CATANZARO L’ex sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi De Magistris dovrà pagare 1000 euro di multa per avere diffamato il giudice Salvatore Murone. Lo ha stabilito la Corte di Appello di Catanzaro – Fabrizio Cosentino, Carlo Fontanazza e Paola Ciriaco – che ha riconosciuto la responsabilità penale dell’imputato e lo ha condannato a una pena pecuniaria oltre al risarcimento dei danni.
De Magistris è stato condannato per diffamazione aggravata per alcune dichiarazioni proferite il 9 marzo 2017, nel corso della trasmissione “Piazzapulita”: «… io non avrei mai ipotizzato di fare il sindaco. Avrei voluto fare il magistrato… Poi lei ha citato una mia inchiesta che si chiama Why Not, quella inchiesta non fu portata a termine proprio perché fummo fermati da un sistema criminale fatto di pezzi di politica, pezzi di Magistratura e pezzi di istituzioni, a danno dei presunti innocenti,perché se tu fermi un’indagine… e venuto fuori chiaramente che mi sono state scippate inchieste e che le inchieste non dovevano essere scippate».
Il giudice Salvatore Murone – parte civile nel procedimento, difeso dal professore Mario Murone – all’epoca dei fatti a cui si riferisce De Magistris, era procuratore aggiunto a Catanzaro, coordinatore del settore reati contro la Pubblica amministrazione, autore della relazione, datata 19 ottobre 2007, trasmessa con nota riservata alla Procura generale di Catanzaro in risposta alla richiesta di informazioni sul procedimento Why Not. In seguito l’avvocatura generale ha disposto l’avocazione dell’inchiesta a de Magistris.
Secondo la Corte d’Appello, le espressioni «indagine scippate» e «sistema criminale fatto di pezzi di magistratura» sono state «rese assolutamente fuori contesto». «Le esternazioni di cui sopra si sono quindi rivelate assolutamente gratuite e non supportate da alcuna specificazione tale che potesse rendere maggiormente fruibile l’argomento alla gran parte degli utenti televisivi», scrivono i giudici.
«Le condotte in questione appaiono, anche sotto il profilo soggettivo, espressione di un dolo molto intenso, proprio perché commesse con modalità palesemente sfrontate, mediante l’accurata, intenzionale ricerca nella esposizione dei fatti , di frasi ed espressioni ad effetto, volutamente offensive, dei tutto sganciate dall’esigenza di narrazione obbiettiva dei fatti e, quindi, palesemente tese a riversare sui magistrati coinvolti, e quindi anche sull’odierna parte civile, un unanime giudizio di riprovazione e severa condanna».
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