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Intimidazioni e minacce, la risposta (non solo legislativa) che ancora manca

Il caso di Roberto Macrì, medico veterinario dell’Asp di Catanzaro, e l’importanza di andare oltre la denuncia: serve la vicinanza di tutti

Pubblicato il: 01/11/2023 – 19:00
di Ennio Stamile*
Intimidazioni e minacce, la risposta (non solo legislativa) che ancora manca

In Calabria ricorrere alle minacce è diventata una prassi costante. Lo sperimenta a proprie spese chi ricopre incarichi pubblici che cerca di svolgere con libertà, onestà e senza mai cedere al compromesso, alle scorciatoie, corruzioni e collusioni, sempre dietro l’angolo.
Sindaci, operatori sanitari e funzionari delle Asp, spesso anche Sacerdoti, si trovano a dover fare i conti con questa triste realtà che denota, anche quando non proviene da ambienti ‘ndranghetisti, una mentalità mafiosa davvero difficile da estirpare.
Uno tra i tanti a ricevere diverse minacce è il Dottor Roberto Macrì, medico veterinario dell’Asp di Catanzaro fatto oggetto di numerose lettere minatorie ed attentati dal 2006 all’ultima lettera minatoria recapitatagli nel mese di agosto di quest’anno.
Non basta la denuncia, che di solito viene fatta regolarmente da chi le riceve, occorre far sentire a queste persone la vicinanza di tutti, in modo particolare dei datori di lavoro, spesso poco interessati a queste dinamiche. Finalmente, dopo la lettera aperta dell’Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari) ben tredici senatori della Repubblica – prima firmataria Enza Rando – pongono un’interrogazione parlamentare ai Ministri dell’Interno e della Salute Matteo Piantedosi e Orazio Schillaci, riprendendo il testo della lettera aperta dell’Anmvi che, tra l’altro, sottolinea come la legge 113 del 2020 non sia adeguatamente focalizzata sul contesto della professione veterinaria e chiedeva l’urgente adozione di un protocollo specifico di prevenzione, protezione e intervento per la professione veterinaria.
L’interrogazione parlamentare, ribadisce che, alla luce di quanto esposto nella lettera aperta, se pur esista un Osservatorio nazionale sulla sicurezza delle professioni sanitarie e socio-sanitarie, istituito con decreto dei Ministeri della Salute e dell’Interno il 13 gennaio 2022, nel suo primo rapporto non fa alcun cenno sull’esposizione alla criminalità, “pur evidenziando come il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario assuma una particolare rilevanza”. Mi sembra un’evidente e macroscopica contraddizione in termini. Eppure, un Osservatorio nasce anche per monitorare gli “eventi sentinella”, che posso dare luogo a violenze di vario genere.
Forse è il caso di ribadire che anche una lettera minatoria è una violenza, sebbene venga perpetrata in modo anonimo. L’etimo di questo ultimo termine deriva dal greco, anonymos, “senza nome” appunto. Nascondere il proprio nome, la propria identità, è sempre un atto vile ed incivile ecco perché tali lettere, che spesso vengono inviate per calunniare, diffamare ed infangare, oltre che per le minacce, più che destare curiosità (capita spesso anche questo), dovrebbero solo ed esclusivamente provocare disgusto.
Nel caso delle lettere minatorie, occorre sempre mostrare solidarietà nei confronti di chi le riceve perché, comunque, provocano disagio familiare e sofferenza. Dinanzi alle sofferenze delle persone, ancora di più quando sono provocate dall’ingiustizia e dalla violenza, non possiamo rimanere indifferenti. Soprattutto alle nostre latitudini, poi, mai abbassare la guardia o sottovalutarle.

* Rettore UniRiMi

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