VIBO VALENTIA Gli inquirenti lo considerano un nome di spicco all’interno della criminalità organizzata impegnata, in particolare, nell’attività del narcotraffico internazionale. Per questo motivo la sua collaborazione con i magistrati antimafia ha avuto un ruolo quasi determinante nella ricostruzione delle dinamiche legate alle attività di contatto, compravendita e importazione di ingenti quantità di cocaina provenienti dal Sud America, gestite da alcuni degli esponenti più importanti delle cosche di ‘ndrangheta del Vibonese. Tutti elementi confluiti, poi, nella maxioperazione “Adelphi” della Direzione distrettuale antimafia, il cui processo è in corso al Tribunale di Vibo Valentia.
Stiamo parlando di Giuseppe Corsini, classe 1950, originario di San Giovanni in Persiceto, già condannato in via definitiva a 15 anni di carcere nell’ambito del processo “Due Torri Connection” della Dda di Bologna e ora anche nell’abbreviato di “Adelphi”. Tra le imputazioni più gravi a suo carico c’era, ad esempio, quella relativa al tentativo di importazione di 1.500 kg di cocaina dal Sud America. Quello di Corsini, rispetto ad altri collaboratori di giustizia i cui nomi rimbalzano con più frequenza tra le aule di tribunale (Rinascita-Scott e Imponimento in aula bunker), è un nome meno noto ma comunque di assoluta rilevanza investigativa nel gruppo criminale diretto da Francesco Ventrici (cl. ’72). Nell’inchiesta “Adelphi” la figura di Corsini è di primaria importanza per i collegamenti tra la componente calabrese e i referenti dei cartelli sudamericani, fornitori della sostanza stupefacente. Avendo interagito, negli anni, con diversi esponenti delle più importanti organizzazioni criminali dell’area reggina, tra i quali le famiglie Pelle e Nirta dedite al settore delinquenziale del narcotraffico.
La storia collaborativa di Corsini, però, è travagliata. Le prima dichiarazioni risalgono, infatti, al 4 ottobre 2011, rese al sostituto procuratore Enrico Cieri della Dda di Bologna. In quella circostanza Corsini aveva parlato del rapporto di contiguità tra Vincenzo Barbieri, Francesco Ventrici (cl. ’72) e Domenico Campisi, descrivendo anche l’importazione nell’aprile del 2010 di una partita di 1.650 kg. di cocaina occultata in barattoli di palmite via nave dalla Bolivia. «Non intendo aggiungere ulteriori dettagli in quanto temo anche per l’incolumità personale mia e della mia famiglia. Solo successivamente valuterò la possibilità di rendere o meno ulteriori dichiarazioni». Prime ma importanti dichiarazioni che lasciavano presagire una collaborazione proficua con l’antimafia, salvo una brusca interruzione risalente al giugno del 2013 quando Corsini si riservò di valutare di rendere altre dichiarazioni su ulteriori episodi, affermando di temere per la sua incolumità e quella dei suoi familiari. Riserva che Corsini deciderà di sciogliere definitivamente nel 2015, spinto anche dalle perdite premature di un figlio e della convivente, gravi lutti che lo hanno indotto a riconsiderare completamente la sua vita anche in ragione della preoccupazione per il futuro della figlia minore alla quale, venuta a mancare la madre, non restava che lui. «Voglio premettere che nel corso di questi ultimi anni ho subito la perdita prematura di mio figlio e della mia convivente, di fatto rimanendo da solo con la mia figlia minore ed un altro figlio. I gravi lutti subiti, unitamente alla forte preoccupazione peri il futuro dei miei figli, mi hanno determinato a riconsiderare completamente la mia vita, e quindi a prendere la decisione» dirà Corsini all’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo.
Quelle di Corsini, nuovo collaboratore di giustizia, sono dichiarazioni pesantissime, dense di ricordi, episodi e ricostruzioni fondamentali per gli inquirenti, attraverso le quali assesteranno poi un durissimo colpo al narcotraffico internazionale sull’asse Vibo-Sudamerica. Corsini, in tre occasioni differenti, ha rilasciato dichiarazioni in ordine alle vicende di narcotraffico che lo hanno visto, tra il 2009 ed il 2011, protagonista al fianco di Francesco Ventrici, nella programmazione di una serie di tentativi di importazione di ingenti partite di stupefacente. Corsini, in ragione della sua presenza interna all’organizzazione criminale e con compiti funzionali e direttivi legati alle transazioni programmate ed al mantenimento dei rapporti con i referenti dei cartelli sudamericani fornitori delle ingenti partite di narcotico, ha assunto di fatto una posizione centrale nella struttura associativa di appartenenza, entrando in rapporto con gli altri soci di Ventrici quali Vincenzo Barbieri, Domenico Campisi, e i fratelli Roberto e Salvatore Cuturello. Ma non solo: le dichiarazioni di Corsini, supportate dalle numerosissime intercettazioni di comunicazioni ambientali e telefoniche, hanno consentito di ricostruire le attività illecite di importazione di cocaina legate ad alcuni degli esponenti di spicco della cosca Mancuso, tra i quali Pantaleone (cl. 8/’61), Pantaleone (cl. 9/’61) ma anche Antonio Mancuso (cl. ’83), Salvatore e Roberto Cuturello e Giuseppe Antonio Accorinti, segnate poi da gravi fatti di sangue come la scomparsa di Salvatore Drommi e gli omicidi di Domenico Campisi e Vincenzo Barbieri. Quello che Giuseppe Corsini presenterà alla Dda di Catanzaro, rispondendo il 14 novembre del 2015 alle domande dell’allora sostituto procuratore Camillo Falvo, è un memoriale di quasi 100 pagine. (g.curcio@corrierecal.it)
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