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l’intervista

Dalila Nesci: «In Calabria senza interventi concreti si rischia la catastrofe»

La sottosegretaria per il Sud elogia Draghi: «La Calabria ha avuto più di mezzo miliardo». E tra le proposte, «l’antimafia nelle scuole e il Taglia Bollette»

Pubblicato il: 15/09/2022 – 11:26
di Emiliano Morrone
Dalila Nesci: «In Calabria senza interventi concreti si rischia la catastrofe»

LAMEZIA TERME Da Parlamentare della Repubblica, eletta nella lista del Movimento 5 Stelle in Calabria dal 2013, Dalila Nesci si è occupata di tutela del risparmio privato, lotta all’usura bancaria, gestione dei rifiuti, antimafia e di libertà dell’informazione e di diritto alla salute. La sottosegretaria per il Sud e la Coesione territoriale nel governo Draghi, dopo aver lasciato i Cinquestelle e seguito Luigi Di Maio aderendo ad Impegno Civico, è candidata nel collegio uninominale di Vibo Valentia per la Camera dei deputati.

Sottosegretaria, lei ha la delega per il Sud ed è l’unico rappresentante del governo in carica che proviene dalla Calabria. Quali iniziative ha portato avanti per la regione e quali sono le questioni principali su cui ritiene che si debba ancora lavorare?

Da sottosegretaria di Stato ho lavorato senza sosta, portando in Calabria circa 230 milioni con il Contratto istituzionale di sviluppo denominato “Svelare bellezza”. Con questa somma enorme, abbiamo finanziato ben 110 progetti in grado di valorizzare le risorse territoriali di natura, cultura e tradizioni. È un risultato concreto e collettivo, che ha visto insieme il governo, i sindaci e i Comuni: sia per favorire la creazione di lavoro vero che per sostenere i territori; anche le aree più piccole e periferiche, in passato dimenticate nonostante i loro bisogni e la loro dignità. Noi abbiamo impegnato i fondi disponibili, ma la misura, lo dico per amore di verità, può essere replicata. Ancora, in prima persona ho contribuito molto a blindare, a favore del Sud, il 40 per cento delle risorse del Pnrr. Inoltre, mi sono battuta per la sanità calabrese, che dunque ha ricevuto 180 milioni in tre anni per l’assunzione di medici, infermieri e Oss; per investire nella prevenzione e nella specialistica; per programmare l’uscita dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario. Purtroppo, per puro egoismo e calcolo elettorale, Conte, Salvini e Berlusconi hanno interrotto il nostro lavoro e il governo può solo sbrigare gli affari correnti. Dopo le elezioni del 25 settembre, si dovrà proseguire il cammino avviato. Per questo servirà un esecutivo come quello uscente, cioè capace di garantire al Sud, e in particolare alla Calabria, il riscatto che merita. Bisogna lavorare ancora su molti fronti: servizi, diritti, opportunità. Ma è altrettanto necessario un cambio di mentalità. La Calabria ha bisogno di tre cose: infrastrutture, una No Tax Area e, soprattutto, una rappresentanza che sappia difendere gli interessi del territorio.

Parliamo di sanità. Di recente è scoppiata la polemica sull’annunciato arrivo di medici cubani. Che cosa si può fare per la tutela della salute dei cittadini calabresi, spesso costretti all’emigrazione sanitaria?

Il tema è cruciale. Ricordo che in grande solitudine feci emergere, già nel 2015, la necessità di assumere personale per il rispetto della legge sui turni e i riposi obbligatori, dolosamente approvata dopo 11 anni dall’entrata in vigore della direttiva europea in questa materia. La sanità si fa in primo luogo con i medici, gli infermieri e gli Oss. Come governo, per l’assistenza sanitaria territoriale abbiamo stanziato più di 300 milioni in favore della Calabria. La vicenda dei medici cubani conferma che resta il problema della carenza di figure professionali. Vanno fatti i concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato. Nel contempo bisogna riflettere seriamente e intervenire sulle cause del problema: contratti e condizioni spesso sconvenienti; frequente assenza di meritocrazia, fenomeno che allontana tanti professionisti, anche calabresi; inadeguatezza dei criteri vigenti di determinazione del fabbisogno di personale; prevalenza di rendite di potere nella dirigenza sanitaria locale; diffuse commistioni tra sanità e politica; instabilità del management, cui andrebbero assicurati il tempo giusto e gli strumenti operativi; scollegamento tra formazione universitaria e accesso ai ruoli della sanità pubblica. Bisogna correggere queste distorsioni e, come ho già proposto, incentivare i medici e le altre figure che intendano lavorare nelle aree a bassa densità abitativa, o comunque disagiate, con uno stipendio più alto e uno specifico inquadramento contrattuale. La migrazione sanitaria si riduce con la qualità dei servizi. A tal proposito, i primi passi indispensabili sono due: effettuare una ricognizione puntuale di ciò che esiste e di quanto serve, e premiare i risultati.

Riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, università, cliniche private. La Calabria paga un lungo immobilismo su questi temi? Come li declina, da sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei ministri delegata al Sud e alla Coesione territoriale?

A lungo rinviata, la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria è una riprova dell’immobilismo, spesso di comodo, che c’è stato in Calabria. Si tratta di un aspetto che non è di competenza del governo e del Parlamento, ma di cui è opportuno parlare. Auspico che dopo le elezioni ci sia un confronto serrato sul punto. Intanto con tutti gli addetti ai lavori, ogni volta costretti a subire le insufficienze e i paradossi delle reti assistenziali, da riprogettare insieme. L’università ha un ruolo fondamentale, ma bisogna dare strumenti alle scuole di specializzazione e realizzare il Pronto soccorso nel policlinico universitario di Catanzaro. Lo dico senza polemica, è tempo di cambiare, di raggiungere la normalità. Rispetto alle cliniche private, va riequilibrato il loro rapporto con il pubblico. Si tratta, anche in questo caso, di questioni che non competono allo Stato. Tuttavia, la politica calabrese non può tirarsene fuori con pretesti e scusanti. Parliamo di priorità assolute, sistematicamente eluse.

Si parla poco e troppo del Pnrr, anche in questa campagna elettorale. Quanto può essere utile e che cosa ci aspetta, al riguardo, per il futuro?

Mi permetta una precisazione. Il Pnrr è stato messo a terra dal governo Draghi, che ne ha ottenuto l’approvazione e ha avviato le riforme necessarie all’attuazione del Piano, che ha l’obiettivo di superare la crisi provocata dalla pandemia; di consolidare l’agricoltura sostenibile e l’economia circolare; di privilegiare l’energia rinnovabile, l’idrogeno e la mobilità sostenibile; di assicurare l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici; di tutelare il territorio e garantire la risorsa idrica; di potenziare il Servizio sanitario attraverso la realizzazione di nuove strutture di assistenza territoriale, l’ammodernamento tecnologico, lo sviluppo dei sistemi digitali, gli interventi per la sicurezza degli ospedali e la formazione professionale. Le procedure e i tempi attuativi del Pnrr richiedono rapidità, capacità e concretezza. Perciò gli elettori dovrebbero valutare bene i candidati e i rispettivi progetti; soprattutto in Calabria, regione in cui incompetenza, clientele politiche, assistenzialismo e rapporti criminali tendono a prevalere sulla qualità dell’offerta politica.

Sull’alta velocità ferroviaria in Calabria ci sono contrapposizioni, dubbi, resistenze. Nello scorso luglio si è tornato a parlare del ruolo del porto di Gioia Tauro, nel dibattito sul potenziamento del trasporto ferroviario, anche in termini di capacità dei treni merci. Qual è il suo punto di vista sui progetti in corso e sulle prospettive per il futuro?

Credo sempre nella convergenza tra territorio e soggetti attuatori, che va costruita da una classe politica dotata di visione e capace di affrontare le sfide del futuro. I lavori per l’alta velocità ferroviaria sono giustamente finanziati con il Fondo complementare, altrimenti non ci sarebbe il tempo per completarli. Il Pnrr finanzia, invece, opere che vanno ultimate entro il 2026. Come governo abbiamo fatto grandi passi per il porto di Gioia Tauro, dal gateway ferroviario al cambio di rotta circa la gestione. Oggi il porto è modello di efficienza. Bisogna fare due cose: puntare sul trasporto ferroviario delle merci, spingendo per l’alta capacità in progetto; insistere sullo snellimento delle procedure, anche per la Zes, su cui abbiamo investito tanto. Vede, il porto di Gioia Tauro funziona molto bene. Se portiamo avanti il lavoro avviato, può funzionare ancora meglio. Il problema è la desolazione che c’è appena fuori dell’area portuale. Con la crisi prodotta dalla guerra della Russia, è probabile che l’Europa tiri fuori un altro piano come il Pnrr. Se fosse, bisognerebbe, nella prossima legislatura, lavorare sui punti di forza come il porto di Gioia Tauro e sui punti di debolezza come l’area circostante.

Di recente Lei ha preferito andare con il ministro Luigi Di Maio, consumata la scissione del Movimento 5 Stelle. Come, a suo avviso, il territorio calabrese è stato seguito nei tre governi della legislatura che volge al termine?

Ho scelto di seguire Luigi Di Maio perché Giuseppe Conte si era bloccato sul Pnrr, sull’emergenza sanitaria e sul Superbonus. Non aveva idea di come fare e infine ha preferito interpretare il ruolo di Masaniello, recitando la parte, costruita a tavolino, del difensore del popolo. La sua gestione del Movimento 5 Stelle, poi, ha chiuso la strada della meritocrazia, non soltanto all’interno dei gruppi parlamentari. In quanto alla strategia energetica, Conte ha sbagliato tutto, mentre sul piano economico ci aveva messo sotto il giogo di Cina e Russia. Queste cose non si leggono sui social, ma sono sempre riscontrabili. A livello territoriale, il leader M5S ha ignorato le nostre battaglie ed è venuto in Calabria soltanto per fare la star, stringere mani e collezionare selfie. Inoltre, Conte ha la responsabilità di scelte sbagliate, da me non condivise, sulla struttura commissariale per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario. Di Maio è stato presente nel territorio, invece. Per esempio a Catanzaro, a Lamezia, a Reggio, a Vibo e nella Piana di Gioia Tauro, tutte le volte che abbiamo posto questioni serissime: dalla sanità all’export, dalla lotta alla ’ndrangheta alla difesa di imprese e lavoratori. Inoltre, Di Maio ha fatto il ministro con visione, concretezza e autorevolezza, riconosciute anche all’estero. Con il governo Draghi la Calabria ha avuto più di mezzo miliardo, se considero soltanto il Contratto istituzionale di sviluppo e i finanziamenti del Pnrr per la sanità. Il governo Draghi ha fatto crescere l’economia e messo a posto i conti pubblici. Conte si è sovraesposto in tv e non ha inciso affatto, nonostante l’aura mediatica. Si tratta di due modi opposti di intendere il governo nazionale, e i risultati lo confermano.

Caro bollette e crisi economica. Quanto il problema può danneggiare l’economia e il futuro della Calabria? Come affrontarlo?

È il primo problema da risolvere. Noi lo sappiamo e lo diciamo; Conte, Salvini e Berlusconi, che hanno alimentato la crisi energetica ed economica con la loro spallata irresponsabile al governo, lo sanno ma tacciono. In Calabria il caro bollette può provocare una catastrofe, come ha avvertito l’imprenditore e testimone di giustizia Nino De Masi.  Il problema va affrontato con la misura immediata, già agli inizi di ottobre, del decreto Taglia bollette che noi proponiamo. Si tratta di un provvedimento che pone a carico dello Stato il pagamento dell’80 per cento dei consumi energetici. Noi pensiamo di accompagnare questa misura con l’azzeramento dell’Iva sui beni primari, generi alimentari e farmaci. Subito dopo ci vuole la fissazione di un tetto massimo al prezzo del gas. Chi non dice come intende fermare la crisi energetica non ha a cuore l’interesse dei calabresi.

Disoccupazione giovanile, emigrazione di intere famiglie, spopolamento. Sono tre fenomeni collegati e costanti. C’è, al riguardo, una «questione calabrese» da prendere in considerazione?

Sì, indubbiamente: c’è una questione calabrese da evidenziare e capire, da rappresentare e risolvere. Emigrare deve essere una libera scelta, non un obbligo causato dalla prevaricazione, dalla mancanza di opportunità e servizi e dalla diffusa repulsione per la meritocrazia. In Parlamento credo di essere stata la più convinta sostenitrice di quella che lei chiama «questione calabrese». Per questo il presidente Mario Draghi mi ha scelto come sottosegretaria e il presidente Sergio Mattarella mi ha conferito l’incarico. Prima avevo svolto un’intensa attività parlamentare di denuncia e di proposta. Mi ero molto occupata di sanità, legalità, trasparenza nelle amministrazioni pubbliche e lotta alla criminalità organizzata. Avevo denunciato abusi, condizionamenti e contraddizioni riguardo all’esercizio dei poteri pubblici. Tra l’altro, avevo presentato una proposta legislativa per dare più soldi alla sanità calabrese, sul presupposto che il criterio vigente di ripartizione del Fondo sanitario penalizza la nostra terra e in parte determina l’emigrazione sanitaria da 300 milioni all’anno, la quale comporta anche costi elevati per le famiglie che ricorrono ai cosiddetti viaggi della speranza. Avevo anche presentato una buona legge regionale, di iniziativa popolare, per ridurre le aziende del Servizio sanitario calabrese. Se fosse stata approvata anche con integrazioni e miglioramenti, oggi avremmo abbattuto gli sprechi e avuto meno difficoltà, in Calabria, nella gestione del personale sanitario e dei bilanci delle aziende pubbliche della salute, che continuano ad essere un grosso problema.

Criminalità, legalità, equilibrio tra i poteri dello Stato. Qual è oggi il livello della lotta alla ’ndrangheta e come si può intervenire, al di là della mera repressione?

Grazie alla, come la chiamo io, “riapertura delle Procure”, la lotta alla ’ndrangheta sta avendo evidenti successi. Tuttavia, c’è anche bisogno di interventi culturali. Nella precedente legislatura proposi una legge per portare l’antimafia nelle scuole. È indispensabile alimentare consapevolezza e coscienza sul tema. La lotta alla ’ndrangheta non si fa con gli slogan, ma si conduce con leggi di prevenzione e con leggi di repressione. Mi consenta, infine, un cenno ad un’altra mia proposta di legge, scritta per dare seguito al lavoro prezioso del presidente del Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Bella, e delle associazioni antimafia. La proposta si chiama «Liberi di scegliere» e mira a garantire una rete di protezione sociale e psicologica ai minori nati in famiglie legate ai contesti mafiosi. E, a proposito di minori, vorrei ricordare l’attività di tutela che ho a lungo svolto per i bambini e i ragazzi calabresi. Ci sono parlamentari che non hanno mai avuto rapporti con il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza. Io, può confermarlo Antonio Marziale, che ha ricoperto il ruolo per anni, sono stata al riguardo presente; intanto nel territorio.

Quali sono, dal suo punto di vista, gli elementi che distinguono il progetto politico di Impegno Civico, anche in rapporto al territorio e ai bisogni della Calabria?

Maturità politica, serietà, credibilità, capacità, competenze, storia di impegno civico e politico profondo, risultati conseguiti. Gli elettori sono molto più in gamba di quanto non si possa pensare. Chi vive e vede la realtà, in genere non perde tempo a sproloquiare e inveire sui social.

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