Ultimo aggiornamento alle 23:30
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

“Nuova linea”

‘Ndrangheta, colpo allo strapotere dei clan su Scilla e le condanne ai vertici

Giuseppe Fulco, condannato a 20 anni, diceva: «Qui si fa quello che dico io». Le condanne a Nino “la Iena” Nasone e ad Alberto Scarfone

Pubblicato il: 05/01/2024 – 18:57
di Mariateresa Ripolo
‘Ndrangheta, colpo allo strapotere dei clan su Scilla e le condanne ai vertici

REGGIO CALABRIA Diceva: «A Scilla si fa quello che dico io, quando lo dico io e come cazzo voglio io». Una «arroganza criminale» ostentata, quella di Giuseppe Fulco, unita alla «volontà di imporre, con l’intimidazione mafiosa, le sue regole inderogabili», che trovano ampio spazio nelle carte dell’inchiesta “Nuova Linea” che ha portato al processo in abbreviato che si è concluso a Reggio Calabria con quattordici condanne e quattro assoluzioni. La condanna più pesante è stata inflitta dal gup Margherita Berardi proprio a Giuseppe Fulco, vent’anni di reclusione per il nipote del defunto Giuseppe Nasone, indicato come il capo storico dell’omonimo gruppo criminale. Oltre 15 anni di reclusione per il suo braccio destro Antonino Nasone, detto “La Iena”, mentre ad Alberto Scarfone sono stati inflitti 11 anni, 2 mesi e 20 giorni: considerata figura centrale nei rapporti tra la cosca di Scilla e la ‘ndrangheta di Villa San Giovanni.

Le indagini

L’operazione scatta la mattina dell’8 agosto 2022 con l’arresto di 22 persone e scaturisce dall’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, e dai sostituti procuratori Walter Ignazitto, Nicola De Caria e Diego Capece Minutolo, con un blitz scattato contemporaneamente nel Reggino, a La Spezia e Verona. L’inchiesta permette di ricostruire la persistente operatività della ‘ndrangheta sui territori di Scilla, Villa San Giovanni e Bagnara Calabra, fotografando l’operatività, sul territorio, della cosca “Nasone-Gaietti” e provocando un vero e proprio terremoto anche nella vita politica e istituzionale della città. Nelle indagini figura, infatti, anche l’ex sindaco Pasqualino Ciccone, che si dimetterà poco dopo e la cui giunta verrà sciolta per infiltrazioni mafiose.

Giuseppe Fulco e la “Nuova Linea” di ‘ndrangheta a Scilla

Tornato in libertà nel novembre 2018, Giuseppe Fulco aveva assunto il ruolo direttivo e ricevuto l’avallo della cosca Alvaro di Sinopoli, dando vita alla cosiddetta “nuova linea” di ‘ndrangheta – da qui il nome dato all’operazione – nel territorio scillese. Per gli inquirenti il nipote di Giuseppe Nasone avrebbe dimostrato «arroganza criminale» e la «volontà di imporre, con l’intimidazione mafiosa, le sue regole inderogabili». Il gruppo da lui capeggiato avrebbe messo in atto una lunga serie di estorsioni ai danni di numerosi imprenditori impegnati in lavori pubblici e imposto ai ristoranti della zona la fornitura di pesce e pane, commercializzati da imprese governate in modo occulto da alcuni affiliati, oltre che allungare i tentacoli sugli appalti comunali di Scilla, «tramite i contatti inseriti nel comparto amministrativo». Fulco e “i suoi” – è emerso dalle indagini – avrebbero inoltre cercato, riuscendoci, di infiltrarsi nelle istituzioni politiche di Scilla. L’obiettivo – si legge nelle carte dell’inchiesta – era quello di «orientare il consenso elettorale per la scelta degli amministratori comunali, al fine di trarre vantaggi di vario tipo e, in particolare, per infiltrarsi nel lucroso business delle concessioni demaniali sul lungomare di Scilla». Un modus operandi che continuava ad essere seguito nonostante il Comune fosse stato già sciolto nell’aprile del 2018 «in ragione dell’ingerenza della criminalità organizzata e dei pressanti condizionamenti sull’amministrazione comunale».
«Ora ti faccio la tassa come gliela metto a quegli altri», minacciava il nipote del boss Nasone, parlando dell’imposizione del “pizzo” che solito applicava a tutti gli operatori economici della zona, ricordando ai suoi interlocutori che: «A Scilla si fa quello che dico io, quando lo dico io e come cazzo voglio io». «Fulco – sottolinea il gip – non si faceva scrupoli a ostentare la sua appartenenza alla ‘ndrangheta anche dinanzi a terzi estranei». 

Il ruolo di Nino “la Iena” Nasone

Al suo fianco la “Iena” Antonino, detto “Nino” Nasone. Era, si legge nelle carte dell’inchiesta, «rappresentante nei rapporti con le altre articolazioni di ndrangheta; forniva a Fulco suggerimenti, consigli e supporto operativo nella contrapposizione con gli accoscati facenti parte della fazione contrapposta; formulava richieste estorsive e provvedeva alla raccolta del denaro provento di estorsioni; sfruttava la forza intimidatrice del sodalizio per imporre forniture di prodotti commercializzati dalle imprese occultamente gestite da lui e dagli altri associati; interferiva, esercitando la forza di intimidazione, nell’iter procedimentale per l’assegnazione delle concessioni demaniali da parte dell’amministrazione comunale di Scilla». Fulco – sottolineano gli inquirenti era «solito confrontarsi con la “Iena” su ogni tematica di interesse per la consorteria, condividendo con il sodale ogni momento di fibrillazione».

Alberto Scarfone e i rapporti con la ‘ndrangheta a Villa

Sui rapporti tra la cosca di Scilla e la ‘ndrangheta di Villa San Giovanni, nell’inchiesta viene considerata centrale la figura di Alberto Scarfone, «deputato – si legge nelle carte dell’inchiesta – a rappresentare la cosca nella gestione dei rapporti con le articolazioni territoriali di ‘ndrangheta operanti nei territori limitrofi e con le cosche di Archi, che ne avallavano l’operato e concorrevano nella distribuzione dei profitti illeciti. Scarfone, secondo gli investigatori, individuava imprenditori e commercianti da sottoporre ad estorsione nel territorio di Villa San Giovanni, stabilendo importi e modalità di pagamento del “pizzo”; era latore delle richieste estorsive e delle connesse intimidazioni, delegando o compiendo personalmente danneggiamenti a scopo ritorsivo in caso di inottemperanza da parte delle vittime; si occupava del mantenimento in carcere dei sodali detenuti e della “colletta” per il pagamento delle spese legali dagli stessi sostenute». (m.ripolo@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del mare 6/G, S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x