LAMEZIA TERME Oltre 40 latitanti di ‘ndrangheta arrestati in ogni angolo del mondo, e un’azione di contrasto che punta a diventare ancora più capillare a livello internazionale. Nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia si traccia un primo bilancio dell’attività del progetto “I-Can”, strumento di cooperazione internazionale tra le forze dell’ordine istituito nel luglio del 2020 su accordo del Dipartimento della Pubblica sicurezza e del Segretariato generale dell’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale denominata “Interpol”.
Il progetto – specifica la Dia- «ha il merito di aver sviluppato una rete per il contrasto della criminalità organizzata mafiosa con particolare riguardo alle ramificazioni internazionali della ‘ndrangheta. L’obiettivo del progetto è quello di divulgare e condividere la conoscenza delle strutture mafiose e del modus operandi della ‘ndrangheta, per individuare i capitali illeciti investiti nel territorio globale e localizzare e arrestare i pericolosi latitanti affiliati a quell’organizzazione criminale. Per il perseguimento di tali obiettivi è stato costituito un hub presso la Direzione centrale della Polizia criminale che coinvolge le forze di polizia, la Direzione investigativa antimafia e la Direzione centrale dei Servizi Antidroga, e le attività del progetto sono geograficamente orientate, oltre che all’Italia, al territorio europeo, americano e australiano. Oltre all’Italia, I-CAN focalizza le attività in 13 Paesi in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta in Europa, nelle Americhe e nel Pacifico: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Spagna, Stati Uniti, Svizzera e Uruguay. Nel corso del 2022 hanno altresì segnalato il loro interesse all’iniziativa la Croazia, i Paesi Bassi, il Regno Unito e il Principato di Monaco». La Dia rileva che «la cooperazione multilaterale, nell’ambito del progetto I-CAN, coinvolge gli Uffici centrali nazionali, le unità investigative speciali, i procuratori e gli ufficiali di collegamento di polizia, con l’obiettivo di creare un network operativo, che consenta un facile scambio info-investigativo mediante l’utilizzo dei più evoluti strumenti di analisi, per organizzare e coordinare operazioni internazionali volte ad individuare, sequestrare e confiscare gli asset finanziari riconducibili ai gruppi criminali ‘ndranghetisti. L’attività operativa svolta dal mese di giugno 2020 dall’Unità I-CAN ha consentito di localizzare e trarre in arresto 43 latitanti appartenenti alla ‘ndrangheta (di cui 2 in Albania, 4 in Argentina, 3 in Brasile, uno in Canada, uno in Costarica, uno in Francia, uno in Georgia, uno in Indonesia, 3 in Italia, 4 in Polonia, uno in Portogallo, uno nella Repubblica Dominicana, 11 in Spagna, 5 in Svizzera, 2 in Turchia, uno in Ungheria). Si è proceduto altresì al sequestro di ingenti somme di denaro contante, droga ed armi ed all’arresto di ulteriori fiancheggiatori in Italia. Sono ovviamente dati che vanno visti e letti anche in controluce, perché comunque confermano la proiezione sempre più globale della ‘ndrangheta».
Per la Dia «sono in corso costanti e proficue interlocuzioni con tutte le forze di polizia delegate allo svolgimento di indagini a carico di sodalizi mafiosi di matrice ‘ndranghetista con proiezioni internazionali e sono state veicolate 12 richieste di osservazione transfrontaliera e 12 richieste di accreditamento di operatori, nonché effettuate 53 riunioni operative. Dal 14 al 17 novembre 2022, a Roma si è tenuta la “Prima Conferenza dei Focal Point del Progetto I-CAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta)”. Si sono riunite le forze di polizia di 14 Paesi, sotto l’egida di Interpol, per definire insieme la strategia di contrasto alla ‘ndrangheta. “La ‘ndrangheta si è fatta holding criminale: non attacca più frontalmente lo Stato – ha spiegato il prefetto Vittorio Rizzi, vicedirettore generale della Pubblica sicurezza e promotore del progetto – è una mafia silente e pervasiva che inquina le economie legali, intossicandole con la corruzione e il riciclaggio. Il tempo che viviamo, ha aggiunto – richiede la massima resilienza delle Forze di polizia, che si devono adattare rapidamente agli scenari criminali che mutano rapidamente per massimizzare i profitti, approfittando del progresso tecnologico, dalle criptovalute fino al metaverso”. Come ha, poi, spiegato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, “la ‘ndrangheta non è un problema italiano ma mondiale: ha assoldato i migliori professionisti per infiltrare le economie legali attraverso i proventi delle attività illecite, dialoga e fa affari con i più pericolosi cartelli criminali in tutto il mondo. Fino a poco tempo fa la cooperazione internazionale di polizia veniva attuata solo nella fase finale delle indagini, nell’esecuzione degli arresti e nella cattura dei latitanti. Oggi il coordinamento avviene molto prima perché occorre portare avanti le indagini contemporaneamente nei vari Paesi del mondo”. Sul questo tema della internazionalità del fenomeno è intervenuto anche il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri: “La ‘ndrangheta è un fenomeno globale che non si vede… Il problema è di tutti e tutti insieme dobbiamo combatterlo in modo efficace”». (nella foto l’arresto del latitante Antonio Strangio a Bali nel febbraio scorso). (redazione@corrierecal.it)
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