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il valore della memoria

Liliana Segre è la prima cittadina onoraria di Corigliano-Rossano

Pergamena di conferimento a firma del sindaco Stasi e del presidente del Consiglio comunale Grillo

Pubblicato il: 31/01/2023 – 23:13
Liliana Segre è la prima cittadina onoraria di Corigliano-Rossano

CORIGLIANO-ROSSANO «Se si dà spazio in ogni ambiente, religioso, politico, dello spettacolo, all’idea dell’altro, credo che questa sia la più grande libertà che gli si concede di essere sé stesso ed esprimersi». La senatrice a vita Liliana Segre è da lunedì la prima cittadina onoraria di Corigliano-Rossano. Nella pergamena di conferimento della cittadinanza onoraria, a firma del sindaco Flavio Stasi e del presidente del consiglio Marinella Grillo, si legge: «Quale segno di gratitudine per i valori di umanesimo di cui Ella si fa portavoce educando le nuove generazioni al culto della Memoria e al rispetto incondizionato dell’Altro Uomo». Era il 27 gennaio del 2022, quando con un lungo e sentito applauso, all’unanimità, veniva votata la mozione, la n.2 del 27/02/22, per concedere la cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre. Un momento solenne, impreziosito da un intervento video della Senatrice a vita simbolo delle persecuzioni razziali ed esempio di impegno generoso e costante per la memoria e la verità. «Il mio viaggio verso Auschwitz è iniziato tanto tempo fa…». Liliana Segre oggi ha 92 anni ed è senatrice a vita della Repubblica Italiana, ma il 30 gennaio 1944, quando si ritrovò su un carro bestiame al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, era solo una bambina spaventata. Da questo binario, tra il 1943 e il 1945, partirono 15 convogli stipati di migliaia di ebrei destinati alle camere a gas, a causa della persecuzione nazifascista. Dei 776 bambini italiani di età̀ inferiore ai 14 anni che furono deportati nei campi di concentramento, sopravvissero solo Liliana e altri 24. «Una volta scesi dal treno – ha scritto la senatrice nel suo libro Fino a quando la mia stella brillerà̀ (edizioni Il battello a Vapore) – ci ritrovammo subito circondati da tanta gente: c’erano i prigionieri del campo che avevano l’ordine di smistare le valigie, c’erano i soldati nazisti che smistavano noi, le guardie con i cani al guinzaglio che abbaiavano». Da quel momento non rivide mai più suo padre. Era il 6 febbraio 1944. Fu destinata a lavorare in una fabbrica di munizioni insieme ad altre 700 donne e ragazze, che facevano i turni giorno e notte. Ha tuttora ben impresso nella mente il ricordo di quando doveva mettersi in fila nuda per la selezione, della baracca dove dormiva, del vestito a righe, della stella gialla, dei pidocchi e del freddo. Quell’inferno durò fino alla metà di gennaio del 1945 quando, con l’avanzare dei russi, i nazisti decisero di evacuare il campo. Lei, insieme agli altri prigionieri, iniziò una marcia di settimane fino al campo di Malchow, in Germania, dove restò fino all’aprile del 1945. La liberazione arrivò il 1° maggio: «non potevamo crederci – racconta Liliana Segre – eravamo esauste ma di una felicità che, ancora oggi, non saprei descrivere per quanto era grande. Sono potuta tornare in Italia quattro mesi dopo, alla fine di agosto del 1945. Un altro viaggio in treno, ma con vagoni aperti. Era estate ed eravamo ancora vivi». Incredibilmente vivi. Una delle vicende più nere delle pagine della storia dell’uomo e che non deve mai essere dimenticata.

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