La Nato gela Kiev sull’adesione e scatena l’ira di Zelensky. Il presidente ucraino “per rispetto” atterra a Vilnius – come da programma – per prendere parte al vertice dell’Alleanza ma dai leader riuniti nella capitale lituana avrebbe voluto molto più coraggio.
Il compromesso trovato nel comunicato finale, che vede comparire la parola “invito” nella Nato ma solo “quando le condizioni saranno raggiunte”, non gli va affatto giù. “L’incertezza è una debolezza”, tuona. E porterà la Russia a schiacciare l’acceleratore della guerra. Tocca al segretario generale Jens Stoltenberg spiegare (e difendere) la posizione assunta dagli alleati. Il pacchetto offerto all’Ucraina è “forte” e servirà a portarla ancora più vicino all’agognata “membership”. C’è il piano pluriennale di assistenza per modernizzare le forze armate (vale 500 milioni di euro annui), la creazione del Consiglio Nato-Ucraina (debutterà il 12 luglio) e la rimozione del Map per rendere il processo d’ingresso più agile. “Il futuro dell’Ucraina è nella Nato”, dichiara senza mezzi termini il comunicato finale costato notti insonni agli sherpa, impegnati da giorni – assicura una fonte a conoscenza delle dinamiche negoziali – in una battaglia feroce nella limatura di “aggettivi e avverbi”. Ma “è assurdo che non siano stati fissati tempi né per l’invito né per l’adesione dell’Ucraina”, si lamenta Zelensky.
Per gli ucraini la lotta si misura in cadaveri e mutilazioni, e alla Nato ne sono consapevoli. “Comprendiamo la sua frustrazione”, assicura un alto funzionario dell’Alleanza. Però ci sono delle ragioni. La natura della guerra con la Russia, che impone prudenza (a Stati Uniti e Germania in primis). E soprattutto la necessità di riforme. “Non c’è una timeline per il processo d’ingresso nella Nato, si basa sul raggiungimento delle condizioni, è sempre stato così”, gli ricorda Stoltenberg. Che va oltre. Su governance, lotta alla corruzione e interoperabilità delle forze armate sono necessari passi avanti. Il pacchetto messo a punto dagli alleati serve proprio a questo, ad assistere la marcia dell’Ucraina verso la Nato, con una “revisione regolare” dei progressi da parte dei ministri degli Esteri. Il rischio è che si faccia poco e troppo al contempo: poco per Kiev, troppo per Mosca, poco per i sostenitori dell’ingresso rapido di Kiev, troppo per chi avrebbe voluto un linguaggio ancora più tiepido: è il fantasma di Bucarest, l’accordo felice sulla carta che poi si rivela, nella realtà, fallimentare. Ma il ciclone Zelensky non si abbatte solo sugli ormai 32 (ieri il via libera alla Svezia) capi di Stato e di governo. Il presidente ucraino arringa infatti nel pomeriggio una piazza gremita di migliaia di persone nel centro di Vilnius dove, alla presenza del presidente lituano, viene issato un vessillo ucraino proveniente da Bakhmut mentre risuona l’inno nazionale. “La Nato renderà l’Ucraina più sicura e l’Ucraina renderà la Nato più forte”, esclama il leader di Kiev.
È dunque in questa atmosfera, non del tutto idilliaca, che il commander-in-chief ucraino, maglietta militare d’ordinanza, incontra i leader alla cena di gala, per un primo giro di chiarimenti. Non c’è però Biden, che salta la cena dopo “giornate intense”, fa sapere la Casa Bianca. L’occasione per parlargli a tu per tu sarà domani, secondo giorno di summit, zeppo di bilaterali: Zelensky vedrà il presidente Usa, Stoltenberg e Michel, per poi partecipare al lancio del Consiglio Nato-Ucraina. Per chiudere il cerchio mancano solo le “garanzie di sicurezza” in corso di elaborazione dal G7+. Non saranno “promesse di cobelligeranza” sulla falsariga dell’articolo 5, piuttosto misure di assistenza politico-militare-finanziaria. Dunque come ora, ma protratte nel tempo.
Una nuova delusione? In realtà “i vertici ucraini sono alquanto soddisfatti del testo”, assicura un alto funzionario europeo. L’Ue prenderà parte al Consiglio Atlantico nell’ultimo giorno di vertice e a Bruxelles fanno notare come per Kiev ormai ci sia “una complementarietà” e un “rafforzamento reciproco” nei processi di adesione all’Unione Europea e alla Nato. Non che questo renda le cose più facili all’Ucraina. Anzi. Perché portare un Paese di ossatura post-sovietica verso standard occidentali nel pieno di una guerra di sopravvivenza è compito da far tremare le ginocchia. Ma il timore vero per Zelensky è un altro, al di fuori del suo controllo: la possibilità di contrattare l’adesione dell’Ucraina alla Nato nei negoziati con la Russia. Kiev lo giudicherebbe un tradimento insopportabile.
I risultati preliminari del vertice della Nato di Vilnius avvicinano la Terza guerra mondiale. Lo scrive su Telegram il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. “L’Occidente, completamente impazzito, non poteva pensare ad altro. Prevedibilità ai massimi livelli, fino all’idiozia. È un vicolo cieco. La Terza guerra mondiale si avvicina”, ha dichiarato, aggiungendo che questo significa che “l’operazione militare speciale continuerà con gli stessi obiettivi”, uno dei quali “è impedire al gruppo nazista di Kiev di aderire alla Nato”.
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