LAMEZIA TERME Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, Cosa Nostra riparte (anche) dalla ‘Ndrangheta. E dai rapporti con i clan calabresi, confinanti geograficamente e ben più in salute sul piano finanziaria. È uno dei nodi dell’audizione del procuratore di Palermo Maurizio Delucia davanti alla Commissione parlamentare antimafia. Sicilia, per ora, subalterna alla Calabria. Perché, banalmente, le famiglie devono riorganizzarsi. «Un’organizzazione impoverita prima di diventare di nuovo forte militarmente deve ritornare ricca economicamente» dice il capo dei pm palermitani nella sintesi che ne fa La Stampa.
Per rilanciarsi, dunque, la mafia riparte dagli affati con i clan calabresi. C’è un aggancio con la cronaca recente: il sequestro di 5,3 tonnellate di cocaina nel Canale di Sicilia, poco più di una settimana fa. Nei primi giorni dello scorso giugno il mercantile Plutus, battente bandiera di Palau, era salpato dal porto di Santo Domingo. Prima tappa a Trinidad e Tobago, poi a Gran Canaria per passare attraverso lo stretto di Gibilterra e puntare verso la Sicilia. Quella nave, però, ha una rotta strana, “nervosa”, e gli investigatori si insospettiscono. È in quei frangenti che il peschereccio “Ferdinando di Aragona”, partito dalle coste calabresi, si avvicina alla Plutus. Scatta l’intervento del Gico della guardia di finanza su ordine della Dda di Palermo. È uno dei grossi sequestri della storia. E, secondo quanto scrivono i pm nel decreto di fermo che colpisce tutto l’equipaggio, quel traffico è la prova che ci sono contatti frequenti e un business consolidato tra la Sicilia e la Calabria. Gli altri indizi sono nei contatti tra utenze criptate tra la provincia di Palermo e l’area della Locride. Una prima conferma dell’ipotesi di Delucia: Cosa Nostra, orfana dei suoi vertici, deve ridarsi una forza economica e, per farlo, punta sui legami con la ‘Ndrangheta.
In questo segmento «abbiamo indagini recentissime – dice ancora Delucia – che provano come Cosa Nostra stia riallacciando e riaprendo i rapporti con le cosche calabresi e che certificano come l’importazione venga accordata con loro». Ancora: «Anche se le ’ndrine hanno nei fatti un monopolio del traffico di cocaina è altrettanto evidente come un brand come quello di Cosa Nostra non si abbandona». Affari antichi e metodi moderni come i nuovi criptofonini con base in server olandesi che le forze dell’ordine non sono ancora riuscite a “bucare”.
Il Gico è riuscito a ricostruire alcuni contatti tra Calabria e Sicilia prima del tentato sbarco della cocaina. Ma su questo Delucia è stato chiaro: «Il meccanismo delle intercettazioni ci pone in un certo ritardo rispetto ai metodi tecnologici che le mafie utilizzano. Abbiamo ormai una serie di comunicazioni importanti tra mafiosi che transitano su piattaforme criptate e noi siamo in ritardo. Alcune forze di polizia europee sono riuscite a entrarci, noi ancora no».
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