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Il traffico di droga e la latitanza “anomala” di Massimo Gigliotti, «amico» della ‘Ndrangheta

Il 55enne si trovava in Sud America dal 2018, prima del fermo emesso nell’operazione “Ichnos”. È già stato condannato a 8 anni e 8 mesi

Pubblicato il: 02/12/2023 – 18:11
di Giorgio Curcio
Il traffico di droga e la latitanza “anomala” di Massimo Gigliotti, «amico» della ‘Ndrangheta

Per gli inquirenti era latitante dal 2018, di fatto che si trovasse in Sud America era una notizia nota da tempo, da quando biglietti e passaporto in mano era volato dall’altra parte del mondo per festeggiare il suo compleanno. È un caso “anomalo” quello di Massimo Gigliotti, classe 1968 arrestato a Barranquilla, nel nord della Colombia, in un’operazione congiunta tra forze di polizia locali, Guardia di Finanza e Carabinieri del Comando provinciale di Bologna (QUI LA NOTIZIA). Gigliotti ha alle spalle un lungo elenco di operazioni di polizia, ma ha anche una fitta rete di contatti con broker internazionali e amicizie con soggetti legati al mondo della droga. E, fino a qualche giorno fa, un mandato d’arresto internazionale emesso dall’Interpol, una “red notice” che ne facevano un soggetto da individuare, arrestare ed estradare in Italia. Fatale per la sua cattura sarebbe stato l’incontro tra Gigliotti e un avvocato, in un centro commerciale del posto. Una volta individuato, avrebbe poi fornito un documento d’identità falso, con la sua foto ma con il nome di Pedro Javier Zambrano Pulido, che utilizzava per spostarsi in Colombia.

Il profilo

Il 55enne, di origini calabresi, ha vissuto per anni in Sardegna prima di trasferirsi, in seguito, a Caronno Pertusella, in provincia di Varese. Quello di Gigliotti, però, non è un nome qualunque. La sua vita è caratterizzata da vicissitudini giudiziarie, viaggi all’estero e in Sud America e rapporti con soggetti gravati da precedenti penali legati essenzialmente al traffico di droga. Oltre a due processi alle spalle, una condanna definitiva e un’altra in attesa del verdetto in appello.

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Il suo nome balza alle cronache già nel maggio del 2011 quando figura tra gli arrestati in un’operazione condotta dalla Squadra mobile di Torino e dei commissariati della zona Dora Vanchiglia e di Rivoli. Un blitz eseguito tra Piemonte, Lombardia e Calabria, con il sequestro di due chili di cocaina, 20 di hashish, un fucile da caccia a canne sovrapposte calibro 12, un revolver calibro 38 special con matricola abrasa, una pistola semiautomatica Beretta calibro 9, numerose munizioni e tre cellulari. A finire in manette furono Joseph Dalmasso, francese all’epoca 54enne, arrestato alla stazione ferroviaria rhodense insieme ad altri due pluripregiudicati italiani Antonio Rao e proprio Massimo Gigliotti, all’epoca 43enne. Il francese era stato poi affidato ad una comunità di recupero da cui era scappato mentre Rao, dopo la scarcerazione, aveva violentato una ragazzina romena costringendola ad assumere cocaina. I due verranno poi arrestati nel dicembre del 2019 in Bolivia dalla Squadra mobile di Torino e dal Servizio Centrale Operativo di Roma insieme al Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (Scip): Rao doveva scontare ancora dieci anni di carcere per violazione della legge sugli stupefacenti e violenza sessuale su minore di anni 18, il secondo cinque anni e sette mesi di carcere per droga. Massimo Gigliotti incassa una prima condanna a 7 anni e sei mesi di carcere.

Ichnos

Il nome del classe ’68 salta fuori nuovamente nel corso di un’altra operazione di polizia. Questa volta siamo in Sardegna, il blitz si chiama “Ichnos” e porta all’arresto di 15 persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Tutto ruota attorno, nuovamente, al narcotraffico: quasi novanta i chili di cocaina movimentati nel giro di un anno, 16 chili e mezzo recuperati dai carabinieri insieme a un chilo e mezzo di eroina e un giro di denaro che ammonterebbe a tre milioni e 200 mila euro per portare gli stupefacenti in Sardegna passando per le mani della criminalità organizzata Calabrese e albanese. A gennaio del 2021 il gup, tra gli altri, condanna Massimo Gigliotti a 8 anni e 8 mesi e si attende, ancora, la sentenza d’appello.

Le accuse e la latitanza “anomala”

Massimo Gigliotti – ricercato finora dall’Interpol – è accusato di far parte della ‘ndrangheta ma, di fatto, nelle sentenze di condanna non gli è mai stato riconosciuto il reato di associazione mafiosa. E, mentre il generale William René Salamanca, direttore della polizia colombiana, dopo l’arresto ha sottolineato il livello di cooperazione con le autorità italiane e l’unità I-Can ha sottolineato di essersi occupata della localizzazione di Gigliotti in Colombia, il 55enne sarebbe quanto meno un latitante “anomalo”. Già perché Massimo Gigliotti sarebbe partito per il Sud America per festeggiare il 50esimo compleanno (quindi nel 2018) solo qualche giorno prima del fermo emesso nei suoi confronti nel corso dell’operazione “Ichnos” in Sardegna. Gigliotti dunque resta un soggetto legato, attraverso alcune figure, alla ‘ndrangheta calabrese ma, di fatto, non ne farebbe parte, come spesso accade ai broker più potenti. (g.curcio@corrierecal.it)

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