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L’omicidio dei fratelli Bartolomeo, il tentativo di uccidere Franco Pino. Ecco chi è Edgardo Greco

Si nascondeva in Francia dove lavorava come pizzaiolo. Pentito nel ’97, tornò sui suoi passi. Nel 1982, cercò di far fuori “Occhi di ghiaccio”

Pubblicato il: 02/02/2023 – 9:40
di Fabio Benincasa
L’omicidio dei fratelli Bartolomeo,  il tentativo di uccidere Franco Pino. Ecco chi è Edgardo Greco

COSENZA Si nascondeva a Saint Etienne, in Francia, Edgardo Greco latitante cosentino sparito dai radar degli investigatori dal 2006. Faceva il piazzaiolo, sperando di poter continuare senza patemi la sua vita lontano dalla Calabria e da Cosenza. Ma le indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro hanno permesso di rintracciarlo e arrestarlo. Tra le accuse a carico del 60enne originario di Belvedere Marittimo: il duplice omicidio di Stefano Bartolomeo e Giuseppe Bartolomeo commesso a Cosenza il 5 gennaio 1991 e il tentato omicidio di Emiliano Mosciaro, episodio verificatosi a Cosenza il 21 luglio 1991. Erano gli anni della guerra di mafia, tra i clan “Pino-Sena e “Perna-Pranno”, una faida che ha insanguinato il territorio cosentino. Durante il processo “Garden” nel ’97 chiese di pentirsi, grazie alle sue dichiarazioni fece ritrovare un arsenale di armi. Poi poco altro. Le confessioni rese nell’aula bunker di via degli Stadi, non gli consentirono di ottenere l’ammissione al programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia e Greco decise di smettere di parlare e tornò sui suoi passi. In carcere tentò addirittura di uccidere il boss Franco Pino, erano gli anni ’80.

Il duplice omicidio Bartolomeo nel racconto di Santolla

Sono le dichiarazioni rese dal pentito Angelo Santolla a fornire un quadro dettagliato, agli investigatori, sul presunto ruolo di Edgardo Greco nel duplice delitto Bartolomeo. Il racconto del collaboratore nelle carte del processo “Missing“, riportano la memoria a quel 5 gennaio 1991. «Per come le dicevo, fu organizzato stratagemma, furono varie occasioni che noi ci appostammo sempre con questo intento che loro passassero casualmente e si fermassero, noi eravamo sempre nascosti all’interno. Prima avevamo cercato di compierli perché loro avevano aperto un negozio a Cosenza vecchia, e cercammo di fargli questo agguato quando uscivano dal loro negozio, appostati dentro un appartamento. Però lì andò a vuoto perché non era il caso di fare una cosa così, si poteva fare senza essere un fatto clamoroso, quindi organizzarono il tutto nella pescheria, con vari appostamenti, varie fasi». Il gruppo di fuoco si organizza e stila i dettagli del progetto criminale. Santolla riferisce uomini e ruoli del presunto commando mortale costato la vita ai Bartolomeo. «Quelli che abbiamo commesso l’omicidio eravamo le cinque persone che le ho detto: Pranno Mario, io (Santolla), Greco Edgardo, Ruffolo Giuseppe e Carelli Francesco. AI di fuori c’era il fratello del Pranno, Lino, Marchio Vittorio e Brescia Lorenzo. Allora, Pranno Mario era giù da solo che doveva adescarli al di fuori della pescheria, sulla strada, mentre all’interno dell’ufficio eravamo io, Greco Edgardo, Ruffolo Giuseppe e Carelli Francesco. Una volta che arrivarono, Pranno Mario riuscì a portarli nel suo ufficio, era soltanto lui armato di una pistola, mentre noi avevamo dei semiasse di macchine. Una volta entrati nell’ufficio facemmo la sorpresa e vennero uccisi. Dopo il duplice delitto, il gruppo si organizzò per far sparire i cadaveri. «Dovevano far sparire i cadaveri in effetti e tutti andarono via al di fuori di me, perché io cercai di pulire, di buttare quella roba che si era sporcata di sangue. In effetti cominciai a caricare quella roba in un altro furgone e nel frattempo sentii aprire la porta dall’esterno ed era tale Alducci Antonio, era questo socio del Pranno che senza dirmi nulla si prodigò con me a prendere questa roba, caricarla e andarla a buttare in una discarica nei pressi di Laurignano, che c’è un ponte e lì sotto… e cosi fu». Santolla prosegue il racconto: «Furono uccisi, rimasero lì per un po’ di tempo, qualche mezz’ora credo, non di più, facendo in modo che si organizzava il trasporto dei fratelli Bartolomeo in un furgone di Mario Pranno, in possibilità di Mario Pranno, portarli a Potame che è una località che va verso il mare ad Amantea, seppellirl; lì e lasciarli lì. In quel frattempo lo stavo in via Panebianco, arrivò Marchio Vittorio e mi disse, guarda quella cosa è tutto a posto, I fratelli Bartolomeo sono morti».

La versione del pentito Aldo Acri

Aldo Acri, sicario del gruppo “Perna” di Cosenza, aveva raggiunto il grado di “camorrista”.  Decide di pentirsi e di raccontare quanto di sua conoscenza. E sul duplice omicidio Bartolomeo, Acri conferma la versione di Santolla. «La prima notizia l’abbiamo appresa… eravamo io e Vitelli Francesco, l’abbiamo appresa da Marchio Vittorio, che ci disse che praticamente i fratelli Bartolomeo erano morti, erano stati uccisi. E poi abbiamo appreso da anche da Carelli Francesco che uno di quelli che avrebbe partecipato all’esecuzione per uccidere i fratelli Bartolomeo… abbiamo appreso che le persone che avevano partecipato erano Mario Pranno, Pasquale Pranno, Carelli Francesco, Edgardo Greco, Marchio Vittorio… e… e Ruffolo Giuseppe. E ci sarebbe stata una partecipazione, non so come, perché non lo ricordo bene, di Brescia Lorenzo successivamente al fatto del diciamo della fase che sono stati presi».

Il contributo di Tedesco e Belmonte

Francesco Tedesco, imputato nel processo Missing, decide di collaborare con la giustizia nel 1996. Faceva parte del gruppo Perna – Pranno. Ha riportato condanne per associazione mafiosa ed iniziato a svolgere l’attività criminale dagli inizi degli anni ’80. Nel suo racconto ripercorre le tappe dell’omicidio dei fratelli Bartolomeo, e conferma la presenza del gruppo di fuoco già descritta da altri imputati. «In quella occasione c’era Mario Pranno, Ruffolo Giuseppe, Santolla Angelo, Pasquale Pranno, Edgardo Greco e Marchio Vittorio mi sembra». E’ Nicola Belmonte, altra figura criminale cosentina, ad aggiungere ulteriori particolari sulla sparizione dei corpi delle vittime dell’agguato mortale. «Li hanno messi in due secchi grandi, molto grandi di plastica, in modo che – giustamente – da tutti quei colpi sangue non usciva dal furgone. E quindi Mario Pranno li ha portati lì a Potame…era giorno e praticamente li hanno messi ad una parte, li hanno coperti e Pasquale Pranno gli ha buttato sopra dell’acido… però ancora respiravano; e poi Edgardo Greco gli ha sparato un colpo in testa a tutti e due i fratelli. Questo lo abbiamo saputo il secondo giorno da Giuseppe Ruffolo, che era anche presente li, all’azione diciamo, e aveva una… una cicatrice sul… sopra l’occhio, sul sopracciglio, e questo se l’è procurato, diciamo, con una colluttazione con Giuseppe Bartolomeo; e poi c’ha raccontato tutto il fatto com’è andato».

Il battesimo in carcere

Edgardo Greco legato al gruppo Perna-Pranno viene “battezzato” nel 1986, ricevendo nel carcere di Palmi i “fiori” di “picciotto”, “camorrista” e “sgarrista” contemporaneamente, per l’azione omicidiaria tentata nel 1982 ai danni di Franco Pino, capo del gruppo omonimo all’epoca dei fatti avverso. Il “battesimo” di Greco segue i rituali della ‘ndrangheta: il 19 dicembre 1981 riceveva il “fiore” di “picciotto” nel vecchio carcere di Cosenza, dopo i primi furti e rapine commesse per conto del gruppo, grazie al rapporto intrattenuto con Antonio Paese, uno dei suoi componenti storici, che lo «convinse a prendersi questo ‘fiore’, ma era un “fiore” “meritato”, perchè aveva preso parte ad un agguato organizzato dai componenti del gruppo Perna-Pranno ai danni di Gentile Rinaldo, esponente del clan Pino-Sena» (f.benincasa@corrierecal.it)

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