: al vertice del “gruppo” D’Ambrosio si colloca Adolfo D’Ambrosio individuato come «organizzatore e promotore dell’associazione di ‘ndrangheta». Usura, estorsioni, esercizio abusivo del credito, traffico di sostanze stupefacenti, sarebbero questi gli affari trattati direttamente dal capo del sodalizio composto da una folta schiera di sodali.

La scarcerazione di Adolfo D’Ambrosio

Dal giorno stesso della sua scarcerazione, datata 13 luglio 2019, Adolfo D’Ambrosio avrebbe organizzato e tenuto riunioni di ‘ndrangheta «per impartire direttive ai sodali sui rapporti da mantenere con gli appartenenti alle altre articolazioni della medesima associazione ed in ordine ai reati da perpetrare sul territorio». E’ lui stesso, per chi indaga, a dirigere l’esecuzione dei reati, «spesso incontrando ed affrontando direttamente le vittime che contatta, per intimorirle o percuoterle». D’Ambrosio è un moto perpetuo, oltre alle estorsioni si occupa – per l’accusa – anche di organizzare attività volte all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti assicurando gli introiti destinati ad implementare la “bacinella” comune dell’associazione criminale. E chi finisce in carcere gode di un “mantenimento“, elargito dallo stesso vertice dell’omonimo gruppo. Quando Adolfo si trova in carcere, è il fratello Massimo a “reggere” le redini del sodalizio. Secondo la Dda, d’accordo con il fratello Adolfo, è Massimo D’Ambrosio a favorire «in prima persona, l’ingerenza illecita del suo gruppo criminale nella competizione elettorale di maggio 2019 per l’elezione del Sindaco di Rende, a vantaggio del candidato Marcello Manna». Il ruolo di intermediario nel presunto gruppo criminale è assunto da Ivan Montualdista che la Dda ritiene «un insostituibile intermediario e latore di messaggi e “imbasciate” funzionali a mantenere i rapporti con i referenti delle altre articolazioni dell’associazione».

Denaro, pizzo e intimidazioni

Gli investigatori nell’approfondire il modus operandi del gruppo riferito a D’Ambrosio, scoprono i lati oscuri della forza intimidatrice utilizzata per piegare i commercianti vittime di estorsione. I metodi sono i “soliti”: il posizionamento di bottigliette incendiarie e di bossoli dinanzi agli esercizi commerciali e le successive telefonate dal contenuto minatorio. Gli uomini vicini al clan si sarebbero recati «a riscuotere i proventi illeciti dei reati di estorsione, di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, di usura». In uno dei tanti episodi citati nell’inchiesta, gli investigatori intercettano la richiesta estorsiva di D’Ambrosio nei confronti di un imprenditore. «Degli amici non si dimentica. Da quando sei diventato milionario… non ti dimenticare…vieni a trovare pure a me», dice il vertice del sodalizio rivolgendosi al suo interlocutore. In un’altra circostanza, Adolfo D’Ambrosio, insieme a Massimo D’Ambrosio, Fabio Ciranno, Ivan Montualdista e Gianluca Campolongo avrebbe costretto i referenti di una società con sede a Cosenza a consegnargli, «per il mantenimento della tranquillità nella gestione della predetta attività», somme di denaro pari a circa 3.000 euro su base mensile. E’ sempre Adolfo D’Ambrosio, insieme a Montualdista e Ciranno a recarsi all’ingresso di un supermercato dove avrebbe posizionato una busta contenente al suo interno alcune cartucce calibro 12 ed un foglio riportante la frase intimidatoria «mettetevi a posto». Al pizzino è seguita la “solita” telefonata, questa volta, da parte di Ciranno. Che rivolgendosi al responsabile del punto vendita avrebbe detto: «Cerca di metterti a posto!».

C’è chi dice no

Non tutti cedono dinanzi alla prepotenza del gruppo. C’è chi dice no, chi si ribella e denuncia tutto alle forze dell’ordine. E’ il caso di un tentativo di estorsione perpetrato ai danni di una farmacia rendese. I membri del sodalizio, posizionano davanti all’esercizio commerciale un messaggio simbolico intimidatorio chiedendo di «regolarizzare» la posizione, accanto una busta di plastica contenente cartucce calibro 12. La vittima non ha assecondato le richieste e anzi denuncia tutto alle forze dell’ordine. Un atro tentativo a vuoto, il sodalizio lo registra con un negozio di abbigliamento al quale viene intimato, con le stesse modalità utilizzate per la farmacia, il pagamento del pizzo.

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