CATANZARO Trenta anni di reclusione per Umile Miceli, Giovanni Abbruzzese, Carlo Lamanna e Mario Attanasio. Otto gli anni di carcere inflitti ai collaboratori di giustizia Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna. E’ la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro (Presidente Caterina Capitò; a latere Domenico Commodaro, Cinzia Bascerano, Giovanna Caruso, Anna Maria Guercio, Assunta Anna Rosso, Teresa Parise, Settimio Tassone) nei confronti degli imputati ritenuti responsabili della morte di Francesco Marincolo alias “U Biondo”, ucciso a colpi di pistola la mattina del 28 luglio del 2004, a Cosenza. Il delitto venne firmato da Michele Bruni (deceduto) che vendicò la morte del padre ucciso anni prima davanti al carcere. Il procuratore generale Marzia Maffei aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado con la quale tutti i responsabili erano stati condannati alla pena dell’ergastolo. I destinatari del provvedimento – Umile Miceli, Giovanni Abbruzzese, Carlo Lamanna e Mario Attanasio – erano ritenuti, a vario titolo, responsabili anche del tentato omicidio di Adriano Moretti, ultimo atto della sanguinosa guerra di mafia combattuta a Cosenza tra il 1999 ed il 2000, fra i contrapposti clan Lanzino-Cicero e il gruppo dei Bruni “Bella bella”. L’accusa di tentato omicidio è caduta e riformata in lesioni gravissime. Nel collegio difensivo figurano, tra gli altri, gli avvocati Michele Gigliotti e Luca Acciardi.
Le ricostruzioni investigative e le dichiarazioni dei pentiti Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna, hanno contribuito a ricostruire ed accertare che ad esplodere i colpi mortali nei confronti di Marincolo, al momento dell’agguato a bordo della propria auto in via Lazio a Cosenza, fu Michele Bruni in sella ad una moto (risultata rubata) e guidata da Carlo Lamanna. Sull’auto della vittima, al momento dell’omicidio, si trovava anche Adriano Moretti (cognato del boss Gianfranco Ruà) raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco. L’omicidio Marincolo, pose fine alla sanguinosa guerra di mafia combattuta a Cosenza tra il 1999 ed il 2000, fra i clan Lanzino-Cicero e il gruppo dei Bruni “Bella Bella”. All’agguato mortale, firmato con il sangue, seguì la pax mafiosa stipulata tra i gruppi della mala cosentina: una stretta di mano che favorì l’equa spartizione dei proventi delle attività illecite.
x
x