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Tokyo, New York, Scalea. Il tempo nuovo della città costiera dopo i napoletani e i russi

La nuova stazione di Scalea potrebbe essere l’inizio della terza vita della cittadina costiera

Pubblicato il: 28/10/2023 – 11:50
di Lucia Serino
Tokyo, New York, Scalea. Il tempo nuovo della città costiera dopo i napoletani e i russi

COSENZA Ma avete visto come stanno ristrutturando la stazione di Scalea? Non è niente male, anzi – diciamolo – è proprio bella, per il design e per i servizi immaginati nel progetto che è una delle opere del Pnrr. Un po’ viene nostalgia a guardarla, qualunque sia il rapporto che abbiamo avuto con questo luogo fondante dell’immaginario di una certa vacanza degli anni Ottanta/Novanta, per tutti gli italiani tranne che per i calabresi. Ecco, questo è un punto importante. Come Salgari, lo scrittore di Sandokan che seppe immaginare avventure in ogni angolo della terra senza muoversi mai dall’Italia, Vincenzo
Sarnelli, al secolo Tony Tammaro, a Scalea non c’era mai stato quando scrisse – era il 1992 e in Italia scoppiava tangentopoli – una delle canzoni più famose del suo notissimo repertorio di formidabile ironia tamarra. Io di Scalea, la canzone, mi ricordo perfettamente, servì a farmi scoprire la Calabria senza esserci stata prima. Tony Tammaro, come un attore che segue il metodo Stanislawsky, scelse di essere, nella finzione artistica, un antiborghese tutt’altro che povero (simile ai coatti romani o ai burini) per poterne parlare, personaggi incongruenti, dissimulati, teatrali e barocchi, quelli che fino all’inizio del Duemila hanno invaso la costa dell’alto tirreno cosentino dove i cosentini non vanno neppure oggi fermandosi notoriamente a Diamante che accoglie altra tipologia di napoletano dominante.
Vincenzo Sarnelli ha poi più volte scherzosamente chiesto scusa ai cittadini di Scalea (anche se poi l’ha rimessa in un album del 2015) ma tutto sommato andrebbe ringraziato perché ha cantato un’epoca fortemente identitaria che è nella storia di quella parte di Calabria scelta con tale convinzione dai napoletani che persino Maradona l’unica volta che ha giocato in Calabria è lì che è andato. Una storia mal sopportata in Calabria alla ricerca perenne di un modo per affrancarsi dalla condizione di “seconda scelta”, la sindrome di Burghy rispetto a Mc Donald’s. Forse bisognerebbe fare pace con la propria storia, mutevolissima, molto di più di quella di altri luoghi. Scalea ha conosciuto l’epoca dei napoletani (che non sono comunque proprio scomparsi) nell’epoca in cui uno non valeva ancora uno ma anticipava l’onda del movimento di massa che sarebbe avvenuto dopo. Poi arrivarono i russi, sempre segmento popular, fermati prima dal covid e poi dalla guerra. Andrebbe fatto, a distanza di anni, un ragionamento su cosa significa “popolare” e
come sia concetto diverso da una condizione socioeconomica.
Popolare era un luogo che non ti respingeva e dove potevi portare anche il tuo modo di essere che si contaminava con quello che trovavi. Ora la nuova stazione di Scalea potrebbe essere l’inizio della terza vita della cittadina costiera, un modello di quello che abbiamo bisogno e che viene indicato in tendenza da tutti gli indicatori del turismo: spazi e collegamento tra i borghi storici – bellissimi – e il lungomare. Un nuovo modo per concepire la vivibilità delle lunghe estati che verranno, quelle delle nevrosi climatiche e del nostro scontento. E’ in realtà una tendenza già in atto, persino a Diamante che è l’unico paese dell’alto tirreno ad avere il borgo marinaro, cresce la tendenza ad andare su. A Belvedere hanno appena presentato la proposta “Borgo shuttle sea”, il senso è quello. Ed è perciò interessante puntare su questa specificità territoriale calabrese, piuttosto che inseguire modelli che ormai anche altrove stanno crollando. Ripartiamo da Scalea, allora, icona trasformativa del rapporto tra i luoghi e le persone. E farei pace con Tony Tammaro che in fondo ha cantato un’epoca, il tempo di Scalea, come in quella foto che lo ritrae nel 2015 con i tre fusi orari, Tokyo, New York e, appunto, Scalea, formidabile.

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