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la ricostruzione

La pistola si inceppa, Franco Pino si salva. Quando Greco tentò di uccidere “Occhi di ghiaccio”

E’ il 12 ottobre 1982, e l’uomo insieme agli altri detenuti Ettore Lanzino e Marcello Calvano, vengono raggiunti da una serie di colpi di pistola

Pubblicato il: 03/02/2023 – 7:06
di Fabio Benincasa
La pistola si inceppa, Franco Pino si salva. Quando Greco tentò di uccidere “Occhi di ghiaccio”

COSENZA Molteplici confessioni dei collaboratori di giustizia hanno permesso di far luce sul tentato agguato mortale consumato nel carcere di via Popilia a Cosenza ai danni del boss Franco Pino «l’uomo dagli occhi di ghiaccio». Era il 1982. Racconti di un’epoca ormai consegnata agli archivi, ma prepotentemente ritornati ad occupare le prime pagine dei giornali dopo l’arresto di Edgardo Greco, latitante cosentino rifugiatosi in Francia, nel 2014, per sfuggire alla cattura.

edgardo-Greco
Edgardo Greco

A Sant’Etienne, il 63enne di Belvedere Marittimo viveva solo e in condizioni economiche precarie motivo per il quale era stato “costretto” a lavorare. Con la mala aveva chiuso e per campare preparava pizze in un locale. Il passaporto francese e l’ottima proprietà di linguaggio gli avevano permesso di nascondere abilmente le tracce del suo passato. Greco, ormai, pensava di aver definitivamente chiuso con i conti in sospeso degli omicidi e degli affari illeciti. Quando i militari lo hanno fermato, non ha opposto resistenza e si è consegnato: la resa in attesa dell’estradizione e del ritorno in Italia. Greco è destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalla Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro il 16 maggio 2014, in relazione all’ordine di carcerazione, datato 4 aprile 2014, per l’esecuzione della pena dell’ergastolo per il duplice omicidio di Bartolomeo Stefano e Bartolomeo Giuseppe consumato in Cosenza il 5 gennaio 1991 e per il tentato omicidio di Mosciaro Emiliano avvenuto in Cosenza il 21 luglio 1991. Oltre al duplice delitto, Greco ha anche provato ad uccidere Franco Pino, alias “occhi di Ghiaccio”, boss e figura cardine del clan rivale. Un uomo scomodo da eliminare, un tentativo vano ricostruito grazie ai racconti dei pentiti e che valse a Greco il soprannome di “killer delle carceri”.

Edgardo Greco e il legame con i Pranno

Prima di ipotizzare e tentare di compiere l’omicidio di Franco Pino, Edgardo Greco – negli anni 80′-81′, gravita nel gruppo “vicino” ai fratelli Pranno, per entrare a fame parte ufficialmente e rimanerci fino all’operazione “Garden”. L’ex latitante non era un semplice gregario, ma era sinceramente legato e piegato alla «cieca obbedienza e rispetto ai diretti referenti gerarchici, in particolare Mario Pranno, ai quali lo legava un rapporto affettivo che trascendeva la comunanza nel delitto ed il mero dovere di eseguire gli “ordini”». Greco si presta a porre in atto un’azione le cui probabilità di sfuggire ad una scoperta delle forze inquirenti erano davvero minime, ma la cui buona riuscita avrebbe potuto segnare la fine della “guerra di mafia” e la “vittoria” del suo gruppo, con la morte del nemico pubblico numero uno: Franco Pino.

L’ipotesi di far fuori Pino

E’ il collaboratore di giustizia Francesco Vitelli a confermare il suo ruolo di promotore ed organizzatore del tentato omicidio di Franco Pino. Lo stesso Vitelli, nell’estate del 1982, venne arrestato e tradotto nel carcere di via Popilia, dove aveva deciso di «fare entrare un’arma da fuoco, una pistola e attentare a questo Pino, mentre che lui andava dall’avvocato o doveva passare lì nel carcere…c’era come una “mandorla” che divideva i padiglioni…». Appena uscito dal carcere, Vitelli cerca di coinvolgere Mario Pranno «il quale aveva individuato in Greco Edgardo, che “stava entrando” nel loro gruppo, la persona indicata a commettere l’azione». Fuori dalla cella, Vitelli pian piano si disinteressa dell’azione omicidiaria anche perché in carcere è entrato suo fratello, Ferdinando «dal quale si recava a colloquio per dirgli cosa si doveva fare». E’ il germano di Francesco Vitelli a narrare i dettagli dell’agguato. «Nel carcere avevano preparato che si doveva uccidere Franco Pino, avevano mandato una pistola nel carcere: Pati Salvatore aveva mandato una pistola; non so, l’aveva messa sotto la macchina, sotto il sedile, questa macchina in poche parole faceva la spesa del carcere..». Il delitto era stato organizzato «da suo fratello Francesco e da Pranno Mario nonché da Pranno Pasquale e Pema Francesco». Edgardo Greco, invece, «agì dietro promessa di una ricompensa fattagli da Mario Pranno».

Il fatto

Il 12 ottobre 1982, verso le ore 13, i detenuti Franco Pino, Ettore Lanzino e Marcello Calvano, ristretti nel padiglione “F” della Casa circondariale di Cosenza, vengono raggiunti da una serie di colpi di pistola «mentre transitavano per il corridoio (la “mandorla”)». Subito soccorsi, i tre vengono trasportati in ospedale: Ettore Lanzino è sottoposto ad intervento chirurgico per le lesioni procurate al pacchetto intestinale, mentre Pino e Calvano vengono raggiunti all’altezza del torace ed ai piani muscolari.

Franco Pino

Per l’accaduto viene subito fermato il detenuto Edgardo Greco e recuperata, all’interno di un sacchetto, la pistola Walther cal. 7,65 dalla quale erano partiti i colpi sparati contro i tre uomini della mala bruzia. L’arma aveva ancora un colpo in canna ed altri due nel caricatore, nel sacchetto viene rinvenuto un altro caricatore con cinque colpi di pistola. I momenti concitati dell’agguato vengono ripercorsi dagli agenti della polizia penitenziaria in servizio il 12 ottobre dell’82’. Il vice Sovrintendente di Polizia Penitenziaria Francesco Cifalinò dichiara di «prestare servizio presso il secondo padiglione, quando aveva sentito gli spari, vi era stata agitazione, rabbia e paura fra i detenuti, alcuni dei quali si erano muniti di bastone, ricavato dai piedi del tavolino in dotazione alle celle; alcuni detenuti lo avevano costretto ad aprire il cancello e poi trattenuto all’interno della sezione». L’agente di custodia Vincenzo Martino, in servizio al padiglione “F”, al secondo piano dell’edificio, dov’erano sistemati sia Greco che Perna, «uditi i colpi di pistola, era scappato al primo piano, incontrando alcuni detenuti che lo avevano preso dalle braccia, lo avevano riportato su e costretto ad aprire tutte le celle con le chiavi; quindi, lo avevano lasciato nella sala barberia dove era rimasto per alcune ore, finché non erano giunti i rinforzi». Tuttavia, come emergerà in seguito, l’agguato a Franco Pino si sarebbe dovuto consumare nell’infermeria, Edgardo Greco fece fuoco sperando di eliminare il boss «caduto per terra», mentre lui resosi conto che l’arma si era inceppata, «era rientrato di corsa nel suo padiglione tenendo con sé la pistola che venne gettata nelle aiuole solo dopo che erano cessate le reazioni dei detenuti del clan Pino-Sena».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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