CATANZARO Faide e alleanze, guerre di mafia e nuovi assetti criminali. L’inchiesta “Karpanthos” della Dda di Catanzaro ricostruisce la mappa della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra la provincia di Catanzaro, area Presila, e la provincia di Crotone. Al centro delle dinamiche la cosca Carpino di Petronà, prima alleata con l’altra consorteria attiva sul territorio, quella dei Bubbo, e poi nemici dichiarati, e prima legati alle cosche di Isola Capo Rizzuto per poi nelle ultime evoluzioni del “locale” di Mesoraca sotto l’egida del clan Ferrazzo. Uno “spaccato” criminale che per gli inquirenti è stato possibile delineare anche grazie all’apporto di numerosi pentiti.
Nell’ordinanza del Gip emessa su input della Dda di Catanzaro infatti si evidenzia che «l’Ufficio di Procura, nell’avanzare richiesta di misura cautelare, ha premesso che, nel Comune di Petronà, operano da tempo le cosche Carpino e Bubbo, le quali, legate, rispettivamente, ai Pane di Belcastro e ai Coro Trovato di Marcedusa, hanno esteso i loro interessi anche nelle province di Genova e Lecco. Le due consorterie, attigue ed autonome tra loro, negli anni ed in varie fasi, hanno alternato periodi di reciproca sussistenza, collaborazione e mutuo soccorso, a fasi di forte attrito e tensioni manifestatesi con l’esecuzione di diversi omicidi, perpetrati anche per dare seguito alle direttive provenienti dai sodali delle cosche degli Arena di Isola di Capo Rizzuto e dei Ferrazzo di Mesoraca, dalle quali entrambe le menzionate consorterie dipendono». Gli inquirenti quindi citano «la faida dipanatasi in più anni tra le famiglie Carpino e Bubbo e risoltasi poi, nell’anno 2006, grazie all’intervento degli esponenti della cosca Arena» e le pregresse indagini (come Borderland, Trigarium, Jhonny, Stige, Aemilia, Kyterion, Malapianta, Overland) che «dimostrano l’attuale esistenza della cosca Carpino, operante sui territori di Petronà, Cerva, zone limitrofe e con ramificazioni in Liguria, Lombardia, e l’esistenza di un gruppo criminale di Cerva, detto dei Cervesi, con ramificazioni in Piemonte e Lombardia, che costituisce una sub-articolazione territoriale della cosca Carpino, da essa strettamente dipendente». L’analisi degli elementi complessivamente raccolti – emerge dall’ordinanza – «conduce ad evidenziare come la cosca Carpino e il connesso gruppo dei Cervesi, storicamente legati alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, rientrino ora sotto l’influenza decisiva del locale di Mesoraca, di cui è capo Ferrazzo Mario Donato, alias Topolino. In seguito ai contrasti con le altre consorterie locali, ed anche attraverso gli stessi, i Carpino hanno costituito un autonomo gruppo criminale proprio nella zona di Petronà e di Cerva, in cui operare con le proprie attività criminali e principalmente con il narcotraffico, le estorsioni, la detenzione ed il porto illegale di armi, i danneggiamenti, ed imponendo la propria “autorità” anche mediante l’ingerenza nella vita politica locale. E tale nuovo gruppo si inserisce perfettamente nell’ambito del cosiddetto “Sistema”, nel quale non può operare nessun altro soggetto o gruppo “non riconosciuto e autorizzato”»
Ma non solo le investigazioni del passato a fornire spunti utili alla Dda di Catanzaro. «L’esistenza della cosca Carpino – si legge infatti nell’ordinanza del gip – può affermarsi anche grazie alle convergenti dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, provenienti da contesti criminali eterogenei, che hanno fornito fondamentali apporti nella ricostruzione delle vicende criminali delle cosche di ‘ndrangheta del cosentino, consentendo di apprezzarne la perdurante operatività. Si tratta in particolare delle dichiarazioni di Ferrazzo Felice, Scalese Luigi, Scarpino Carmine, Esposito Danny, Mirarchi Santo, Pulice Gennaro, Monti Danilo, Liperoti Giuseppe. Tutti i collaboratori conclamano l’esistenza di due gruppi criminali su Petronà, facenti capo ai Carpino ed i Bubbo, con dichiarazioni che si riscontrano tra loro e dalle quali è stato possibile delineare l’attuale struttura della cosca e le attività di interesse del sodalizio». Gli inquirenti in particolare definiscono «importanti dichiarazioni quelle rese da Ferrazzo Felice (verbale 25 maggio 2001), da Scalese Luigi (verbale 7 dicembre 2006), da Scarpino Carmine (verbali del 2 febbraio 2011 e 5 febbraio 2001) e da Pulice Gennaro, i quali hanno dato atto del contrasto esistente tra i Carpino ed i Bubbo ed hanno, altresì, dichiarato che fin dagli anni ’90 vi era un gruppo criminale operante su Petronà e facente capo a Carpino Alberto (poi assassinato) e composto anche da parte degli odierni indagati». (c. a.)
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