VIBO VALENTIA «Il Tribunale di Vibo Valentia (presidente Macrì, a latere Ricotta – Conti) ha assolto il noto imprenditore N.C. dall’accusa di bancarotta. L’imputazione riguardava anche i figli A., D.F., F., M.S. e la sorella C.A., accusato di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni». Lo riferisce una nota dei legali di C.. «Il procedimento – si ricorda nella nota – nasceva dall’attività svolta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Vibo Valentia che nel marzo del 2016 ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di altrettanti per i reati di bancarotta fraudolenta e bancarotta documentale. Gli arresti, disposti dal gip del Tribunale di Vibo Valentia – che ha disposto il sequestro di beni per oltre tre milioni di euro – fanno seguito ad una indagine della Procura vibonese sul fallimento della società ritenuta erroneamente della famiglia C. operante nel settore della gestione di strutture turistico – alberghiere nella Costa degli Dei, sulla costa tirrenica vibonese (oggetto del sequestro è stato l’intero patrimonio aziendale e quote sociali di 5 società aventi ad oggetto attività nel settore immobiliare turistico-alberghiero; in particolare, l’operazione ha riguardato un rinomato villaggio turistico e quattro società a responsabilità limitata, somme di denaro, abitazioni). Il collegio difensivo della famiglia C. (avv. Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino del Foro di Vibo Valentia, Prof. Avv. Ettore Squillace del Foro di Reggio Calabria, Prof. Avv. Nicola Madia del Foro di Roma) sono riusciti a dimostrare, anche con l’ausilio della consulenza tecnica disposta da Dott. Ruggero Ruggeri di Bologna, che la relazione fallimentare che aveva dato vita all’indagine era costituita da un affiliazione di n. 4 pagine “spurie” che non riguardavano la vicenda processuale e che sono state espulse. E’ emerso, inoltre, che il fallimento di una società legata da rapporti contrattuali con le società del gruppo C., non era in alcun modo ricollegabile a quanto ipotizzato dall’accusa, ma trovava origine in un passivo originato ben prima dell’attività svolta presso il Villaggio Baia di Riaci. Si conclude, pertanto, un’odissea giudiziaria, durata sette anni, che – conclude la nota – ha visto susseguirsi provvedimenti cautelari personali e reali».
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