È il tempo di Crotone. E speriamo che qualcuno ricordi che il tempo, così come lo misuriamo adesso, i mesi, i giorni, il nostro calendario insomma, è frutto dell’ingegno di un figlio di questa terra, Aloysius Lilius di Psycrón, cioè Luigi Lilio di Cirò. Molto va in direzione Crotone, oggi in Calabria, il rafforzamento dei collegamenti aerei, il porto, la facoltà di medicina (vada come vada, le intenzioni contano), e la scelta, mai messa in competizione con altre città, di brindare al nuovo anno in diretta su RaiUno come investimento di massima visibilità proprio lì, nella piazza del cittadino più illustre della città, Pitagora, che in Calabria ha un doppione, lo scultore di Reggio. La questione delle Calabrie, un po’ qua un po’ là, è proprio antica.
Ma in fondo la pluralità è una ricchezza. Come ricchezza è la riserva energetica del sottosuolo crotonese alle prese – ovunque in Italia è così – con il grande equivoco dell’iconoclastia di un certo ambientalismo che, basta una gru, per confondere una manutenzione ordinaria su un pozzo con nuove trivellazioni. Come se fosse possibile oggi occultare, fischiettando, autorizzazioni di questa portata. La questione è scivolosa, certo, in una città che sconta gli effetti pesanti dell’industria pesante del secolo scorso e che cerca legittimamente la sua strada di sviluppo nel nome della parola più necessaria ma anche più abusata del momento, la sostenibilità. A volte se ne depaupera il significato. Non sarà questo il caso, la questione però non è complessa come verrebbe da dire, ma ragionevole e lineare, per chi si sforza di essere neutrale davanti ai grandi cambiamenti della Storia, la questione semplice è partire dall’assunto che lo sviluppo è come le gambe di un octopus, una spinge l’altra, l’ambiente di un luogo cioè è un equilibrio in cui l’attività produttiva può andare tranquillamente a braccetto con Amadeus. Non si vive di solo turismo o di enogastronomia. Non fa eccezione la Calabria. Divisivo il discorso, sì, chiudiamolo qui. È indubbio, per tornare all’oggi, che il Governatore Occhiuto abbia puntato a dare voce alla città di Voce, la città della spiaggia rossa, quasi una sfida all’irraggiungibilità, se consideriamo cosa significa la 106 ma anche la Silana Crotonese, a mezzanotte del 31 dicembre, per stare alle cose più divertenti, cioè al concertone di Capodanno, che di certo sarebbe stato più facilmente fruibile per tutti i calabresi sulla linea retta tra Cosenza e Reggio, due città appannaggio di sindaci a sinistra, come Catanzaro, del resto. C’era anche Vibo, unico capoluogo di provincia guidato da una donna. Sarà la roulette dell’anno prossimo perché l’accordo tra Rai.Com e la Regione Calabria non finisce qui, c’è il secondo round per il capodanno del 2025. Certo la Storia troppo spesso non si dà pace e scivola pericolosamente quando i confini si chiudono nella pretesa dell’identità e del patrimonio da tutelare. Per fortuna qui i segnali non vanno oltre – si spera – al frastuono, in fondo divertente, degli equivoci, come in una commedia di Plauto. La storia del castello di Crotone ad esempio, che, passando di titolarità dalla Soprintendenza alla Direzione dei musei, ha riacceso lo scontro epocale con Sibari. Ce n’è quanto basta per una nuova trama epica, troppe le suggestioni che si respirano davanti a questo mare. Vale la pena, allora, fare gli auguri a Crotone che si affaccerà nelle case di tutti gli italiani tra due mesi, con un meno dieci, meno nove, meno otto…grazie proprio a un crotonese che così sincronizzò l’anno solare, cinquecento anni fa. Se si rendesse omaggio a questa grande storia sarebbe un messaggio potente, a dire che il tempo nuovo parte proprio da qui. Perché la musica, Crotone, l’ha già conquistata da tempo. Speriamo se ne ricordino, il 31 dicembre, di Rino Gaetano, nel passaggio a un nuovo anno carico di incertezze nel mondo. Abbiamo bisogno almeno di sognare che il cielo, nonostante tutto, è sempre più blu. (redazione@corrierecal.it)
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