«Sulla droga a Cosenza siamo fuori tempo massimo»
Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Cosenza ha messo a segno un altro colpo contro alcune zone di spaccio della città. Il quadro che emerge dalle intercettazioni, a tratti drammatico, no…

Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Cosenza ha messo a segno un altro colpo contro alcune zone di spaccio della città.
Il quadro che emerge dalle intercettazioni, a tratti drammatico, non è una novità. Io stesso ne avevo parlato più volte con il procuratore Mario Spagnuolo. Spagnuolo più volte ha detto che non esistono droghe leggere, pur proponendo a mio avviso una soluzione non giusta, certo legittima, che è quella della parziale legalizzazione.
Simona Loizzo ha posto abbastanza bene il problema che non può essere affrontato solo in chiave repressiva. Ci vuole la prevenzione.
Ma ci vuole, e qui ha ragione ancora il deputato leghista, un clima da anni ottanta quando, dinanzi al dilagare dell’eroina, la città si sdegnò, organizzando una celebre fiaccolata e dando vita a una comunità terapeutica straordinaria, Il delfino, che ancora oggi è un punto di riferimento essenziale.
I comuni, iniziando da quello di Cosenza, devono muoversi. Nel 90 fu un giovane consigliere comunale socialista, Francesco D’Ambrosio, a chiedere e ottenere dal sindaco Carratelli una commissione di lavoro che racchiudeva tutti gli attori protagonisti.
Se è vero che in Italia le commissioni spesso sono una perdita di tempo, riproporla (come ha chiesto Gianfranco Bonofiglio) organizzando i servizi sul territorio sarebbe cosa utile.
Cosenza e la sua cinta urbana hanno una rete di consumo tra le più alte in Italia. E i fornitori non sono solo le aree di spaccio ma pusher a domicilio che consegnano cocaina a basso costo a ceti di ogni genere.
Il delfino ha ribadito che la legalizzazione è la strada sbagliata. Essa potrebbe sottrarre denaro alle mafie ma renderebbe ancora più facile l’accesso al consumo.
Stare fermi in attesa degli eventi non è una strategia positiva. Gli assessori comunali (che peraltro hanno visto aumentarsi lo stipendio che è ormai dirigenziale) dovrebbero rileggere Marcuse e usare la fantasia al potere.
Che i comuni, con tutto il rispetto, pensino che la questione delle illegalità e delle droghe si risolva presentando ogni tanto un libro è cosa che mortifica. Se non si è in grado di esercitare un ruolo politico dinanzi a tragedie del genere ci si può sempre dimettere.
L’extratime è agli sgoccioli. Urge muoversi. Scuotere le coscienze e assistere i tanti docenti scolastici che tentano di fare prevenzione non avendo alcun indirizzo.
In tempi in cui si reclama autorevolezza alla politica mostrarsi dilettanteschi rispetto a tragedie che colpiscono le famiglie non è più perdonabile.