Se il merito dimentica il bisogno
Un liceo veneto ha introdotto un premio in denaro per i ragazzi che hanno la media del nove. Se questa iniziativa fosse stata presa per i meritevoli senza possibilità economiche avrebbe avuto un sen…

Un liceo veneto ha introdotto un premio in denaro per i ragazzi che hanno la media del nove. Se questa iniziativa fosse stata presa per i meritevoli senza possibilità economiche avrebbe avuto un senso. Nel passato la Scuola interveniva con sostegni ai ragazzi privi di grandi possibilità economiche e bravi nel rendimento.
Una questione aperta da decenni nel nostro ordinamento. Ci sono studenti eccellenti che non possono frequentare l’università perché distanti dal luogo fisico, perché non possono comprare i libri e non hanno risorse sufficienti per affrontare spese non indifferenti.
Se invece l’idea del liceo è quella di scavare un altro fosso tra studenti è un pessimo esempio.
La Scuola italiana non ha una fisionomia autentica. Da un lato si porta dietro gli influssi di un’eccessiva tendenza a obbligare tutti a compiere gli studi. Un residuo degli anni settanta che partiva, soprattutto al sud, dalla spoliazione del mondo agricolo e dalle opportunità connesse al lavoro pubblico.
Dall’altro lato fatica a conciliare meriti e bisogni. Se un ragazzo eccelle è giusto sostenerlo ma se ha difficoltà è parimenti ingiusto lasciarlo indietro.
L’eccesso di competizione si vede anche nei confronti, nelle valutazioni che emergono nella carriera universitaria.
In realtà la Scuola vive il disagio di un’identità confusa lasciando solo agli insegnanti il compito di gestire età difficili.
Un mondo scolastico sano comprenderebbe la figura dello psicologo di istituto, incentiverebbe scelte diverse come quelle professionali, darebbe un significato equilibrato al profitto.
Per fare questo, però, servirebbe un linguaggio comune che non c’è.La Scuola è certamente formazione indirizzata al lavoro ma non è solo questo. È anche condivisione sociale, pluralismo, valorizzazione della solidarietà come spirito comune.
Quella pubblica dovrebbe garantire pari diritti, destinando le risorse ai più deboli.
Spesso accade che studenti non eccelsi negli anni del superiore scoprano capacità nuove.
L’iniziativa padovana non è di per sé scandalosa ma non si capisce bene il messaggio che trasmette.
Rischia di fare prevalere ad ogni costo il profitto che, invece, ha il suo corridoio di valutazione. È giusto che chi merita nove ce l’abbia ma è anche giusto non pensare che un 4 significhi giudizio definitivo.
Compito della scuola è utilizzare le risorse di tutti principalmente per i più deboli. Non esagerare nella dimensione privatistica che vede solo e comunque il voto come obiettivo da raggiungere.
Fare capire ai ragazzi che non esiste solo la ricchezza ma che la vita si struttura su complicità relazionali. E magari dare un premio in denaro a un ragazzo che si presta per gli altri, lanciando forte il segnale che cultura e solidarietà devono stare insieme. E che la vita è fatta anche di sconfitte. Per non continuare ad alimentare il narcisismo come matrice unica di vita.