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l’appello

«Via le schermature in plexiglas dal carcere di Cosenza»

Il 16 settembre 2021, nella qualità allora ricoperta di Garante regionale dei diritti dei detenuti della Regione Calabria, in un incontro tenuto presso il Ministero della Giustizia, ebbi modo di c…

Pubblicato il: 07/08/2023 – 19:58
di Agostino Siviglia*
«Via le schermature in plexiglas dal carcere di Cosenza»

Il 16 settembre 2021, nella qualità allora ricoperta di Garante regionale dei diritti dei detenuti della Regione Calabria, in un incontro tenuto presso il Ministero della Giustizia, ebbi modo di chiedere alla signora ministra, Marta Cartabia, un Suo autorevole intervento per l’immediata interruzione dell’applicazione delle schermature in plexiglas alle finestre delle celle del carcere di Cosenza, previste per motivi di sicurezza, ma che non lasciavano trasparire la luce, oscuravano la vista, rendevano l’aria irrespirabile, mettevano a serio rischio la salute delle persone detenute e, perciò, integravano gli estremi di quei fattori negativi previsti in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), in tema di trattamenti inumani e degradanti.

Agostino Siviglia

La ministra, assunte le informazioni del caso, non esitò ad intervenire e di concerto con l’allora capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia ed il Provveditore regionale per Calabria, Liberato Guerriero, diede disposizione per interrompere immediatamente i lavori di istallazione delle schermature in plexiglas, riconoscendo le ragioni di dignità dell’esecuzione della pena delle persone detenute e, dunque, adoperandosi per un intervento differente che potesse, ad ogni buon conto, salvaguardare le ragioni di sicurezza (possibilità di comunicazione con l’esterno), poste alla base di quella originaria decisione.
Oggi, a distanza di quasi due anni, si apprende grazie ad una nota della Camera Penale di Cosenza “Luigi Gullo” che quelle schermature in plexiglas sarebbero state applicate alle finestre delle celle delle persone detenute, in netto contrasto con quanto deciso dal Ministero della Giustizia e dall’Amministrazione Penitenziaria nella precedente legislatura.
E’ il caso perciò di ribadire con forza le ragioni che stavano e che stanno alla base di uno Stato di diritto nell’esercizio di uno dei suoi poteri più delicati e complessi: la custodia detentiva degli esseri umani.
Per vero, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), in tema di trattamenti inumani e degradanti non è cambiata, nel frattempo, anche se, nel frattempo, sono cambiati Governo, Ministro della Giustizia e vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e, così, quel che dovrebbe valere sempre in uno Stato diritto, oggi, viene disatteso, dimenticato, violato.
Le persone detenute, in quanto detenute, non smettono di essere cittadini e, pertanto, rimangono titolari di quei diritti fondamentali che la nostra Costituzione sancisce e che il Governo di uno Stato di diritto dovrebbe garantire, non potendo “le pene consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e dovendo le stesse “tendere alla rieducazione del condannato”.
A quanto pare così non è, con questo Governo, con questo Ministro, con questa Amministrazione Penitenziaria.
Si chiede, perciò, con forza l’intervento di chi di dovere, affinché si ponga immediatamente fine ad un intervento inumano e degradante, già bollato come tale dal Governo Draghi, ma oggi relegato all’oblio di mura di cinta che pretendono di oscurare anche l’aria, la luce, la salute e la dignità stessa delle persone umane che si trovano al di là di quelle mura.
Chi ha diritto di parola non taccia; chi ha il dovere di intervenire intervenga; chi ha la responsabilità istituzionale di entrambi agisca: il silenzio o peggio l’indifferenza o addirittura l’avallo consapevole da parte del Ministro della Giustizia di un simile intervento contrario al “senso di umanità” della pena detentiva meritano non solo esecrazione ma pubblica denuncia.
Perché è dal grado di civiltà della risposta che lo Stato sa dare anche e soprattutto a chi ha commesso reati che si determina davvero il grado di civiltà dello Stato stesso.

*responsabile Giustizia di Italia Viva in Calabria

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