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L’appello

Papa Francesco: «Non rassegniamoci, la pace è possibile in Ucraina»

Secondo il Pontefice si sta combattendo la Terza Guerra Mondiale. E all’Angelus invita: «Rimaniamo vicini a chi soffre»

Pubblicato il: 13/11/2022 – 14:12
Papa Francesco: «Non rassegniamoci, la pace è possibile in Ucraina»

ROMA Papa Francesco torna a ripetere che si va combattendo una Terza Guerra Mondiale, ma soprattutto esorta a non scoraggiarsi e a non farsi prendere dalla paura, senza cedere ai falsi messia del populismo. «Rimaniamo sempre vicini ai fratelli e alle sorelle della martoriata Ucraina. La pace è possibile, non rassegniamoci alla guerra», dice all’Angelus, dopo aver insistito sulla necessità di non farsi prendere dalla paura.
Giornata mondiale dei poveri, primo atto la messa celebrata a San Pietro. Il Vangelo parla del tempio che sarà distrutto, evoca scenari apocalittici. Ma il Pontefice preferisce ricordare anche che l’importante è avere il coraggio di essere se stessi, di ascoltare il grido flebile dei poveri e dei migranti. Di non correre dietro ai falsi profeti, tra i quali indica esplicitamente i populisti.
«Se la storia umana è costellata di eventi drammatici, situazioni di dolore, guerre, rivoluzioni e calamità, è altrettanto vero che tutto questo non è la fine», osserva e nota il Pontefice, «non è un buon motivo per lasciarsi paralizzare dalla paura o cedere al disfattismo di chi pensa che ormai sia tutto perduto e sia inutile impegnarsi nella vita».
Il discepolo del Signore «non si lascia atrofizzare dalla rassegnazione, non cede allo scoraggiamento nemmeno nelle situazioni più difficili».
L’importante «è non arrendersi, ma reagire. Il cristiano, allora, davanti alla prova – qualsiasi prova, culturale, storica o personale – si interroga: “Che cosa ci sta dicendo il Signore attraverso questo momento di crisi?”. Anch’io faccio questa domanda oggi: che cosa ci sta dicendo il Signore, davanti a questa terza guerra mondiale? Che cosa ci sta dicendo il Signore? E, mentre accadono fatti di male che generano povertà e sofferenza, il cristiano si chiede: ‘Che cosa, concretamente, io posso fare di bene?».
Insomma, «l’importante non restare vittime di quanto accade – il cristiano non è vittima e la psicologia del vittimismo è cattiva, ci fa male –, ma cogliere l’opportunità che si nasconde in tutto ciò che ci capita, il bene che è possibile, quel poco di bene che sia possibile fare, e costruire anche a partire da situazioni negative».
Ecco il punto: no al vittimismo, no al complottismo. «Ogni crisi è una possibilità e offre occasioni di crescita. Perché ogni crisi è aperta alla presenza di Dio, alla presenza dell’umanità», aggiunge Bergoglio, «Ma cosa ci fa il cattivo spirito? Vuole che noi trasformiamo la crisi in conflitto, e il conflitto è sempre chiuso, senza orizzonte e senza via di uscita. No. Viviamo la crisi come persone umane, come cristiani, non trasformandola in conflitto, perché ogni crisi è una possibilità e offre occasione di crescita».
Il primo passo è «interrogarsi, davanti a tante calamità, davanti a questa terza guerra mondiale così crudele, davanti alla fame di tanti bambini, di tanta gente: io posso sprecare, sprecare i soldi, sprecare la mia vita, sprecare il senso della mia vita, senza prendere coraggio e andare avanti?». Infatti «anche oggi viviamo in società ferite e assistiamo, proprio come ci ha detto il Vangelo, a scenari di violenza – basta pensare alle crudeltà che sta soffrendo il popolo ucraino –, di ingiustizia e di persecuzione; in più, dobbiamo affrontare la crisi generata dai cambiamenti climatici e dalla pandemia, che ha lasciato dietro di sé una scia di malesseri non soltanto fisici, ma anche psicologici, economici e sociali».

La terza guerra mondiale

Anche oggi «vediamo sollevarsi popolo contro popolo e assistiamo angosciati al veemente allargamento dei conflitti, alla sciagura della guerra, che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio. Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne. E anche oggi, fratelli e sorelle, i poveri sono le vittime più penalizzate di ogni crisi».
Ma poi c’è anche un altro punto: «Facciamo nostro l’invito forte e chiaro del Vangelo a non lasciarci ingannare. Non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi messia che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione».
Al contrario, bisogna insistere con perseveranza. L’Angelus è tutto concentrato su questa parola: vuol dire misericordia, vuol dire costanza. Vuol dire pazienza. Vuol dire, infine, essere «ligi, persistenti in ciò che conta». Ecco allora l’ultima frase, aggiunta a braccio. Apparentemente l’ennesimo richiamo in tanti giorni – un richiamo quotidiano lanciato talvolta contro la stessa speranza – a non lasciar sola «la martoriata Ucraina». Va aiutata con la preghiera, va aiutata con l’impegno. Perché esiste la speranza, esiste la possibilità di una «pace possibile». L’importante è non rassegnarsi.

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