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Da Gioia Tauro alla Liguria, la cocaina «dell’amico di giù» comprata un chilo alla volta

Nell’inchiesta della Dda di Genova ricostruiti i viaggi dalla Piana, passando anche per Roma. E la figura di Scarcella, broker che agiva per conto dei Piromalli

Pubblicato il: 19/11/2023 – 18:11
di Giorgio Curcio
Da Gioia Tauro alla Liguria, la cocaina «dell’amico di giù» comprata un chilo alla volta

GENOVA Un gruppo criminale in grado di riempire di cocaina le piazze di spaccio della provincia di Imperia e in grado di rifornirsi, con continuità, grazie a viaggi organizzati direttamente dalla Calabria. È uno dei punti chiave attorno al quale ruota l’inchiesta della Dda di Genova “Ares21” che ha portato all’arresto di 26 persone. L’indagine della polizia giudiziaria, come confermato dal gip nell’ordinanza, ha consentito di individuare tra gli esponenti di primo piano del gruppo Domenico Gioffré, il classe ’93 originario di Palmi, finito in carcere. Era lui, infatti, che vantava contatti diretti con i trafficanti calabresi — con i quali comunicava solo a mezzo di telefonini criptati – dai quali acquistava con regolarità un quantitativo di 1 kg alla volta. Tanti i viaggi «di approvvigionamento» documentati dagli inquirenti, almeno da agosto 2021 ad aprile 2022. Trasporti che venivano effettuati con viaggi organizzati dalla Calabria sia con auto per lo più affittate sia con autobus di linea.

Il calabrese Scarcella

Uomo chiave – sempre secondo gli inquirenti – sarebbe Giuseppe Scarcella «Peppe, l’amico di giù», tra gli arrestati nell’operazione. Era lui, così come riporta il gip nell’ordinanza, a garantire un costante rifornimento di cocaina al gruppo ligure tramite la consegna a Gioia Tauro o anche a Roma. Si trattava di pacchi di «cocaina in pietra di 1 kg» per un ammontare complessivo di almeno 13 chili, al costo di circa 35mila euro al pezzo. Soldi ricevuti in contanti. Giuseppe Scarcella, classe ’94 nativo di Cinquefrondi e residente a Cosoleto, nel Reggino, così come è emerso dall’inchiesta, acquistava la droga dalla famiglia dei Piromalli, clan di spicco della ‘ndrangheta calabrese, e ricavava «per ogni compravendita un guadagno di 2/3 mila euro per ogni chilogrammo di cocaina trattato». Secondo gli inquirenti, come scrive il gip nell’ordinanza, Scarcella avrebbe organizzato le consegne di cocaina in Calabria e nelle Capitale «indicando i tempi e i luoghi dove si sarebbe perfezionato lo scambio» e avrebbe anche «fornito indicazioni per le cessioni in ipotesi di sua assenza». E si sarebbe anche assicurato la vendita, e l’invio, di cinque criptofonini al prezzo di 2mila euro l’uno, «unico strumento che consentiva agli associati di intrattenere conversazioni non intercettabili, che inviava attraverso bus della linea “Lirosi” o tramite il servizio postale».       

I viaggi tra la Liguria e Gioia Tauro

Tra i primi episodi documentati dagli inquirenti c’è il tentativo di consegna di un chilo di cocaina. È il 17 settembre 2021 e, su indicazione di Gioffrè, Antonino Laganà (cl. ’03), Giovanni Chimenti (cl’ 80) e Alessandro Casa (cl. ’89) intraprendono un viaggio verso la Calabria a bordo di una Volkswagen T-Roc noleggiata appositamente. Come da accordi presi, il gruppo si incontra nei pressi di Gioia Tauro, il giorno successivo, con il fornitore calabrese, Scarcella, e «consegnano la somma di denaro concordata per l’acquisto», senza però ricevere la droga «per la presenza di esponenti delle forze dell’ordine nella zona circostante». Seguono, poi, altri due viaggi verso la Calabria il 21 e il 22 settembre 2021. I protagonisti sono sempre Antonino Laganà, Giovanni Chimenti e, questa volta, Robert Josè Marquez, equadoregno classe ’89. Il primo giorno, a causa di un guasto della loro Ford Focus noleggiata, il trasferimento si interrompe. Il secondo, invece, un incidente stradale avvenuto nei pressi di Gioia Tauro non consente ai tre di recuperare la cocaina da Scarcella.

I viaggi su bus e treni

Qualche giorno dopo – evidentemente a causa dei continui imprevisti – il carico di droga viaggia lungo la rotta inversa. Su indicazione di Gioffrè, Lorenzo Onda (cl. ’94) a bordo di una Jeep arriva a piazza Nenni, ad Albenga, in provincia di Savona. È il 27 settembre e attende l’arrivo dell’autobus di linea proveniente da Gioia Tauro su cui viaggia Antonino Laganà. Entrambi, una volta scesi dal bus, recuperano una scatola di cartone spedita da Scarcella e indirizzata a “Ronda Lorenzo”, un nome fittizio – secondo gli inquirenti – per nascondere la vera identità della persona incaricata del ritiro. All’interno, un numero imprecisato di panetti di cocaina in pietra per un peso totale di circa 1 chilo. Subito dopo si recano a casa di Domenico Gioffrè dove Laganà e Carmelo De Marte si occupano poi di nasconderla. I viaggi, come detto, erano continui. Segno evidente che gli affari andavano alla grande. Tra quelli documentati dagli inquirenti e finiti nelle carte firmate dal gip anche una consegna avvenuta, questa volta, in treno. Un altro carico di 1,170 kg di cocaina al prezzo di 30mila euro, acquistata da Scarcella, e recuperata in Calabria da Giovanni Chimenti. Una volta preso il carico – puro all’81,5% – Chimenti nasconde la droga in uno scatolone di cartone e fa ritorno in Liguria. Ma, arrivato quasi a casa, è l’11 dicembre 2021, il carico viene sequestrato dalle forze dell’ordine durante un controllo effettuato nel casello autostradale di Imperia Est.

arresto gdf genova dda

I viaggi alle porte di Roma

Altro viaggio, questa volta fino a Roma: a partire sono Giovanni De Marte (cl. ’97), Johnny Loda (cl.’97) e il minorenne C. D. M., insieme ad Ayiob Gbali (cl. ’99 finito ai domiciliari) arrivano nella Capitale a bordo di un’Alfa Romeo Stelvio, insieme a 30mila euro cash che consegnano anche in questo caso a Giuseppe Scarcella come “anticipo”. La consegna, infatti, avverrà in seguito. È il 9 febbraio 2022 e, un mese dopo, si conclude un altro affare alle porte di Roma. Questa volta è Nicolò Striglioni (cl. ’67) a partire verso la Capitale a bordo di una Citroen C3. Una volta arrivato si incontra con Scarcella nella stazione di servizio a Fiano Romano e, in cambio di una somma di denaro imprecisata, riceve un panetto di cocaina in pietra dal peso di 1,145 kg, lo nasconde all’interno del vano portaoggetti posto al di sotto del sedile passeggero del veicolo e si dirige verso Diano Castello. Salvo poi essere arrestato nei pressi di Arezzo. Due mesi dopo un altro affare si chiude nei pressi dell’uscita autostradale di Monteporzio Catone, in provincia di Roma, con un tale Renato, non meglio identificato, al quale consegnano il corrispettivo pattuito di 15mila euro come pagamento anticipato della cocaina, la cui consegna, come preventivamente concordato, veniva posticipata. Un business, dunque, costante e remunerativo per un gruppo criminale che sarebbe riuscito a farsi largo nel periodo pandemico del Covid-19. «Non abbiamo capi, i capi siamo noi» dice in una intercettazione Domenico Gioffrè mentre chiariva alla moglie quali fossero i rapporti all’interno della scena criminale. E nel territorio di Imperia non c’erano rivali. (g.curcio@corrierecal.it)

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