Salario minimo, Calderone “frena”: «Meglio investire nei contratti collettivi»
Per il ministro del Lavoro l’innalzamento delle retribuzioni non può «arrivare per legge»

ROMA «Il decreto lavoro non fa altro che consentire alla contrattazione collettiva di individuare causali specifiche per i contratti a tempo determinato: credo sia un modo di dare attenzione a strumenti utili per la gestione delle relazioni industriali. Le regole del decreto Dignità hanno portato a contratti a termine che avevano durata inferiore ai dodici mesi». Lo ha ribadito il ministro del Lavoro, Marina Calderoni, intervistata dal Sole 24 Ore. «Abbiamo un sistema del lavoro non semplice e non è stato semplice individuare un approccio alla soluzione dei problemi. Se una cosa sono riuscita a fare è che il decreto lo può leggere chiunque e chiunque può capire quali sono gli obiettivi che si pone». Calderone ha ricordato che il provvedimento contiene due nuovi strumenti, assegno di inclusione e supporto perla formazione e il lavoro, al posto del reddito di cittadinanza, nonché la nuova piattaforma per gestire l’incontro di domanda e offerta e che la strategia è di mettere a sistema tutte le forze disponibili: «Inoltre abbiamo messo un incentivo per chi assume i Neet perché non ci possiamo permettere che i giovani restino alla finestra, che non giochino la loro partita».
Il ruolo della contrattazione collettiva è stato sottolineato dalla ministra anche quale strada da percorrere in alternativa a una legge per il salario minimo: «Non sono convinta che al salario minimo si possa arrivare per legge», ha proseguito il ministro, secondo la quale sostenere la contrattazione collettiva di qualità può portare a un innalzamento delle retribuzioni «attraverso percorsi che spero di poter attuare presto, anche a sostegno dei rinnovi contrattuali, in termini di detassazione e quindi di ampliamento della soglia degli elementi oggetto di agevolazioni fiscali e contributive».