«Quel Vate antipatico e il capolavoro della pioggia»
Pare abbia amato quattromila donne nella sua vita. Pur essendo basso, brutto, senza denti e con un alito cattivo. Gabriele D’Annunzio vira ancora nella grande cultura del novecento con le sue contrad…

Pare abbia amato quattromila donne nella sua vita. Pur essendo basso, brutto, senza denti e con un alito cattivo. Gabriele D’Annunzio vira ancora nella grande cultura del novecento con le sue contraddizioni, la sua naturale antipatia, il narcisismo gigantesco che emanava, il torbido rapporto con un femminile da cui dipendeva in ogni estratto.
Abbruzzese, nato nel 1863,scrittore, drammaturgo, aviere, frontista, fiancheggiatore del fascismo che lo idolatrava e lo temeva, al punto di dargli un vitalizio pur di tenerlo lontano dalle stanze del potere.
Ad Eleonora Duse, la più grande attrice dell’epoca, che più tardi sarebbe diventata la sua amante e la sua finanziatrice, disse la prima volta che la conobbe di voler fare l’amore con lei. Stessa cosa tentò con Matilde Serao ma senza successo.
Inseguito costantemente dai debiti, migrante continuo tra il Vittoriale, Napoli e Roma, nel 1919 fece l’impresa di Fiume anticipando il nazionalismo del futuro regime.
Fu lui a unire greco e romano con il grido eja, eja alala che i fascisti presero in omaggio.
Tra il suo decadentismo e il futurismo il regime trasse linfa per legittimarsi culturalmente seppure D’Annunzio imparò a detestare (ricambiato) il Duce e il fascismo.
Fu sempre lui a promuovere una causa, poi persa, contro Eduardo Scarpetta reo di avergli plagiato la figlia di Jorio (memorabile la parodia bertiana ne il male oscuro della tragedia).
Ma fu sempre lui tra fine ottocento e inizi novecento a scrivere, in maniera spettacolare, una delle più belle poesie di sempre, La pioggia nel Pineto.
Dall’incipit: “Taci” imperativo di prolusione si esibisce in una commovente fusione tra uomo e natura, raffigurando in Ermione la compagna di questo viaggio.
Tutta la poesia, di ispirazione ovidiana, è una celebrazione dei suoni dei canti, del crepitio di verdure.
L’improvvisa pioggia estiva è la metamorfosi di un viaggio che egli compie insieme ad Ermione (la Duse) in una contemplazione dell’amore che raggiunge vette di naturalismo celestiale.
La favola bella è la conclusione di questo viaggio che si fonde con i ritmi della natura, ora sorpresa, ora vagante.
Quel finale altrettanto commovente: “su la favola bella che ieri mi illuse, che oggi ti illude, Ermione” sigilla un poema la cui bellezza, probabilmente per la figura stessa del Vate, non è sufficientemente valorizzata dalla scuola
Una di quelle poesie da imparare a memoria.
Anni dopo Montale ne farà una parodia, Piove, raccontando la miseria di un presente lontano dal trionfalismo di D’Annunzio
Per quanto legata all’olezzo del suo autore, la cui autocelebrazione è insostenibile, la pioggia nel Pineto è una pietra miliare della nostra cultura. E come tale vive nell’immortale silenzio della storia.
*Giornalista