«In ricordo di Pasqualino Perfetti»
Lunedì scorso mi è stata comunicata la scomparsa di Pasqualino Perfetti. La polarizzazione dell’attenzione, spesso spasmodica dell’opinione pubblica verso gli eventi bellici, la pandemia, il nuovo go…

Lunedì scorso mi è stata comunicata la scomparsa di Pasqualino Perfetti. La polarizzazione dell’attenzione, spesso spasmodica dell’opinione pubblica verso gli eventi bellici, la pandemia, il nuovo governo, dovrebbe avere, per un momento, valore recessivo di fronte alla scomparsa di un esponente di primo piano della politica regionale, provinciale, cittadina.
Un cursus honorum eccelso, Presidente dell’Ospedale Mariano Santo, Consigliere provinciale, Consigliere comunale, Presidente della Unità Sanitaria locale n. 9, Consigliere regionale, Assessore regionale, Componente nazionale Anci-Sanità.
L’ho conosciuto nel 1980, entrambi candidati al Comune di Cosenza, lui primo degli eletti, ed io quarto: da allora una grandissima amicizia fraterna, una comunanza di appartenenza politica nella D.C. e nella sinistra democristiana.
Una esaltante comune esperienza nell’attuazione della riforma sanitaria: è stato Presidente del Comitato di Gestione dell’U.S.L. n. 9 ed io componente, poi eletto nel Consiglio regionale della Calabria, ricoprendo più volte gli incarichi di Assessore regionale.
La quotidiana frequentazione al Comune, nell’USL, ed all’ANCI (il Comitato di gestione era una sorta di giunta con deleghe specifiche per le enormi competenze, comprendenti sia gli Ospedali che la medicina del territorio) mi ha fatto scoprire un amministratore di grandissima capacità manageriale, rigoroso ed instancabile, un oratore brillante, della scuola di Aldo Moro, Riccardo Misasi, ma anche un uomo generoso e solidale con i più deboli ed umili.
Avrei tantissimi episodi per ricordare la generosità di Pasqualino, il suo legame reiteratamente manifestato, con Rogliano, il suo paese di origine, con Messina, ove si è laureato, con Diamante ed Amantea, per la passione del mare, il suo amore incomparabile per Rita, la moglie e le figlie, il rapporto di grande affetto ma anche di ironico scambio dialettico e pungente con i qualificatissimi fratelli.
Amava l’eleganza nei modi, nel vestire, nell’eloquio, brillante, anche orgoglioso di sé, dei propri grandi meriti, delle proprie doti innate.
Herman Hesse diceva che “senza amare se stessi non è possibile amare neanche il prossimo”.