CROTONE La storia inizia con Mario Megna, nipote di Mico, storico boss dei Papaniciari, che si vanta al telefono mentre “circoscrive” il raggio di influenza della sua cosca e vi include vaste aree del Nord Italia. «Io qui ho rapporti con tutti… poi sul lago di Garda non ne parliamo… Desenzano… Sirmione… io quando vado là sono il padrone, come se sono a casa mia». Megna descrive ogni sua trasferta come «un viaggio per mantenere il controllo ‘ndranghetistico della zona, con tanto di ritorno in denaro per la bacinella della consorteria». Una parte degli interessi economici della ‘Ndrangheta sulle rive del Lago di Garda passa – secondo i magistrati della Dda di Catanzaro – dai rapporti con Mauro Prospero, imprenditore del Mantovano con interessi nell’area.
Prospero – che Megna definisce in un’intercettazione «un nostro amico» – è proprietario di un villaggio turistico che porta le indagini a lambire gli affari e i rapporti dei Papaniciari con uno dei re del mercato dei videopoker, il boss oggi pentito Nicola Femia. Accade quando Michele Bolognino, figura storia dei clan crotonesi in Emilia, contatta Femia «e nel corso del dialogo lo invita a recarsi al villaggio a Desenzano perché voleva illustrargli il progetto di costruire un Casinò». Dove? Al “Garda”, che per i magistrati che hanno firmato l’inchiesta – Domenico Guarascio e Paolo Sirleo – è “The Garda Village”, proprio la struttura di cui è proprietario Prospero.
Nel 2012, anno del colloquio intercettato, il know-how di Femia è un passaggio obbligato per i clan che vogliono aprirsi al settore del gaming. Trasferitosi in Emilia Romagna nei primi anni 2000, è il capo di un “locale” autonomo inquadrano nel clan Mazzafero di Gioiosa Jonica. La sua collaborazione, inaugurata nel 2017, apre ai magistrati antimafia i cassetti di molti affari di ‘Ndrangheta al Nord. La vicenda del “The Garda Village” è soltanto un passaggio nel racconto del collaboratore di giustizia agli inquirenti. I suoi ricordi aprono un’altra finestra sugli affari del clan di Papanice. Femia, infatti, riferisce in un verbale del 2017 «dei rapporti intercorsi con tale Grasso, noleggiatore di videogames proveniente da Napoli, a sua volta concessionario di agenzie da gioco nel Crotonese e legato alla cosca Megna» attraverso un uomo indicato come «il nipote di Mico Megna» con il quale avrebbe condiviso la gestione di una società denominata “Wozzup”. Società che, «per quanto a conoscenza del collaboratore» avrebbe «raggiunto una sorta di monopolio ‘ndranghetistico nella città di Crotone, noleggiando circa un centinaio di slot machine all’interno di bar ed esercizi commerciali della città». Il noleggiatore napoletano è, per i magistrati antimafia, Renato Grasso, amministratore della società “The king of slot”, con sede ad Acerra, ritenuto vicino al clan del Casalesi. La situazione giudiziaria di Grasso, negli ultimi anni, si è fatta complicata: sono arrivate condanne e confische.
Nel settembre 2021 un nuovo verbale di Femia finisce tra gli atti dell’inchiesta Glicine-Acheronte. Il collaboratore parla dei suoi rapporti con i “papaniciari” e in particolare con Michele Bolognino. Spiega poi «di aver raggiunto accordi criminali per la fornitura di apparecchiature da gioco nell’area di Crotone». E riferisce che nel 2012, sempre tramite Bolognino, sarebbe entrato in contatto «con “il nipote di Mico Megna”» (non si tratta di Mario, ndr), a sua volta legato a Renato Grasso «tramite la gestione comune della società “Wozzup”». Femia, che in quel periodo collabora con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto, è inizialmente restio ad «avviare rapporti affaristici anche con “il nipote di Megna”», ma viene rassicurato «rispetto all’esistenza di rapporti di alleanza criminale tra i “papaniciari” e gli “isolati”», che si traducono «anche in una spartizione territoriale relativa alla gestione del “gaming”». Il rapporto con i Megna, tuttavia, non avrà inizio: le maglie della giustizia si stringono su Femia e sulle sue attività criminali nel gennaio 2013. (p.petrasso@corrierecal.it)
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