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Nella nuova Dia di Catanzaro le porte sono dedicate ai servitori dello Stato vittime di mafia – FOTO

Un ricordo per ogni ingresso, da Salvatore Aversa a Carlo Alberto dalla Chiesa, dai carabinieri di Palmi all’agente ucciso da Cosa Nostra

Pubblicato il: 13/02/2023 – 14:39
Nella nuova Dia di Catanzaro le porte sono dedicate ai servitori dello Stato vittime di mafia – FOTO

CATANZARO La Dia di Catanzaro ha competenza sulle province di Catanzaro, Cosenza, Crotone e Vibo Valentia, si occupa principalmente del contrasto alle mafie, in fase preventiva e repressiva, e aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati. L’edificio che ospiterà i nuovi uffici è stato sottratto al patrimonio illecito di una delle ‘ndrine più forti e influenti del panorama criminale calabrese: famiglia mafiosa dei Mammoliti, nota consorteria di ‘ndrangheta operante nella zona di Castellace di Oppido Mamertino. 

La dedica alle vittime di mafia

Gli appartenenti al Centro Operativo di Catanzaro hanno scelto di intitolare le singole stanze, dove nasce e si sviluppa l’attività investigativa, alla memoria di alcuni colleghi Vittime delle mafie, personalizzando le porte di ingresso di ognuna di esse con l’immagine di coloro che hanno pagato col massimo sacrificio il loro impegno quotidiano.
A Catanzaro vengono ricordati: Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, appuntati dei Carabinieri, aliquota radiomobile della Compagnia di Palmi, uccisi brutalmente in servizio nel 1994. Stavano percorrendo l’autostrada Salerno – Reggio Calabria, in direzione sud, quando, all’altezza dello svincolo per Scilla, furono raggiunti da numerosi colpi d’arma da fuoco, esplosi da malavitosi a bordo di una automobile che si era affiancata in corsa.
Calogero Zucchetto era un agente della Polizia di Stato impegnato attivamente nella ricerca dei latitanti di mafia. All’inizio degli anni Ottanta nella Squadra Mobile della Questura di Palermo, collaborò con il commissario Ninni Cassarà. La sera di domenica 14 novembre 1982, all’uscita dal bar “Collica” in via Notarbartolo, nel centro storico di Palermo, fu ucciso da due killer.
C’è poi Salvatore Aversa, sovrintendente della Polizia di Stato. Ha svolto numerose indagini sulle attività illecite delle ‘ndrine operanti nell’area lametina. Venne ucciso il 4 gennaio 1992, insieme alla moglie Lucia Precenzano, nella centralissima via dei Campioni (in seguito intitolata ai coniugi) di Lamezia Terme. Un’altra porta ricorda Alberto De Falco e Antonio Sottile, rispettivamente vicebrigadiere e finanziere scelto della Guardia di Finanza, vittime innocenti, nel 2000, della organizzazione criminale denominata “Sacra Corona Unita”. In servizio nella compagnia Pronto Impiego Atpi (baschi verdi) di Brindisi, nel tentativo di intercettare un’autocolonna dei contrabbandieri, furono travolti dai mezzi blindati artigianali allestiti dai malavitosi per compiere le loro tratte.
Giorgio Boris Giuliano era capo della Squadra Mobile di Palermo, assassinato nel 1979 da Leoluca Bagarella per le sue indagini su “Cosa Nostra”. Ha fatto parte di una cerchia di funzionari dello Stato che, a partire dalla fine degli anni settanta, iniziò una dura lotta contro “Cosa Nostra”.
Antonino “Ninni” Cassarà, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, assassinato in un agguato nel 1985 da un commando composto da nove uomini appartenenti a “Cosa Nostra”, insieme all’agente Roberto Antiochia. Tra le numerose operazioni cui prese parte, molte delle quali insieme al commissario Giuseppe Montana, la nota operazione “Pizza Connection”, in collaborazione con le forze dell’ordine statunitensi.
Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, agenti di Polizia di scorta al giudice Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo, vittime della strage di Capaci nel 1992.
Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuele Loi, Claudio Traina, Agostino Catalano, agenti di Polizia di scorta al Giudice Paolo Emanuele Borsellino, vittime della strage di via D’Amelio del 1992.
Rosario Iozia, vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri, comandante della Squadriglia di Cittanova, ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1987. Mentre si trovava a bordo della propria autovettura, nonostante fosse in borghese e libero dal servizio, notò due persone che, dopo aver attraversato la strada, si stavano nascondendo in un uliveto. Dopo averli rincorsi e intimato loro di fermarsi, uno dei due aprì il fuoco, uccidendolo.
Emanuele Basile, ufficiale dei Carabinieri assassinato da “Cosa Nostra” mentre assisteva allo spettacolo pirotecnico della festa del Santissimo Crocifisso a Monreale. Aveva condotto alcune indagini sull’uccisione di Boris Giuliano e, apprestandosi a lasciare Monreale, si era premurato di consegnare tutti i risultati investigativi a cui era pervenuto al giudice Paolo Borsellino.
Carmine Tripodi, brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, Comandante della Stazione di San Luca. Assassinato da un commando armato della “’Ndrangheta” mentre rientrava a casa la sera del 6 febbraio del 1985. Un agguato avvenuto negli stessi luoghi dove il sottufficiale svolgeva le sue indagini.
Carlo Alberto dalla Chiesa, generale dei Carabinieri. Protagonista della lotta contro le Brigate Rosse; su sua proposta venne creato il “Nucleo Speciale Antiterrorismo”. Nel 1982 venne nominato prefetto di Palermo con l’incarico di contrastare “Cosa Nostra”. Assassinato a Palermo pochi mesi dopo il suo insediamento. Nella strage di via Carini perirono anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.
Giuseppe “Beppe” Montana, commissario della Polizia di Stato, vittima di Cosa Nostra. Aveva collaborato al “maxi blitz di San Michele” del pool antimafia e con il pool aveva intenzione di continuare a lavorare consolidando un rapporto sorto con il Giudice Rocco Chinnici.
Pasquale Campanello, sovrintendente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Napoli Poggioreale, addetto al padiglione di massima sicurezza “Venezia”. Si distinse per l’intransigenza con la quale svolgeva il proprio lavoro. Venne ucciso da quattro killer in un agguato sotto la sua abitazione a Mercogliano.
La sala riunioni del centro operativo è stata dedicata al magistrato Rosario Livatino, venerato come beato e martire dalla Chiesa cattolica, assassinato nel 1990 dalla stidda siciliana su una strada provinciale di Agrigento. Utilizzò, tra i primi, lo strumento della confisca dei beni ai mafiosi. (ale. tru.)

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