COSENZA Vito Teti la chiama “restanza”. L’antropologo e scrittore, ha coniato un termine che fa parte ormai del lessico della Calabria. «Restare per cambiare», e soprattutto non rimanere in silenzio. «Chi ama questa terra ha il dovere di individuare le criticità e la Calabria è una terra contraddittoria, piene di cose belle, di eccellenze, ma piena di divari sociali al suo interno», racconta al Corriere della Calabria.
Oggi, più che di emigrazione pare decisamente opportuno parlare di immigrazione. I calabresi conoscono bene gli effetti provocati dallo spopolamento dei borghi. «Il fenomeno sta assumendo dimensioni veramente drammatiche per il futuro della Calabria. I divari tra la zone interne e le marine sono evidenti e gli interventi che vengono fatti periodicamente non raggiungono gli obiettivi anche perché il ceto politico calabrese non sembra avere quella marcia che hanno altri ceti politici del nord. Che per carità, non vanno assolutamente elogiati.
Anzi, chi parla di autonomia differenziata forse ha delle idee un po’ secessioniste e separatiste, magari inconsapevolmente», sostiene Teti. Le istituzioni possono e devono fare di più. «A queste latitudini, il tessuto politico e quello civile e sociale è più fragile che in altre parti d’Italia».
Ripopolare i borghi facendo leva sul rilancio di una vincente proposta turistica può aiutare a tamponare l’emorragia di giovani e intere famiglie decise ad abbandonare la Calabria? «Bisogna capire cosa si offre ai turisti, come li attrai. E poi su quale tipo di turismo si punta? Sul turismo attento, che abbia rispetto dei luoghi oppure su un turismo diciamo di passaggio, di consumo, che secondo me nulla porterebbe alla Calabria». Teti pone una distinzione e suggerisce di «creare le precondizioni perché arrivi il turismo che sia utile alla Calabria» ponendo un freno alle «immagini stereotipate che convengono all’osservatore esterno».
Startupper, professionisti del web, smart workers. C’è un esercito di giovani che quotidianamente tenta di “ribellarsi” al posto fisso ribaltando l’immagine stereotipata dei bamboccioni e spazzando via sogni e speranze riposte da chi, fino a qualche tempo fa, gongolava all’idea di timbrare il cartellino e tornare a casa. Oggi, “il lavoro te lo devi inventare” direbbe qualcuno e per Vito Teti, la formula è vincente anche in Calabria.
«Ci sono tantissimi giovani che anche in una situazione di degrado e di declino si stanno inventando dei lavori. Bisognerebbe dare una risposta, anche se i tempi della ripresa saranno lunghissimi. Chiaramente partire dal lavoro, secondo me, è indispensabile e prioritario». Cavalcare l’entusiasmo è, dunque, necessario così come «dare delle opportunità, creando centri sociali, strade, ospedali, facendo in modo che restare divenga, non solo attrattivo, ma anche utile e vantaggioso per i ragazzi che non vogliono partire». E se tutto questo non bastasse? «Ci sono quelli che vogliono partire e bisogna dare anche a loro una possibilità e metterli nelle condizioni di provare nuove esperienze. Poi magari vogliono ritornare, e possono farlo, in una terra che non li deluda».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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