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la ricostruzione

Quel calabrese che si prese Lisbona nell’Ottocento

Antonio Marrara e il suo immaginario sull’estrema sponda d’Europa

Pubblicato il: 06/12/2023 – 15:32
di Carmine Cassino
Quel calabrese che si prese Lisbona nell’Ottocento

Se una macchina del tempo ci permettesse di portare indietro di due secoli le lancette, e di piombare nella Lisbona di inizio ‘800, città commercialmente sempre molto viva grazie anche all’intraprendenza di tanti italiani (prima della nascita dell’Italia politica) che qui si erano trasferiti, in epoca di emigrazioni di antico regime, ci imbatteremmo in un calabrese che ha legato in maniera indissolubile il suo nome alla storia della capitale lusitana e alla sua cultura, soprattutto gastronomica.Chi è costui? Si chiamava Antonio Marrara (divenuto Marrare per i portoghesi), e diventò protagonista di una storia personale veramente rilevante, soprattutto per l’impatto che ha poi avuto sull’immaginario degli abitanti di quella città, tanto che nella sua tradizione culinaria si è fatto largo un piatto conosciuto come bife à Marrare, la bistecca alla moda di Marrara, il quale fa sua bella figura nella pagina dei “sapori” sul sito istituzionale del Comune di Lisbona.

Nato (non si conosce ancora la data) nell’allora provincia di Calabria Ultra, tra le località di Calanna e Laganadi, dove all’epoca risiedevano i suoi familiari, secondo quanto riferisce un documento consolare del 1826, custodito presso l’archivio di Stato di Napoli. Era probabilmente arrivato sulle estreme sponde d’Europa insieme al Marchese di Nisa, conosciuto nella città partenopea durante una delle sue missioni militari alla fine del Settecento. Divenne suo coppiere fino alla morte di quegli, nel 1802, anno in cui Marrara comincia la scalata al commercio cittadino, una progressione che lo condurrà a controllare varie e celebri sale da caffè, nonché a tentare la strada dell’impresa culturale, la chiameremmo oggi, divenendo nel 1825 “manager” del più importante teatro d’opera di Lisbona, il São Carlos, tra la cui gente elegante questo signore «paffuto, rubicondo, sonnolento, grande amante della buona cucina italiana […] amava pavoneggiarsi», ci ricorda Marina Tavares Dias (Os cafés de Lisboa, p. 39).

Dotato di elevate capacità gestionali, tra gli stabilimenti finiti sotto il suo controllo la memoria cittadina ricorda il “Marrare do arco da Bandeira” (nei pressi della piazza del Rossio), il “Marrare do São Carlos” (situato, appunto, in prossimità del teatro) e il “Marrare do Polimento”, forse il più celebre di tutti, inaugurato nel 1820 (chiuderà battenti nel 1866), le cui porte si aprivano nel quartiere dello Chiado, più precisamente nella centralissima “rua das Portas de Santa Catarina” (oggi la celebre rua Garrett, tra i numeri 56 e 60, a pochi passi dal caffè A Brasileira dove tutti i passanti si fermano per una foto con la statua bronzea di Fernando Pessoa). Tutti luoghi che diverranno ben presto simulacri di una socialità rituale: in essi si riunivano i liberali ai tempi delle lotte anti-assolutiste, così come era possibile incontrarvi gli amanti della tauromachia, che in essi si ritrovavano il sabato mattina per stuzzicare qualcosa prima di andare al Campo Grande, dove avevano luogo gli spettacoli. Nel 1821 fu lui ad accogliere il suo corregionale Guglielmo Pepe, giunto a Lisbona nel corso della sua peregrinatio da esule nell’Europa delle rivoluzioni costituzionali.

L’erronea notizia della sua morte, diffusasi in Calabria nel 1826, spinse al lungo viaggio i parenti rimasti nel reggino, mossi dalla volontà di accreditarsi quali eredi di un patrimonio che l’Intendente di Reggio Calabria in «mezzo milione di ducati». Divenne l’occasione per salutare quel familiare emigrante che aveva avuto successo: Antonio Marrara, quel calabrese che seppe conquistare una delle città più affascinanti del mondo.

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