Nel Presepe vivente di Campana, la Betlemme di duemila anni fa incontra la società di oggi
Suggestiva rappresentazione della natività nel paesino presilano organizzata dagli animatori dell’oratorio “Don Bosco”

CAMPANA Laboratori di arti e mestieri antichi nello stesso spazio di un ufficio postale, una farmacia e una clinica veterinaria. Ma anche una scuola – dove i più piccoli, seduti intorno al banco, colorano le loro rappresentazioni del Presepe e i loro desideri per il futuro – dirimpetto a una falegnameria animata da persone del posto vestite degli abiti tipici della Betlemme di oltre duemila anni fa.
Il Presepe vivente di Campana, paesino della Presila cosentina, prende forma nel giorno di Santo Stefano diventando rappresentazione di un messaggio che attraversa i secoli per rivivere nell’impegno e nella cura profusa negli odierni luoghi di lavoro e spazi di socialità, nei servizi offerti alle persone, che mantengono vivi i legami, linfa vitale della comunità.
«L’idea di rappresentare il “Presepe” di ieri e di oggi è stata degli animatori, affinché il messaggio della nascita di Gesù non rimanesse confinato nel passato, ma continuasse a vivere nel nostro tempo. L’impegno è portare quella parola nel nostro presente, ogni giorno», dice don Francesco Bomentre, parroco del paese, della parrocchia di Santa Maria Assunta, mentre racconta l’impegno e le idee degli animatori dell’oratorio “Don Bosco” di Campana e delle persone che hanno contribuito alla rappresentazione. Anche la scelta della location è in qualche modo legata a un messaggio che attraversa i secoli. Il Presepe vivente quest’anno lascia il suggestivo Centro storico del paesino dell’elefante di pietra per trasferirsi nella parte “nuova”. «Volevamo animare anche questa parte del paese», è il messaggio degli animatori, che nel frattempo si premurano di controllare che tutto proceda per il meglio e accolgono le decine di persone che man mano arrivano, in piccola parte anche dai paesini limitrofi. La piazza scelta è quella che ospita la piccola cappella dedicata alla Madonna di Fatima, a poche decine di metri da Piazza Santa Croce, punto nevralgico di Campana, incrocio da cui si snodano le altre vie del paese, il centro storico e la strada per raggiungere l’altopiano silano.
Lo spazio della cappella diventa la capanna dove il piccolo Gesù insieme a Maria e Giuseppe rimane solo all’inizio, prima di spostarsi per portare il suo messaggio in ogni angolo della “città di Davide” allestita per l’occasione. Alberelli di ulivo, palme, canne e altre piante formano la scenografia abbellendo lo spazio della piazzetta dove ci sono i pastori, vestiti con abiti storici e tradizionali del posto che si dividono tra laboratori di tessitura e di arti grafiche, la locande e un piccolo mercato dove sorgono un caseificio, un pastificio e altre attività che rivivono anche grazie ai prodotti tipici forniti da alcune aziende del luogo oppure sfornati sul momento.
Oltre il perimetro, a pochi passi dalla storia, si trova invece il mondo contemporaneo. Alle estremità, un campo da calcetto (temporaneo) e il gruppo degli operatori sanitari. Una sorta di parallelo che attraversa gli ultimi anni di pandemia, come dire che dopo le chiusure e rinunce le persone cercano a poco a poco di riappropriarsi della quotidianità e dei sorrisi, senza dimenticare un’esperienza che nel bene e nel male ha influenzato il vivere comune, per non rendere vano il sacrificio di molti.
Il caldo di un dicembre atipico non trascende l’importanza di uno dei simboli tipici delle festività natalizie in queste zone: il falò, che campeggia al centro della scenografia. I grossi ceppi ardono qui come nelle altre piazze del paese diventando punti di ritrovo per le famiglie riunite grazie alle festività, per gli amici emigrati e sparpagliati durante l’anno tra diverse regioni e Paesi d’Europa, e per quanti, proprio grazie a momenti come questo, riescono a sentirsi meno soli, nel pieno spirito del Natale, ieri come oggi.
*foto di Cristina Germinara


